Con “Sceglierò io quando e come morire” (youcanprint edizioni) Filippo D’Ambrogi ricostruisce gli articoli e le prese di posizione sull’eutanasia del celebre giornalista. Pubblichiamo l’“Introduzione” dell’autore al libro
Nell’ambito della complessa, variegata e caleidoscopica figura di Indro Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 – Milano, 22 luglio 2001), forse il più famoso giornalista italiano del XX secolo, pochi ricordano i suoi interventi a favore dell’eutanasia, sempre più numerosi e pungenti verso il finire della sua esistenza terrena (vedi anche, sulla nostra rivista: Rino Tripodi, Lo splendido “fine vita” di Montanelli). A ricordarli e ricostruirli con estrema cura in 18 capitoli è Filippo D’Ambrogi, peraltro anche lui impegnato attorno a tale tematica civile. E lo fa con “Sceglierò io quando e come morire”. La battaglia di Indro Montanelli per un fine vita dignitoso (Presentazione di Giovanni Fornero, youcanprint, 2022, pp. 132, € 14,00).
Secondo il filosofo Fornero, che ha appunto redatto la Presentazione al libro, «Bene ha fatto quindi Filippo d’Ambrogi a portare alla pubblica attenzione questo aspetto dell’opera di Montanelli, ben presto “rimosso” e, con il tempo, caduto nell’oblio, come attesta il fatto che nessuna delle principali biografie comparse dopo la sua morte è andata oltre, nel migliore dei casi, a qualche breve cenno». Per gentile concessione dell’autore della ricerca, pubblichiamo di seguito la sua Introduzione al volumetto, nella quale sintetizza con brevi citazioni l’impegno del “maledetto” scrittore toscano, sempre anticonformista e fuori dal coro.
Nei suoi ultimi quattro anni, dalla primavera del 1997 all’estate del 2001, Indro Montanelli è stato protagonista di un’appassionata battaglia per il diritto dell’uomo di scegliere “quando” e “come” congedarsi dalla vita. Una battaglia civile in favore dell’eutanasia combattuta nella sua Stanza, la rubrica di dialogo quotidiano con i lettori del Corriere della Sera. Ed è sorprendente che il giornalista per eccellenza, che ha giurato a se stesso di essere «testimone sempre, protagonista mai», abbia deciso di battersi in prima persona. Ma evidentemente, per Montanelli, questa «fondamentale conquista di civiltà» giustifica l’eccezione. «Mi ritengo un moderato su tutto, ma su questo tema no, sono un radicale assoluto». Una presa di posizione, la sua, espressa la prima volta confessando pubblicamente il rimorso per non aver saputo alleviare le sofferenze terminali della moglie. In seguito, sempre più “eutanasista convinto”, Montanelli ribadirà più volte il suo sostegno in favore della legittimità morale dell’eutanasia. «Ognuno ha il diritto di scegliere la propria vita così come la propria morte. Io, per questo diritto non smetterò mai di battermi».
Una battaglia vera e propria la sua, con tutti gli ingredienti del caso. Una bandiera da sventolare, un nemico agguerrito e una strategia di lotta incalzante. La bandiera è quella del «sacrosanto diritto dell’uomo di scegliere la propria vita e la propria morte». Per Montanelli, «il più elementare ed il supremo di tutti i diritti». Il più elementare perché nessuno ha chiesto di venire al mondo, e dunque la libertà di andarsene non può esser messa in discussione. E il supremo in quanto l’abbandono volontario della vita costituisce l’espressione più alta e assoluta della libertà umana.
C’è poi il nemico, o meglio i nemici, i tre bersagli della sua battaglia: la Medicina, la Legge e la Chiesa. Tutti strettamente legati l’un l’altro in una formidabile coalizione. «I signori medici smettano di aggrapparsi a quella solenne sussiegosa fasullata che è il cosiddetto “giuramento di Ippocrate” che invocano soltanto per evitare grane con la Legge, e magari anche per prolungare e arricchire la parcella». «La Legge, così indulgente e pronta a concedere tutte le attenuanti ai colpevoli dei crimini più abbietti, sfodera, nel caso dell’eutanasia, un rigore da Sant’Uffizio, considerando intoccabile il dovere di vivere anche a costo di sofferenze atroci». «Smetta la Chiesa di chiedere ai vivi scusa per i tanti morti che ha seminato lungo il suo cammino, e riconosca all’uomo il più elementare dei diritti, quello di decidere il quando e come della propria morte». Queste stoccate, e altre ancora, partono in gran parte dalla sua Stanza sul Corriere della Sera. È lì che nascono le sue provocazioni, sostenute e ribadite più volte, con argomentazioni stringenti, pungenti e appassionate. «Sull’argomento sono già intervenuto a più riprese e in termini che non si prestano a fraintendimenti, ma torno volentieri su questo tema che mi appassiona». E proprio la tenace continuità dei suoi lucidi interventi, diluiti nell’arco di quattro anni ha fatto di Indro Montanelli, alla fine del secolo scorso, l’icona della libertà di fine vita nel nostro Paese.
(Da Filippo D’Ambrogi, “Sceglierò io quando e come morire”. La battaglia di Indro Montanelli per un fine vita dignitoso, pp.11-13).
C. Liliana Picciotto
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 204, dicembre 2022)