Analizziamo un aspetto alquanto delicato che riguarda l’imputabilità di reati più o meno gravi per i giovanissimi, con ricadute sulla loro vita futura. Il rapporto magistrato-psichiatra
La fissazione delle soglie di imputabilità è un’operazione legislativa assai delicata. I nodi più problematici da sciogliere sono quello dell’età a partire dalla quale il bimbo entra in contatto con il Diritto penale e, viceversa, quello dell’età al di sotto della quale un giovane che viola le norme penali non è processabile. Ma cerchiamo di capire meglio, entrando più nel dettaglio.
Non tutti i percorsi evolutivi sono uguali
Esistono infra-14enni che forse sono già imputabili, poiché perfettamente capaci di intendere e di volere. Per esempio, si pensi in generale alla ragazza ultra-13enne non europea che ha già conosciuto l’esperienza della maternità. Analoga osservazione vale pure per la maggior parte dei minorenni clandestini giunti non accompagnati in territorio italiano.
Tuttavia, con senso della misura, l’articolo 98 del Codice penale italiano subordina la dichiarazione di imputabilità dell’ultra-13enne all’accertamento, caso per caso, della capacità d’intendere e di volere del minore al momento del fatto.
Viceversa, ai sensi dell’articolo 97, il minore di 14 anni non è mai imputabile. In effetti, attorno ai 13 anni sovente si manifesta una lucidità impeccabile nel delinquere. tuttavia, se il minorenne contemporaneo dimostra una piena capacità di “volere”, sembra non “intendere” le conseguenze eterolesive dei propri errori.
Va rilevato che, nell’ultimo secolo, si è avuta una sessualizzazione molto precoce del bambino, ma a tale evento non è seguita una parallela anticipazione della maturità cerebrale.
Proposte “giustizialiste”
Nell’attuale contesto sociale, economico e culturale, infatti, l’infra-14enne è senza dubbio in grado di autodeterminarsi di più di un tempo, grazie soprattutto ai moderni mezzi di comunicazione di massa che ne fanno un consumatore precoce, ossia un ghiotto boccone per il mercato. Ciononostante, l’attuale apparato sanzionatorio per gli imputabili, in particolare la pena detentiva, non è la sanzione adeguata a un minore di 14 anni.
In Italia la proposta di legge A.C. 1580 del 7 febbraio 2019 ha suggerito di modificare gli articoli 97 e 98 del Codice penale, abbassando l’età della (semi)imputabilità a 12 anni. Ma questa è, secondo chi scrive, una follia neoretribuzionista (leggi La pena inutile: critica della teoria retributiva) che trasforma il Diritto penale in un “Leviatano” che pretende di risolvere ogni problema sociale con il carcere.
Un simile “giustizialismo” si riscontra pure in certi movimenti ideologici populisti di Francia, Germania, Portogallo, Regno Unito e Spagna.
Allarmismi tv e ricerche neuroscientifiche
Non esiste una statistica che dimostri una maggiore delittuosità minorile negli anni Duemila. Anzi, essa risulta assai minore rispetto a quanto censito, per esempio, durante gli “anni di piombo”. Nell’ultimo ventennio, infatti, l’omicidio volontario ha fatto registrare una drastica diminuzione, pur se ogni episodio viene artificiosamente ampliato dai mass media televisivi spesso politicizzati.
Secondo alcuni può essere utile fare riferimento alle ricerche neuroscientifiche, che potrebbero fornire un valido contributo per valutare il problema della delinquenza minorile.
Ma la verità è che, nel procedimento penale minorile, troppe volte lo psichiatra ha l’ultima parola, come se la devianza antigiuridica altro non fosse se non la conseguenza algebrica del malfunzionamento degli ormoni cerebrali del giovane. Purtroppo, l’intera personalità del reo è valutata sulla base di presunte malattie del cervello ed è negato qualsivoglia legittimo e normale spazio al concetto tradizionale del “libero arbitrio”.
Le patologie mentali sono la reale causa della delinquenza minorile?
Taluni coltivano il fuorviante mito di un adolescente perennemente e sistematicamente affetto da forme di (semi)infermità mentale. Si tratta di uno squallido ritorno alle ideologie deterministiche del medico, filosofo e criminologo veronese Cesare Lombroso.
La tematica dell’imputabilità del minorenne, pur nella sua schietta connotazione giuridico-penalistica, non può prescindere dalla considerazione della dimensione extragiuridica della minore età. Tuttavia, gli aspetti “extragiuridici” dell’adolescenza non consentono allo psicologo e allo psichiatra di sostituirsi all’attività valutativa complessiva del magistrato.
I profili medico-forensi della devianza dell’infra-18enne non debbono intaccare l’autonomia del giudice. Né, tantomeno, il medico, quando egli è consulente tecnico d’ufficio del giudice, può o deve influenzare in misura totalizzante il libero apprezzamento dell’operatore giuridico.
Ogni analisi psicologica dell’ultra-13enne dev’essere fatta poi rientrare, in ultima istanza, all’interno delle determinazioni del magistrato. Detto in altri termini, gli articoli 97 e 98 del Codice penale sono e rimangono norme giuridiche e non nozioni mediche deterministicamente e matematicamente legate allo studio degli ormoni secreti dal cervello.
L’importanza della valutazione autonoma del magistrato e il futuro del reo
Nel processo penale occorre ribadire la supremazia interpretativa del Diritto sulla Medicina, ovverosia il livello di maturazione dell’ultra-13enne va contestualizzato sotto il profilo fisiologico, familiare, scolastico e sociale.
In effetti, ciò che conta è l’antigiuridicità dell’atto deviante e tale variabile reca sempre un aspetto eminentemente giuridico e non o non solo psicosanitario. Il magistrato ha il compito di affrancare dall’analisi puramente medica la nozione della “capacità d’intendere e/o di volere”.
La scienza sperimentale medica, nel Diritto penale minorile, viene erroneamente presentata alla stregua di una modalità interpretativa assoluta e assolutizzante. La Criminologia, invece, invita il magistrato a impiegare la massima prudenza nell’apprezzamento della ratio della “maturità”. Si tratta di una valutazione che condizionerà il futuro dell’ultra-13enne. Giudicare imputabile o meno un minorenne è un’operazione valutativa che condizionerà il ragazzo anche nella vita lavorativa, familiare e sociale adulta. Detto in altri termini, un eventuale errore giudiziario del magistrato minorile segnerà il giovane imputato infra-18enne per sempre.
Il processo minorile ha il potere di condizionare, nel bene o nel male, l’intera successiva esistenza sociofamiliare del reo.
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: Sora Shimazaki; Rick Han; Kindel Media; KATRIN BOLOVTSOVA).
Andrea Baiguera Altieri
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)