Il 16 dicembre 1775 nasceva la famosa scrittrice inglese. Se contestualizzata, si potrebbe oggi considerare un’innovatrice?
II 16 dicembre ricorre il genetliaco di Jane Austen. Nel 1775, 244 anni fa, nasceva a Steventon la nota narratrice britannica, madre di ben sei romanzi famosi: L’abbazia di Northanger, Emma, Mansfield Park, Orgoglio e pregiudizio, Persuasione e Ragione e sentimento. Per parlare, però, di questa artista e di come ancora oggi, dopo due secoli dalla sua scomparsa (avvenuta nel 1817), riesca a essere un serbatoio d’ispirazione per rivisitazioni e riadattamenti letterari o cinematografici, occorre contestualizzarla.
Figlia di un pastore anglicano, Jane cresce in una famiglia numerosa nella campagna inglese di fine Settecento. A quell’epoca, alle porte dell’età vittoriana, risiedere nella lontana e sperduta provincia comportava qualche implicazione. Infatti, come sottolinea la puntata numero sei de Il caffè letterario, il capitalismo industriale si andava affermando con la conseguente crescita delle città, a discapito delle realtà rurali che via via si spopolavano. I circoli delle società di periferia si restringevano progressivamente e proprio all’interno di essi s’inserisce lo sguardo prospettico delle figure femminili “figlie” di Austen. Senza dubbio, la protagonista più riuscita è Elizabeth Bennet di Orgoglio e Pregiudizio. La stessa creatrice del personaggio la descrive così: «Penso a lei come alla creatura più deliziosa mai apparsa sulla pagina». A proposito del racconto di cui Lizzy è la figura centrale, diverse antologie lo inseriscono nel genere romanzo di formazione.
In effetti, chi lo colloca nella categoria “rosa” o “romantica” si è probabilmente soffermato fugacemente sull’opera. Seppure il libro possa o meno riscontrare il favore del lettore, etichettarlo come frivolo svaluta l’abilità dell’autrice e soprattutto contraddice il giudizio di altri grandi letterati come Virginia Woolf, che la definì come «l’artista più perfetta tra tutte le donne», o sir Walter Scott, il quale affermò: «Quella giovane donna aveva, secondo me, il miglior talento che io abbia mai incontrato […] mi è negato lo squisito tocco che rende interessanti cose e personaggi comuni attraverso la verità della descrizione e del sentimento». Una verità trasmessa con brillante umorismo e tagliente sarcasmo, armi che la fanciulla di Steventon ha fatto sue in modo da poter vivere della sua penna.
Per riuscire nell’intento, Austen ha scrutato meticolosamente la realtà di cui faceva parte insieme alla natura dei comportamenti umani, con lo scopo di comprenderli a fondo. Uno studio quasi empiristico che vede riflessi nei contenuti romantici «tratti tipici dell’Illuminismo inglese, come la lotta ai pregiudizi e la cauta analisi degli eventi per evitare di cadere in errore». Forse, volerla inserire nell’Illuminismo inglese risulta un po’ eccessivo, ma l’osservazione di Ginevra Bompiani è utile per capire come ci sia molto di più sotto quella patina scintillante di feste, balli, carrozze e matrimoni. Si tratta, infatti, di una potenziale duplice ispirazione. La prima è raffigurata dalle eroine fittizie, le young ladies che, attraverso la loro intelligente impertinenza, spezzano le barriere sociali. Esempio lampante è la già precedentemente nominata Elizabeth, quasi sicuramente ammirata dalla stessa autrice perché, malgrado tratti del carattere allora considerati sconvenienti per una signorina (perspicacia, acume, schiettezza), convola a nozze. Un matrimonio che si rivela vantaggioso e al di sopra delle possibili aspettative della giovane, ma dettato, comunque, da sentimenti sinceri.
La seconda è rappresentata dalla medesima Jane: una donna di media estrazione che ha scritto romanzi (genere non proprio nobilitato all’epoca) sulle peripezie di ragazze in età da marito nell’Inghilterra di fine Settecento. Ella, però, non si è mai conformata a quello stesso destino descritto nelle opere: infatti, non si sposò mai, preferendo perseguire le proprie ambizioni. Dunque, fermo restando che la trama o lo stile frizzante non risultano graditi da tutti i lettori, possiamo comunque spingerci ad affermare che, sotto un certo punto di vista, Austen fu rivoluzionaria, soprattutto tenendo bene a mente il contesto storico, sociale, autobiografico in cui è vissuta e il successo riscosso nei secoli seguenti.
Le immagini: un fotogramma dal film Orgoglio e Pregiudizio, con Keira Knightley nei panni della protagonista Elizabeth Bennet; un noto ritratto di Jane Austen; l’albero genealogico della famiglia della scrittrice; il frontespizio datato 1813 del romanzo Pride and Prejudice.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XIV, n. 168, dicembre 2019)