Un appartamento sospeso al sesto piano, impilato ben dentro il cemento e i mattoni, è proprio l’ideale in questi casi.
Prima nessuno ci infilerebbe mai il naso, per un controllo. E subito dopo si dispone di tutto il tempo necessario per cancellare gli indizi e squagliarsela a dovere.
Ci sono tanti che preferiscono il decoro e una certa eleganza nell’appartamento. Ma si sa, in questo lavoro si fa di necessità virtù, e non ho mai sentito, almeno così mi pare, di gente darsela a gambe levate solo per la mancanza di stile di mobilia e arredi.
Chiaro che avere una buona scenografia intorno aiuta, e anche parecchio. Lo spazio è sempre qualcosa di progettato, costruito. Prevede, in un certo senso, perfino i suoi possibili utenti. Ed è saggio che i miei ragazzi, tutti presi dalle loro azioni così decisive ed esatte – caricare, puntare, lavorare di fino con il silenziatore -, si sentano a casa loro, previsti dallo spazio, e quindi ammessi ad agire.
E’ uno spazio che lava via la colpa, se si vuole metterla in questi termini. Ed io, i miei ragazzi, li preferisco puliti, con la fedina penale immacolata e l’animo già predisposto alla prossima esecuzione. Per questo ho sempre il numero di Charlie, sulla mia scrivania. Ho chiesto a Candy, la mia segretaria, di fare in modo che fosse sempre bene in vista.
Niente come la voce di Charlie può rilassarti e toglierti di testa i ronzii e i fastidi che il nostro lavoro si porta dietro. Lo conosco da quando era bambino, Charlie. Sempre con matite, fogli in mano. Naturale che venisse su un architetto di razza da quel corpo minuscolo e da quegli occhi fuggitivi, a imprimere il loro segno sulle cose, in continuazione. I ragazzi lo rispettano quasi fosse mio figlio. Offrono un gran numero di caffé e passaggi a Charlie, lo scarrozzano dove desidera, ci manca poco che sfoderino un tappeto sotto i suoi piedi.
Quando chiamo, Charlie capisce sempre al volo, mai sentito fare resistenza sulle direttive impartitegli.
Candy dice che è un sogno, e scommetto che riconoscerebbe il suono dei suoi tacchi in mezzo ad una processione. Candy è proprio una biondina niente male. Ha appena compiuto diciotto anni, ma riesce a tenere a bada un gran numero di telefoni senza rompersi un’unghia. Il rosso delle sue unghie è sempre uno spettacolo, dicono i ragazzi. Si fermano ad osservarla per ore quando preme a ripetizione i tasti del telefono.
Sentono Candy insinuare la propria voce fin dentro i cavi che percorrono tutto l’edificio. Pensano la voce di Candy espandersi per le strade, dentro la città, giusto per arrivare al telefono opposto. I miei ragazzi vorrebbero farsi Candy, passarsi Candy, la stessa notte nello stesso posto. Ma mettono da parte voglie e intenzioni per rispetto di Charlie.
Del resto, trovarne uno come lui, con le sue doti e il suo gusto, sarebbe impossibile. Charlie, dicono, è la nostra garanzia, non ci fosse la sua delicatezza, la sua cura nei dettagli, non se ne farebbe niente. O meglio, si porterebbe a casa il risultato, lo stesso, ma non sarebbe uguale. Ci si sente come sollevati, dove ha messo ordine Charlie.
Previsti, e quindi coerenti con lo spazio che Charlie ha predisposto. Impensabile sentirsi fuori luogo negli spazi che Charlie compone. Un musicista, l’architetto. Pensare con che senso del ritmo ha sistemato questo ufficio.
Ricordo il giorno che ho commissionato il lavoro. Carta bianca per te, dico, senza tradire emozioni contraddittorie. Sono molto onesto con Charlie, sempre. Capisco il suo sforzo e faccio di tutto per metterlo nelle condizioni migliori.
E il rigore, l’intensità del mio ufficio. Dovreste vederlo. I ragazzi, quel giorno, scoperto il capolavoro, riempirono di pacche sulle spalle Charlie, seppure con fare distinto, senza stropicciargli la giacca. Hanno una vera e propria venerazione per le sue giacche e per il taglio delle sue cravatte. Dicono, i ragazzi, che con quegli abiti addosso farebbero qualsiasi cosa, a mani nude se la situazione lo richiedesse, e senza provare la minima remora o aspettarsi una ritorsione dal loro sistema morale. Ma questa non è una novità.
Abbiamo lo stesso sarto, io e Charlie. Gli abiti slanciano più lui che me, questo è ovvio. Ma la mia figura la faccio tutta, quando fumo il sigaro per strada, ed i ragazzi, con gli occhi dappertutto, a proteggere il mio potere e il mio spessore intellettuale. Non ho più tanti nemici da quando i ragazzi frequentano Charlie. Ma non si sa mai, meglio averli dietro, i ragazzi, come cani al guinzaglio, pronti ad azzannare il minimo stronzo.
Da qualche giorno, Charlie sta sistemando un nuovo appartamento.
L’appartamento è al sesto piano. Se guardi da una finestra, il governatore in persona, e famiglia, proprio sul balcone del palazzo di fronte. I miei ragazzi non tarderanno a scovargli il cuore. Hanno mira, e la loro coscienza non subirà un graffio. Charlie è troppo in gamba perché ciò accada.
(Esthetics)
Giuseppe Zucco: 25 anni, laureato in Scienze della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano. Scrive saggi e articoli sul cinema per Camerasutra. Pagine di cinema (www.camerasutra.it). Ha la passione per il cinema, per la letteratura, per l’arte contemporanea; e un forte interesse per le scienze sociali (sociologia, semiotica) e gli studi sui media. Scrive da sempre: reportage, articoli, saggi, racconti. Prima o poi, pubblicherà una raccolta di racconti.
IL COMMENTO CRITICO
Ritmo serrato e periodi brevi, questi gli stratagemmi usati dall’autore per farci immergere appieno nell’atmosfera del suo racconto. Le parole solo strumenti, mezzo efficace per avvolgerci come fumo.
Lo stile come leit motiv, insomma, e lo si può facilmente intuire dal titolo.
Le unghie rosse, i capelli biondi – Frasi serrate, dicevo. Scorrendo velocemente le prime righe, si viene catapultati sul set cinematografico di un poliziesco anni Cinquanta del secolo appena trascorso: fumo, stile ed eleganza. Io sono riuscita a vederlo, a viverlo, mi sono aggirata tra gli spazi progettati con stile; sono passata accanto ai ragazzi; ho sfiorato Charlie; ho udito i passi veloci di Candy e la sua voce squillante. Qualche stereotipo, forse, ma l’ambientazione è tutto, come afferma in questo breve scritto il giovane Zucco. Un luogo catartico, capace di lavare le colpe, di scacciare ogni pensiero, ogni remora, ogni dubbio. Ecco cosa leggo tra queste poche, intense righe.
Una teoria interessante – E se fosse vero? E se ci fosse realmente una connessione tra lo stile, l’arredamento e il destino di un appartamento? L’autore parla di uno spazio che prevede i suoi utenti e che lava via la colpa. Teoria interessante, chi può smentirla? Intanto ci lascia col fiato sospeso, a riflettere sulla stravagante teoria che le sue parole ci propongono e liberi di immaginare il finale che più ci aggrada. Riuscirà nel suo intento anche questa volta, Charlie? E i ragazzi spareranno senza graffiarsi la coscienza?
Marika Bentivogli
(LucidaMente, anno II, n. 13, gennaio 2007)