La caduta del governo Berlusconi è da attribuire, oltre all’inefficienza di un ceto politico incompetente, anche ai contorti meccanismi della finanza internazionale
La Seconda Repubblica italiana sembra definitivamente avviarsi al tramonto. La caduta del quarto governo di Silvio Berlusconi – uno tra i più inefficienti e incompetenti mai visti nella storia repubblicana – lascia trasparire inquietanti scenari, all’insegna di un esecutivo “tecnico”, cui spetterà il compito di risanare l’economia e il bilancio statale, gravemente colpiti dalla stagnazione produttiva e dalle speculazioni finanziarie scatenatesi negli ultimi mesi.
Incaricato di formare il nuovo governo c’è adesso Mario Monti, noto economista e presidente dell’Università Bocconi, membro dal 1995 al 2004 della Commissione dell’Unione Europea e da poco entrato a far parte anche del ristretto novero dei “senatori a vita” del nostro Parlamento. Il programma di “Super Mario”, in sintonia con la cultura neoliberista di cui è convinto assertore, punterà ad attuare le direttive imposte all’Italia dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale – in parte già recepite dalla legge di stabilità approvata il 13 novembre scorso – che, allo scopo di conseguire entro breve tempo il pareggio del bilancio, prevedono “lacrime e sangue”: drastici tagli alla spesa pubblica, svendita dei beni di proprietà statale, ulteriore contenimento dei salari, maggiore facilità di licenziamento, innalzamento dell’età pensionabile, liberalizzazione degli ordini professionali, ecc.
Si tratta di una “cura da cavallo” che fa ricorso a “farmaci” per molti versi controindicati, in quanto i loro “effetti collaterali” determineranno, almeno a breve termine, un peggioramento dell’economia reale, innescando quasi certamente un’ulteriore spirale recessiva. Il taglio della spesa pubblica e il blocco dei salari, infatti, fungeranno da deterrente nei confronti della ripresa economica, poiché, limitando fortemente i consumi, impediranno alle imprese italiane di riprendere la produzione a pieno regime e di far lievitare il Pil. Pare, comunque, che i conti pubblici dello Stato italiano non siano particolarmente disastrosi, al contrario di quelli della Grecia: le difficoltà attuali sono soprattutto da ricondurre alle speculazioni finanziarie di alcune banche straniere (in particolare la statunitense Goldman Sachs), che hanno lucrato sui nostri Btp, riducendone il valore attraverso la vendita massiccia e rendendone difficile la collocazione sul mercato, se non a tassi d’interesse elevati. A tal proposito, Guglielmo Forges Davanzati ha spiegato chiaramente che la «riduzione del prezzo dei titoli di Stato implica, infatti, che il tasso di interesse ottenibile dai risparmiatori aumenta, ponendo lo Stato italiano nella condizione di dover offrire un tasso più elevato per i nuovi titoli emessi» (cfr. L’Italia commissariata da Goldman Sachs, in http://temi.repubblica.it/micromega-online/). Il pericolo che si corre – similmente a quanto già rischiato nel 1992 – è di andare incontro a una bancarotta statale. C’è, poi, da considerare il fatto che la Bce stampa gli euro senza prestarli direttamente agli stati della Ue, bensì ad alcune banche private: i Paesi comunitari, pertanto, sono costretti a mettere in vendita i propri titoli di Stato per racimolare i soldi necessari a coprire le spese ordinarie. Se non si riforma questo perverso meccanismo di finanziamento degli stati, il debito pubblico non potrà mai essere completamente risanato e continueranno nel tempo le speculazioni nei confronti degli anelli più deboli della Comunità europea (a tal proposito, cfr. La più grande truffa di tutti i tempi. Fermiamola! Subito referendum!, in http://web.rifondazione.it/home/).
Secondo Claudio Messora – un blogger divenuto celebre dopo essere apparso nel programma televisivo Servizio Pubblico di Michele Santoro – sarebbe in corso una sorte di golpe strisciante, orchestrato da banche statunitensi e organizzazioni politico-finanziarie internazionali (la Commissione trilaterale, il gruppo Bilderberg, ecc.), con l’intento di indebolire l’economia europea e di condizionare le scelte degli Stati politicamente più fragili come l’Italia, la quale è ormai una nazione a “sovranità limitata”. Monti, non a caso, fa parte della Commissione trilaterale (insieme al banchiere Lucas Papademos, nuovo premier greco) e del gruppo Bilderberg, svolgendo anche la mansione di consulente per conto della Goldman Sachs e della Coca Cola Company. Paradossalmente, dopo che le banche hanno messo in crisi alcuni stati occidentali, questi ultimi hanno poi ricapitalizzato le banche stesse, le quali ora si apprestano a governare, tramite i loro esponenti, i Paesi che hanno in precedenza danneggiato! (Cfr. Claudio Messora, Goldman Sachs innesca la crisi e poi piazza Mario Monti a risolverla, in http://www.byoblu.com/).
Dello stesso avviso è anche Giulietto Chiesa, che, in una recente intervista, ha affermato, tra l’altro, quanto segue: «noi ci troviamo in questo momento in un regime mondiale, in un’oligarchia mondiale, che è guidata da un gruppo di grandi banchieri che fanno tutto, che decidono tutto, che nominano i governi» (cfr. Antonella Ricciardi, Intervista a Giulietto Chiesa, in http://www.comunismoecomunita.org/). Economisti come Naomi Klein, Federico Rampini e Joseph Stiglitz ritengono che per uscire dalla grave crisi economica che sta attanagliando il capitalismo occidentale occorre imboccare una strada diversa rispetto al neoliberismo predominante. Rampini, nell’ultimo saggio intitolato Alla mia sinistra (Mondadori), è convinto che si debbano riproporre ricette economiche di tipo neokeynesiano e socialdemocratico, in grado di rilanciare il potere di acquisto delle masse, sempre più impoverite dalla recessione e dai tagli a salari e pensioni, auspicando «un cambio radicale di priorità, regole e valori, un nuovo umanesimo che comandi l’economia, caratterizzato da meno finanza, meno disuguaglianza, una diversa gerarchia nei luoghi di lavoro».
In verità, anche Monti, in una recente intervista pubblicata su Vita (cfr. Monti: «È l’ora dell’economia sociale di mercato», in www.vita.it), ha asserito la necessità di mitigare il rigido neoliberismo che finora ha caratterizzato l’economia occidentale, sostenendo che all’interno della Ue «occorre […] cambiare marcia nella costruzione del mercato» e «conciliare meglio gli aspetti del mercato e quelli sociali», per cui «va lasciato spazio sia al settore pubblico sia alle imprese a proprietà pubblica» (ovviamente nel rispetto delle regole di mercato). Vedremo, quindi, se il nuovo governo punterà esclusivamente a smantellare ciò che resta del welfare (sull’esempio di quanto sta facendo in Portogallo il governo di Pedro Passos Coelho), oppure proverà anche a ridurre l’enorme evasione fiscale, gli sprechi amministrativi, gli sperperi della classe politica, la corruzione, ecc. Se ciò non avverrà, i costi del risanamento si riverseranno, more solito, esclusivamente su lavoratori dipendenti, pensionati e precari, con un inevitabile incremento della conflittualità sociale e un sostanziale peggioramento del tenore di vita dei cittadini.
Monti è chiamato a svolgere “il lavoro sporco” che il governo uscente non è riuscito a completare, approvando misure impopolari, come la tassa patrimoniale, la reintroduzione dell’Ici o la privatizzazione di vari servizi pubblici. Riuscirà, nel contempo, a intaccare i privilegi della “casta”, riformando anche il sistema elettorale? Non sarà facile, soprattutto perché dovrà mediare con tanti parlamentari che si opporranno a qualsiasi legge lesiva dei loro interessi particolari. Tuttavia, è probabile che l’esecutivo di Monti si dimostrerà stabile e porterà a compimento la legislatura, imponendo al Paese la manovra economica propugnata dalla Bce e dal Fmi.
Giuseppe Licandro
(LM EXTRA n. 26, 15 novembre 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 71, novembre 2011)
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