Nel proprio saggio “Guida (politicamente scorretta) all’Islam e alle crociate” (Lindau), Robert Spencer smonta punto per punto tanta cattiva informazione, nonché buonismi e pie illusioni
Da anni lo studioso statunitense Robert Spencer vive sotto protezione in una località segreta. Forse è testimone d’accusa in qualche decisivo processo contro la mafia? O è un agente della Cia finito nel mirino dei servizi segreti di paesi che vogliono “fargliela pagare”? Niente di tutto questo. E molto peggio.
Spencer, direttore del Jihad Watch e membro aggiuntivo del Free Congress Foundation, è autore di quattro libri sull’Islam. Come i suoi nonni, costretti per le persecuzioni religiose a fuggire dal vecchio Impero ottomano, è cristiano. La sua “colpa” è stata quella di esprimere liberamente il proprio pensiero su Corano, cultura musulmana, politica dei paesi arabi, ecc. È bastato questo perché finisse nel mirino degli “islamisti” (ma anche il governo pakistano ha emesso un “anatema” contro le sue pubblicazioni). Ovviamente (si fa per dire) non gli è consentito entrare nel Regno unito (!), né tenere conferenze nelle università americane (!). Tra i libri di Spencer, vi è il saggio Guida (politicamente scorretta) all’Islam e alle crociate (Lindau, pp. 336, € 22,00). In copertina l’editore ha aggiunto: «Tutto ciò che sapete sull’Islam e le Crociate è falso».
Un libro ricchissimo di citazioni, di rievocazioni di avvenimenti e fatti del passato e del presente, di descrizioni di leggi, usi e costumi. Oltre a parlare di Maometto, del Corano, delle origini sanguinarie dell’islamismo, di Storia e di crociate, Spencer smonta punto per punto le tranquillizzanti opinioni sul maomettismo e sulla storia dei rapporti Islam-Cristianesimo diffuse dai buonisti del politically correct. A decine e decine vengono riportati quelli che il saggista definisce i «miti politicamente corretti» e le loro confutazioni. Vediamone qualcuna.
«Il Corano predica pace e tolleranza [ed] esorta i fedeli a imbracciare le armi solo per autodifesa» e «il terrorismo islamico nasce da rivendicazioni politiche e squilibri socioeconomici». In realtà – afferma Spencer – sono decine i versetti del Corano che incitano alla guerra, mentre in esso «la possibilità di una pacifica coesistenza come cittadini aventi uguali diritti in una società pluralistica non è neanche contemplata». Inoltre, c’è il “trucco” di far passare per difensivo qualsiasi attacco islamico; infatti il jihad è consentito anche se un paese non permette un’adeguata circolazione della dottrina islamica. Del resto, la menzogna, il furto e persino l’assassinio sono ammessi in determinati casi, se finalizzati agli interessi dell’Islam.
Altrettanto falso, secondo l’autore, è che «l’Islam è una religione di pace degenerata a causa di un’esigua minoranza religiosa». Per “pace” gli islamici ritengono la condizione o il tempo nei quali tutti sono musulmani o assoggettati allo Stato islamico. E, mancando del tutto una divisione tra religione e politica (la laicità è bandita e la democrazia disprezzata), ciò che importa è pervenire al dominio sociopolitico universale, con la restaurazione del califfato (abolito nel 1924 dal leader turco Kemal Atatürk), giacché il califfo «era il successore di Maometto e la massima autorità della comunità musulmana». Il Corano bandisce le conversioni forzate, quindi l’«Islam deve imporsi sui non-musulmani con la forza – non in quanto religione […] – ma in quanto sistema di leggi e di norme sociali».
«L’Islam è una confessione tollerante» verso le altre fedi. Falso: laddove si è imposto il modello politico-sociale musulmano, i non-islamici, definiti dimmi (ovvero “protetti” o “colpevoli”), sono stati massacrati (specialmente buddisti e indù) o, perlomeno, discriminati e offesi (ebrei e cristiani). Ma «la dimmah non fu poi tanto terribile»? Lo si vada a raccontare a chi doveva pagare la gyziah (la tassa imposta ai non-musulmani) e doveva subire terribili umiliazioni, ben canonizzate. «La situazione degli ebrei era migliore nei paesi musulmani che nell’Europa cristiana»: per Spencer si tratta di un altro “mito”; le restrizioni legali verso gli ebrei erano più dure all’interno dell’Islam, tant’è vero che in epoca moderna la maggioranza degli ebrei viveva in Occidente.
Ma «la “dimmitudine” è cosa del passato», replicano i benpensanti. Peccato che Spencer ricordi che «a tutt’oggi non vi è paese islamico in cui i non-musulmani siano a tutti gli effetti equiparati ai musulmani» e che «l’apostasia – abbandonare il proprio credo religioso – per la legge islamica costituisce un peccato capitale». Anche la convinzione forse più forte degli “idealisti”, cioè che «l’Islam fu l’artefice di una straordinaria fioritura culturale e scientifica» viene ridimensionato da Spencer. Il suo carattere non fu autonomo e proveniva dai non-musulmani che lavoravano al loro servizio. Perché l’idea di Allah non sollecita l’indagine scientifica?
Secondo l’autore, la divinità del Corano è come un «sovrano assoluto totalmente privo di vincoli. […] Allah è assolutamente libero. [Non esistono] leggi in natura: crederlo sarebbe blasfemo, e significherebbe negare la libertà di Allah», mentre «ebrei e cristiani credono che Dio sia buono, e che la Sua divinità sia dotata di coerenza. Di conseguenza Egli ha creato l’universo seguendo leggi razionali che l’uomo può decifrare: di qui l’immenso valore della ricerca scientifica». Ciò ha fatto sì che lo studio della natura e quindi della scienza si sviluppasse in Occidente e fosse depresso nell’Islam. Insomma, arte, letteratura, scienza, si sono sviluppati non grazie all’Islam, ma nonostante l’Islam.
Una delle “illusioni” dei seguaci del buonismo politically correct più sconcertanti, masochiste e più distanti dalla realtà è quella secondo la quale «l’Islam rispetta e onora le donne». Probabilmente su questo non ci sarebbe bisogno del saggista americano per vedere una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Spencer, comunque, annovera vari episodi di crudele discriminazione e ricorda – a chi ha la memoria corta – le pratiche comuni nei paesi islamici: i vari velami del corpo e del volto femminili; le spose bambine («quelle che non hanno ancora il mestruo, Corano LXV, 4») o in ogni caso giovanissime («in Afghanistan e in Bangladesh più della metà delle adolescenti sono sposate»); il picchiare le mogli e costringerle a rapporti sessuali secondo le voglie del marito; il non poter uscire da sole; la “bizzarria” dei mariti o delle mogli “provvisori”; la necessità della deposizione di quattro testimoni per provare uno stupro (e spesso «l’accusa della vittima rischia di diventare ammissione di adulterio», quindi si trasforma in un terribile boomerang!).
Un discorso a parte meritano le crociate, che per gli islamici costituiscono, come la nascita dello stato di Israele, la principale giustificazione a ogni guerra, terrorismo o atto di barbarie. Ecco cosa si afferma comunemente: 1) «Le crociate furono un attacco ingiustificato dell’Europa contro il mondo islamico»; 2) «Le crociate furono un esempio anzitempo dell’avido imperialismo predatorio dell’Occidente»; 3) «A partire per le crociate erano individui in cerca di profitto»; 4) «Scopo delle crociate era la conversione con la forza dei musulmani al cristianesimo»; 5) «I crociati fondarono colonie europee in Medio Oriente»; 6) «Le crociate non portarono a nulla».
Ed ecco le confutazioni dello studioso statunitense: 1) Le crociate furono la risposta alle violenze che i cristiani subivano in Terrasanta, aggravate dall’arrivo degli ancora più «fanatici e sanguinari turchi selgiuchidi»; 2) Lo scopo delle crociate non era imperialistico, ma solo quello di «liberare dal dominio islamico terre in precedenza cristiane», anzi spesso «le crociate assunsero la forma di pellegrinaggi»; 3) A partecipare alle crociate c’era poco da arricchirsi, si rischiava la vita e «partire per le crociate, del resto, era estremamente costoso»; 4) «Quando i crociati, vittoriosi, stabilirono in Medio Oriente regni e principati, in linea di massima lasciarono che nei loro domini i musulmani vivessero in pace, […] non imposero mai agli ebrei o ai musulmani di indossare segni di riconoscimento»; 5) «I territori dei crociati non erano retti dall’Europa, né i nuovi governi stabiliti in queste terre rispondevano ad alcuna potenza occidentale. I crociati non trasferivano in Europa i beni accumulati in Medio Oriente, né strinsero accordi di carattere economico con i paesi europei. […] Né si materializzò un’altra conseguenza del colonialismo, ovvero l’emigrazione su larga scala dal proprio paese natale»; 6) «All’Europa esse diedero innanzitutto tempo» per rallentare l’espansionismo islamico e la sua aggressione (Vienna fu ancora assediata fin nel 1683).
Ancora altre illusioni politicamente corrette smontate da Spencer. «I primi musulmani non avevano intenzioni aggressive nei confronti dei paesi vicini»: ma come, se irruppero subito in tutti i territori che era possibile invadere, a cominciare da Damasco già nel 635, solo tre anni dopo che era morto Maometto, e Gerusalemme, città santa, nel 638, per arrivare in meno di un secolo fino a Costantinopoli o alla Francia? «I primi combattenti del jihad non fecero altro che difendere i territori musulmani dalle mire espansionistiche dei loro vicini non-musulmani»… che, peccato, in realtà, neanche erano a conoscenza dell’esistenza di una penisola araba e che ben poco vantaggio potevano trarre da un territorio prevalentemente povero e desertico. Ancora: «Il problema che minaccia il mondo di oggi è il fondamentalismo religioso» di ogni genere. Sì, vi sono fondamentalisti e fanatismi anche cristiani, tutt’altro che simpatici, ma questi non hanno mai organizzato attentati o preparato piani politici su vasta scala, né comunque «hanno mai cercato di giustificare le loro azioni richiamandosi alla tradizione o alle Scritture cristiane. Non hanno agito secondo gli insegnamenti della religione ufficiale».
Considerando che Spencer ha pubblicato il suo libro negli Usa nel 2005, quindi ben prima degli attuali orrori di Isis (vedi Una tetra bandiera nera sventola in Medioriente) ed eserciti affini sparsi in Asia e Africa, egli appare davvero profetico. Così come Bat Ye’or, la celebre autrice di Eurabia nel 2006 e di Verso il califfato universale nel 2008, quindi molto ante eventum rispetto a ciò che sta avvenendo in Siria e Iraq. Anche l’arma dell’“islamofobia”, denunciata da Spencer, è divenuta cronaca quotidiana (vedi Magdi Cristiano Allam, chiedi perdono! e i nostri editoriali). Fatto inconcepibile in un paese occidentale, dove dovrebbero essere tutelate le libertà di pensiero, di espressione e di critica, chi si azzarda a parlare o scrivere di Islam in termini non encomiastici, per non dire entusiastici, rischia sanzioni che vanno dalle multe alla vera e propria detenzione.
Dato che questa è la situazione ed esistono gli “utili idioti” del politically correct che perseguono nella loro cecità, cosa occorre fare per evitare che l’Europa si trasformi in Eurabia (vedi Cara Oriana Fallaci… Lettera a un animo mai domo)? Spencer propone una serie di “ricette”. Ecco il suo “decalogo. 1) «Tornare a essere orgogliosi della civiltà occidentale», giacché «una civiltà che si vergogna della propria cultura, infatti, non la difenderà»; 2) «Dire la verità […] smetterla di scusarsi per i peccati commessi in passato, ripensando piuttosto alla propria storia eroica e riconoscendo ciò che la civiltà ebraico-cristiana ha portato al mondo […] benché la natura umana sia sempre la stessa e gli uomini abbiano giustificato la violenza in nome di qualsiasi credo, le religioni non sono tutte le stesse»; 3) «Vincolare gli aiuti stranieri alla linea di condotta nei confronti dei non-musulmani»; 4) «Riconfigurare le nostre alleanze mondiali sulla medesima base»; 5) «Impegnarsi in un Progetto Manhattan su vasta scala per accedere a nuove fonti di energia».
Ed ecco l’altra metà del “decalogo-Spencer”: 6) «Prendere atto di trovarsi di fronte a un’ideologia totalitaria, supremazista ed espansionista – e regolarsi di conseguenza»; 7) «Leggere il Corano per conoscere il suo reale messaggio»; 8) «Riportare notizie esatte circa l’attività jihadista negli Stati Uniti e Occidente»; 9) «Riclassificare le organizzazioni musulmane»; 10) «Insegnare ai nostri figli ad andare orgogliosi della propria eredità. Affinché sappiano che possiedono una cultura e una storia di cui possono e devono essere grati». Questi inviti saranno applicati dai governi e dai cittadini occidentali prima che sia troppo tardi (e, forse, lo è già, troppo tardi)? L’Occidente riconquisterà la propria cultura e, quindi, la propria dignità e forza?
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno IX, n. 108, dicembre 2014)
Altri articoli sull’intolleranza islamica comparsi su LucidaMente: Esistono i “musulmani moderati”? Lo dimostrino!; Quindici “pezzi” antislamici; Cara Oriana Fallaci… Lettera a un animo mai domo; Magdi Cristiano Allam, chiedi perdono!; Aleviti, islamici tolleranti (e perseguitati); Una tetra bandiera nera sventola in Medioriente; La persecuzione dei cristiani, oggi; Il Medioevo tra noi: ieri, oggi, sempre; Quelle imbarazzanti mutilazioni genitali femminili…; C’è la libertà di parlare di Maometto?; Contro lo sgozzamento lento degli animali da macello senza stordimento;
Illustre Direttore,
lodevolissima la Sua campagna di controinformazione avente ad oggetto il palesamento del vero volto dell’islamismo. Al tempo stesso, essa mi ricorda la battaglia delle Termopili, in cui gli Spartani combatterono con grandissimo valore, dimenticando, però, di guardarsi le spalle, donde la sconfitta.
Difendiamoci, dunque, dall’Islam, ma non dimentichiamo il fondamentalismo cattolico. Al riguardo, mi limito ad alcune osservazioni aventi ad oggetto il discorso tenuto dal Papa nel Parlamento Europeo il 25 novembre u.s. Ed infatti, ci si deve domandare come sia stato possibile che tale organo abbia potuto invitare il capo della sé dicente Santa Sede perché si pronunziasse sulla politica da esso seguita.
Chi rappresenta il Papa? Niente meno che il Dio trinitario di cui egli assume di essere il vicario sulla terra (“Pontifex Christi vicarius”), in quanto tale padrone di tutto e di tutti. Ma, è possibile che il Parlamento europeo, nel terzo millennio, inviti a parlare un soggetto che si pone come vicario di Dio, di conseguenza come beneficiario del dogma della infallibilità, come depositario della potestas absoluta su tutta l’umanità? E’ possibile che il Parlamento, mediante tale invito, abdichi alla propria sovranità essendo impossibile una relazione paritaria con chi assume di essere Dio in terra?
Come può accadere che il Papa parli di democrazia, di dignità della persona umana, quando è capo di un corpo ecclesiastico ridotto in schiavitù in quanto privato della libertà di coscienza, di parola e di movimento; quando è guida di una istituzione basata sulla discriminazione della donna; quando è al vertice di un ente che definisce gli human rights un “deliramentum” (“deliramento”), un “pestilentissimus error” (“pestilentissimo errore”), (Gregorius XVI, Ep. encycl. “Mirari vos”); che considera “pretestuoso contrapporre i diritti della coscienza al vigore obiettivo della legge interpretata dalla Chiesa” (Ioannes Paulus II, Discorso ai partecipanti ad un corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica, in OR, 17/18 Marzo 1997, §. 5, p. 7)?
Come può invitare al dialogo? Che dialogo può esserci con chi assume di possedere la verità divina, con chi, di conseguenza, pone la controparte dialogante nella dimensione dell’errore? Che altra funzione, allora, può avere questo dialogo se non quella di corrompere l’interlocutore?
Come può denunciare i mali del capitalismo, come può pronunziarsi contro la povertà di cui esso è responsabile, contro la “cultura dello scarto”, quando la Chiesa ne è parte costitutiva ed integrante traendo da tale sistema le ingentissime risorse finanziarie di cui necessita per lo svolgimento della propria azione, quando a causa di questi stessi prelievi è essa stessa causa non secondaria di quella medesima povertà, di quella medesima “cultura dello scarto”?
Come può il rappresentante di una istituzione, che è stata condannata dalle Nazioni Unite per pedofilia, venire a parlare di etica?
Come è possibile, infine, che il Papa si permetta, nel Parlamento europeo, di proporne l’assoggettamento al proprio potere, di indicare, quindi, l’assolutismo papista come il rimedio alla sua inadeguatezza politica e culturale?
L’iniziativa del Parlamento Europeo costituisce, dunque, una grave offesa allo spirito democratico che ha animato ed anima i cittadini europei, delegittima il secolare itinerario storico che si è reso necessario per consentirne la istituzione.
Parafrasando l’incipit del “Manifesto del Partito Comunista”, “un fantasma si aggira per l’Europa”, il papismo.
Gentilissimo prof. Donati,
condivido tutto, parola per parola.
Due chiose:
1) Non tutte le religioni sono esiziali e non tutte lo sono nella stessa misura. Il buddhismo o il taoismo non fanno danni, anzi, forse… L’islamismo è la più esiziale, violenta e annientante la dignità umana.
2) Non certo per merito della Chiesa cattolica, ma in questa epoca storica anche laddove c’è una presenza forte di cattolicesimo (o di altre religioni cristiane) i cittadini non si sentono minacciati nel loro diritto di esprimersi liberamente e ancor meno nella propria libertà e vita.
3) L’unica religione che, oggi, predica la guerra è l’islam.
4) L’unica religione in forte espansione, demograficamente e come proselitismo, è l’islam.
Dunque, guardiamo al pericolo, al momento, maggiore.
Alla prossima.
Gentilissimo Direttore,
La ringrazio per la cortese e gradita risposta.
Anche da parte mia una, purtroppo brevissima, chiosa.
Il cattolicesimo è ontologicamente violento poiché si basa sul primato di un soggetto, il Papa, posto come vicario di Dio e, dunque, assistito dal dogma della infallibilità, ciò che gli dà il diritto di negare l’autonomia della persona umana. Il Papa è un tiranno se per tirannia intendiamo ogni sistema che non sia fondato sul primato degli human rights. La società europea, per liberarsene con un percorso costato lacrime e sangue, ha impiegato 1789 anni, prendendo, per comodità, come punto di riferimento la rivoluzione francese.
Il popolo italiano non ne è ancora a conoscenza, ma la vigente Carta costituzionale è l’attuazione della dottrina sociale della Chiesa imposta all’Assemblea Costituente dalla Democrazia Cristiana in quanto partito di maggioranza relativa.
Il cattolicesimo, pertanto, è la causa primaria dell’ormai drammatico dissesto italiano.
Il nemico, dunque, come alle Termopili, è alle nostre spalle ed è di gran lunga più minaccioso ed attuale di quello che abbiamo di fronte sul piano internazionale.
La democrazia presenta un grande rischio per tutte le religioni organizzate, in particolare per quelle monoteiste, e per questo che era, è e sara ostacolata con ogni mezzo da i loro rappresentanti.
Attualmente ai occhi di noi occidentali la religione islamica appare semplicemente violenta e rozza, invece grazie alla sua natura polimorfa e policronica è molto pericolosa, perché con i suoi svariati metodi e mezzi riesce coprire le esigenze della vasta gamma dei propri adepti, dal musulmano padre di famiglia pio e pacifico al volontario tagliagola del ISIS, e quindi a perseguire con efficacia la sua proliferazione nel mondo.
Dal altra parte il cristianesimo, con il cattolicesimo in testa, approfittando della situazione di insicurezza, sconforto e dello smarrimento creato fra gli occidentali, usando le sue leve (denaro, potere e politici condiscendenti), sta cercando di guadagnare terreno e a consolidare la sua supremazia all’interno dei parlamenti e governi occidentali.
Dal mio punto di vista, la democrazia è sotto assedio e preda della guerra di conquista dei due duellanti; purtroppo per sua stessa natura non possiede certi mezzi e quindi non puo mai combattere ad armi pari contro le religioni.
D’accordissimo. Ma parlerei, oltre che di democrazia, ormai molto svuotata di valore, di pensiero liberale, laico, libero.
Attualmente, le istanze di giustizia che provengono dalla base non hanno quasi alcun riscontro nei partiti politici, non sono quindi adeguatamente rappresentate nelle sedi parlamentari. Ciò deriva dalla collusione tra i vertici capitalistici, i vertici vaticani ed i vertici politici, i mass media, anche se non tutti, si dispongono di conseguenza.
Non di meno, arrendersi, rinunciare alla lotta, significa consentire, significa collaborare (“consentit qui cum potest desinit obviare”).
D’altra parte, la partita non è ancora chiusa, ci sono ampi spazi di manovra solo che la base riesca ad organizzarsi politicamente, a trovare un centro in cui far coagulare la propria visione esistenziale.
Dobbiamo sempre ricordarci che non viviamo soltanto per noi stessi, ma che abbiamo anche la responsabilità delle generazioni a venire, non diversamente da come hanno fatto le generazioni pregresse, anche a costo della vita, nei nostri riguardi.
Complimenti vivissimi per questo articolo, prof. Tripodi. Lei è uno dei pochissimi di orientamento progressista che osano denunciare l’Islam per quello che è. Un culto violento e totalitario. E lo dico da ex convertita.
Gentilissima lettrice,
grazie per averci scritto e per i complimenti.
In questo caso, non faccio altro che riportare quanto scritto da Spencer. In fondo alla suddetta recensione ci sono i link ad altri articoli che denunciano la violenza dell’islam.
Continui a seguirci.
Leggo:
“Il popolo italiano non ne è ancora a conoscenza, ma la vigente Carta costituzionale è l’attuazione della dottrina sociale della Chiesa imposta all’Assemblea Costituente dalla Democrazia Cristiana in quanto partito di maggioranza relativa.”
Qui è in atto (su queste colonne) una guerra di religione fra gli adepti dell’islamofobia e quelli della cattofobia.
Non ho capito, oltre alle sue idee violentemente antiislamiche e all’aura di martire quali credenziali scientifiche e/o accademiche abbia lo Spencer. Io non sono uno sutudioso di religoni, ma ho seguito alcune lezioni del professor Paolo Branca – cattolico, docente alla Cattolica – uno dei più stimati specialisti italiani in materia (vi tralascio il curriculum), collaboratore del “Corriere della Sera” (che non credo sia un foglio buonista, tantomeno islamista). Da quel che ho potuto capire dalle lezioni (e da alcuni libri, e dal blog) di Branca, questo Spencer dice come minimo un saco di inesattezze – ad esser diplomatici e urbani.
La paura è umana, è anche comprensibile, ma non sempre aiuta a capire quel che che avviene.
Pare a me.
Scusate.
Ah, nelle raccomandazioni (o decalogo) dello Spencer leggo fra l’altro:
«Insegnare ai nostri figli ad andare orgogliosi della propria eredità. Affinché sappiano che possiedono una cultura e una storia di cui possono e devono essere grati»
Su questo sono d’accordo – credo – a patto che sia chiaro della “nostra eredità” non di tutto è bene essere fieri – non dei roghi delle streghe e degli eretici (cosa di cui l’Islam non conobbe l’analogo, credo sia noto).
Sono invece fiero di molta nostra letteratura, e del “Decamerone” non ultimo, e della novella del terzo anello, fra le tante, storia che si svolge tutta in una corte musulmana (che appare come esempio evidente di una tolleranza e un amore del logos che in molte corti europee coeve era inconcepibile allora e così restò per altri secoli).
Cioè, ci vollero Umanesimo, Rinascimento, Illuminismo e Rivoluzione Francese perchè in Europa si cominciasse ad accettare (dico si cominciasse) che di credi diversi si poteva discutere, senza ammazzarsi, ma invece ascoltando e argomentando.
Quello che da alcuni decenni fanno esponenti religiosi di molti credi diversi, più che civilmente (e non solo ad Assisi e solo un volta all’anno), fanno lodevolmente a mio modesto avviso (e datemi pure del buonista, io preferisco le persone che si incontrano e argomentano a quelle che si sparano), alla corte di cui racconta Boccaccio nella novella del terzo anello lo fanno un regnante musulmano e un mercante ebreo, sui ospite. A.D. 1348.
Per dire.
Non ho letto il testo di Spencer e non ho intenzione di leggerlo. Perché da questa recensione che ne dà Rino pare proprio sia uno dei soliti testi a tesi precostituita. Cioè uno di quei saggi che fanno l’opposto di quel che dovrebbe fare un onesto ricercatore. Tali pseudostorici partono da un certo numero di informazioni e le usano per sostenere una tesi precostituita. Al contrario del vero storico che dalle sue ricerche arriva a determinate conclusione che potrebbero anche opposte alle sue personali convinzioni ideologiche.
Questo atteggiamento ideologico e astorico lo si capisce da quel che lo Spencer scrive sulle crociate e che Rino (immagino diligentemente) riporta, dando l’impressione di crederci anche lui (ahimé).
Su quel che sono state le crociate credo ci sia poco da aggiungere dopo che storici di indiscusso valore accademico le hanno studiate da ogni punto di vista, militare, economico, politico, religioso, evidenziandone la disgraziata perniciosità. Fra tutte cito l’autorevole: Jacques Le Goff, Il Basso Medioevo, Feltrinelli, Milano, 1967). Le Goff (e mi auguro che tutti qui sappiano di chi sto parlando) evidenzia il bilancio assolutamente disastroso di tutte le prime tre crociate (la quarta non è neppure definibile tale dal momento che si concluse con la spartizione dell’Impero Latino di Costantinopoli). Fra i danni delle crociate sottolineate dallo storico francese ricordo l’antisemitismo virulento e genocida innescato dalla prima crociata lungo tutta la strada percorsa dai crociati con l’insorgere dei primi pogrom della storia a danno degli ebrei. Arrivati in Terrasanta i Latini scoprirono con sorpresa scandalizzata l’esistenza di comunità cristiane non cattoliche di Siria e Palestina e si misero d’impegno a ridimensionarle o a distruggerle del tutto. Le comunità cristiane greche, armene o siriache furono ben presto oggetto di persecuzione da parte degli stessi Latini, a cominciare da Boemondo d’Antiochia. E’ forse anche il caso di ricordare come la prima crociata si concluse con la conquista di Gerusalemme (1099) e con il massacro di buona parte della sua popolazione, non solo musulmani ma anche ortodossi ed ebrei. Se poi è vero che si crearono talvolta atteggiamenti di reciproca tolleranza fra musulmani e regni latini, tuttavia gli scambi culturali rimasero sempre molto scarsi, in particolare perché i Latini, ancora barbari, avevano poco da offrire ai Musulmani. Mi spiace per Spencer ma le cose allora erano messe così e non le cambiano certo i suoi pregiudizi (ma qualche danno lo provocano…).
Grazie per l’intervento. Quello di Spencer è un pamphlet. Purtroppo, ciò che da venti anni accade in Europa, Medio Oriente, Africa e mondo intero gli dà ragione sul presente. Il passato è passato.
Complimenti. Purtroppo di informazione illuminata se ne fa poca. Articoli e libri come questo dovrebbero essere letti da tutti
Gentilissimo Giovanni, grazie per averci scritto e per le valutazioni positive.