Tutti noi ricordiamo la dolorosa vicenda di Piergiorgio Welby, l’uomo gravemente malato di sclerosi laterale amiotrofica e relegato in un letto senza la possibilità di muoversi. In pieno possesso delle sue facoltà mentali, Welby ha chiesto, in una lettera aperta al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il riconoscimento del diritto all’eutanasia. La richiesta ha dato vita a un acceso dibattito tra i sostenitori di questo diritto e coloro che lo negano. Da un lato chi si batte per la libera scelta del paziente, dall’altra chi ritiene questa scelta demandata solo a Dio. Con questa vicenda è emersa anche la grande confusione terminologica diffusa nel nostro paese, in relazione a questo argomento. Proviamo con un breve glossario a chiarire qualche concetto.
Accanimento terapeutico – Ostinazione nel sottoporre un malato a cure “inutili”, non appropriate e/o “futili”, sproporzionate rispetto ai prevedibili risultati e che pertanto devono essere interrotte perché incompatibili con i principi costituzionali, etici, morali, del rispetto della dignità umana. Del resto, già il termine “accanimento terapeutico” è di per sé un ossimoro e rappresenta nei fatti una contraddizione di termini: se la “terapia” è, per definizione, la pratica per pervenire alla guarigione, o comunque curare le malattie, qualora non possano comunque essere raggiunti dei miglioramenti, che terapia è? Il concetto di “futilità” non si basa su una scelta arbitraria del medico, ma rappresenta la combinazione di valutazioni tecniche e cliniche con il sistema di valori del paziente e della società. Con il “testamento biologico” (vedi) è possibile disporre in anticipo circa la non accettazione dell’accanimento terapeutico.
Astensione terapeutica – Astensione da parte del medico delle cure nel momento in cui il paziente si trovi nella fase terminale. Può essere richiesta con il testamento biologico (v.)
Cure palliative – Cure che hanno lo scopo di raggiungere la migliore qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie nel caso in cui la malattia sia destinata a evolvere inevitabilmente in morte.
Diritto di autodeterminazione – Diritto da parte del malato di scegliere, in modo indipendente e libero, le decisioni circa i trattamenti sanitari che lo riguardano in accordo con i propri valori e la propria visione del bene. In Italia è assicurato dall’articolo 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Eutanasia – Atto con il quale una persona procura la morte a un’altra persona per porre fine a insopportabili sofferenze fisiche e morali.
Eutanasia attiva/volontaria – Morte benefica procurata da altri a un malato inguaribile e terminale su richiesta valida, eventualmente anche anticipata (v. testamento biologico) per porre fine a uno stato di sofferenza considerato dal paziente inutile e intollerabile.
Eutanasia passiva – Non inizio o interruzione di trattamenti ordinari, giudicati futili, in condizioni di malattia terminale con gravi sofferenze. Molto simile alla cessazione dell’accanimento terapeutico.
Futilità delle cure – Trattamento medico che non comporta miglioramenti né nella qualità della vita né nella durata ma risulta invasivo e doloroso.
Paziente “competente” – Paziente consapevole della propria condizione e dell’evoluzione della malattia, in grado perciò di esercitare il diritto di autodeterminazione.
Principio di autonomia – Capacità di assumere le decisioni che riguardano la propria vita in modo indipendente e libero. Dal principio di autonomia consegue il diritto di autodeterminazione.
Principio di beneficenza – Dovere professionale del medico di agire per il bene del paziente e quindi anche di alleviarne le sofferenze.
Suicidio assistito – Atto con il quale si forniscono al malato terminale i mezzi per porre fine a una situazione di sofferenza inutile e intollerabile; in altre parole, si ha quando una persona decide di ricorrere all’eutanasia ma non è in grado di farlo e quindi chiede la collaborazione di un terzo che gli procuri il mezzo per morire.
Svp (Stato vegetativo persistente/permanente) – Condizione clinica di non consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante, accompagnata da cicli sonno-veglia, con conservazione completa o parziale delle funzioni autonome dell’ipotalamo e del tronco-encefalo che perdura da più di 12 mesi. Viene diagnosticata nel momento in cui si manifesta: assenza della consapevolezza di sé e dell’ambiente e incapacità a interagire con gli altri; assenza di risposte sostenute, riproducibili, finalizzate o volontarie a stimoli visivi, uditivi, tattili e dolorifici; assenza di comprensione o espressione linguistica; incontinenza sfinterica. Quando queste condizioni perdurano in modo immutato per più di un mese, la patologia viene definita stato vegetativo persistente. Quando si prolungano per oltre un anno, viene definita permanente, con ciò esprimendo la certezza dell’irreversibilità della sindrome, con impossibilità di miglioramenti.
Testamento biologico o di vita – Atto formale con il quale una persona esprime la propria volontà circa l’essere o non essere sottoposto a determinati trattamenti sanitari in caso di malattia, nell’ipotesi in cui in futuro dovesse perdere la capacità di intendere e di volere.
L’immagine: particolare de Il trionfo della morte (1562 circa, Museo del Prado, Madrid) di Pieter Bruegel il Vecchio (Breda, 1525/30 – Bruxelles, 1569).
Loretta Scipioni
(LucidaMente, anno II, n. 18, giugno 2007)