Episodi ed esperienze insolite possono essere l’espressione di inafferrabili percezioni? Ne abbiamo parlato in un’intervista con Silvano Fuso e Massimo Polidoro
Nell’ottobre 2012, su Frontiers in perception science, è stato pubblicato un articolo di Julia Mossbridge, del Dipartimento di Psicologia della Northwestern University di Evanston, Patrizio Tressoldi, dell’Università di Padova, e Jessica Utts, dell’Università della California di Irvine, in cui si parla della scoperta dell’inafferrabile “sesto senso” (cfr. J. Mossbridge, P. Tressoldi, J. Utts, Predictive physiological anticipation preceding seemingly unpredictable stimuli: a meta-analysis, in Frontiers in perception science, n. 3, 2012).
Di fronte a manifestazioni di preveggenza, l’atteggiamento corretto deve essere sempre quello di estrema prudenza. Occorre precisare che l’indagine, per dirla con il chimico Silvano Fuso, «non produce nuovi dati sperimentali, ma si limita ad analizzare statisticamente i risultati di studi precedenti. Prima di accettare i risultati dello studio in meta-analisi, bisognerebbe controllare la validità di quelli anteriori» (cfr. Le premonizioni esistono?, in www.ghosthunter.it). Nel saggio si parla di “attività anticipatoria anomala”, ma, prima di prendere per certe le conclusioni, come hanno sostenuto anche gli stessi autori della ricerca, è bene effettuare nuove indagini, con studiosi indipendenti che ne confermino la validità o ne smentiscano il risultato. Questa attività anomala rientrerebbe, infatti, nell’ambito dei processi fisici naturali. Eventi straordinari, è bene ribadire, richiedono prove altrettanto straordinarie. Per saperne di più, abbiamo incontrato due famosi esperti di misteri e di divulgazione scientifica noti al grande pubblico, lo stesso Fuso (vedi anche, in LucidaMente, Gli inganni della “falsa scienza”) e Massimo Polidoro (cfr. pure, sempre in LucidaMente, Un viaggio ai confini della realtà), che ringraziamo per averci concesso l’intervista.
Benvenuto, professor Fuso. In uno studio del 2005 si parlò di “sesto senso” (cfr. J. W. Brown – T. S. Braver, Learned predictions of error likehood inthe anterior cingulate cortex, in Science, n. 5712, 2005); tuttavia, si alludeva al particolare funzionamento di una zona del cervello, la corteccia cingolata anteriore, dove risiede una sorta di allarme che ci avverte quando qualcosa non va ed elabora informazioni provenienti dai cinque sensi conosciuti. Qual è il suo parere?
«Ben trovati. Un esame attento dell’articolo, al di là dei titoli sensazionalistici dei giornali, fa capire che non si tratta affatto della scoperta di una nuova percezione bensì, semplicemente, del rinvenimento di un’area del cervello in grado di elaborare, in modo sofisticato, le informazioni derivanti dai nostri soliti cinque sensi. Chiamare questa facoltà “sesto senso” appare, quindi, improprio. Oltre all’interesse teorico, tale scoperta può avere anche importanti ricadute in campo psichiatrico. È infatti noto da tempo che la corteccia cingolata può presentare anomalie anatomiche in pazienti affetti da patologie quali la schizofrenia e i disturbi ossessivo-compulsivi. Inoltre, secondo alcuni, essa sarebbe la sede decisionale del cervello, che interviene quando dobbiamo effettuare scelte cruciali e ponderate. Questa corteccia, infine, rappresenterebbe il crocevia tra ragione ed emozioni, oltre a essere la sede di ragionamenti complessi. Niente “sesto senso”, dunque, ma pur sempre risultati interessanti».
Daryl Bem, altro studioso sul tema (cfr. D. J. Bem, Feeling the future: experimental evidence for anomalous retroactive influences on cognition and affect, in Journal of personality and social psychology, n. 100, 2010), sostiene l’esistenza della precognizione e della premonizione, cioè della possibilità di poter prevedere il futuro. La ricerca di Bem, durata ben otto anni, in cui sono stati esaminati oltre mille studenti volontari, non convince per niente la comunità scientifica internazionale, sia per la metodologia di indagine sia per i risultati ottenuti. Lei, che si è occupato di “sesto senso” in un capitolo de Il libro dei misteri svelati (Castelvecchi, pp. 316, € 19, 50), cosa ne pensa?
«Bem non è nuovo a simili imprese. Nel 1994 egli pubblicò un articolo nel quale sosteneva di aver dimostrato l’esistenza del fenomeno Ganzfeld, una telepatia realizzata in condizioni di deprivazione sensoriale. Nessun ricercatore lo ha mai riprodotto e, anzi, pubblicazioni successive hanno smentito i suoi risultati. Nello studio di cui parla lei, Bem ha esaminato manifestazioni psicologiche note, invertendone l’ordine logico-temporale. Facciamo l’esempio che a qualcuno vengano mostrate una parola su uno schermo e, successivamente, un’immagine, e gli si chieda di giudicare velocemente se questa è piacevole o meno. È dimostrato che, se il vocabolo proiettato prima dell’icona ha un significato opposto rispetto a essa, i soggetti impiegano più tempo per rispondere. Nelle ricerche di Bem, invece, l’esperimento è stato realizzato al contrario. I presenti vedevano l’immagine e dovevano esprimere un giudizio prima che apparisse loro la parola. Secondo lo studioso, quando questa (scelta in modo casuale dal computer solo dopo la risposta) era di significato opposto all’immagine, i soggetti impiegavano più tempo per esprimere il loro giudizio, come se avessero saputo in anticipo quale vocabolo sarebbe comparso. In altri test, sono stati considerati anche ulteriori effetti psicologici: attrazione verso cose piacevoli, istinto ad allontanarsi dai pericoli, facilità con cui si richiamano parole e oggetti già visti. In tutti gli esperimenti, l’ordine temporale era invertito e, secondo Bem, la retroattività della causa veniva sempre confermata. Fino a oggi, però, non è stata trovata alcuna conferma dei suoi strabilianti risultati».
Rivolgiamo ora una domanda a Polidoro, che ringraziamo per la sua disponibilità. Lei ha dedicato un testo all’argomento, dal titolo Il sesto senso (Piemme, pp. 236, € 14,96), uscito nel 2000, ora aggiornato e in edicola con il mensile Focus. Dunque per lei c’è questo senso in più?
«Grazie e ben trovati. Una sorta di “sesto senso” esiste, ma non va inteso come qualcosa di paranormale: niente a che vedere, poi, con quello dell’omonimo film di M. Night Shyamalan. Sarebbe meglio, comunque, chiamarlo intuito. Si è scoperto, per esempio, che chi si ritiene “scalognato”, a differenza di chi è ottimista, di solito prende decisioni sbagliate o si fida di persone false perché non segue l’istinto. Si è notato, infatti, che questo genere di intuizioni deriva in gran parte dal sentimento di familiarità che ci lega a qualcosa: senza rendercene conto, preferiamo sempre ciò che abbiamo già visto. Per cui, quando incontriamo una persona, essa può avere un certo “non so che” di positivo, che suscita simpatia, oppure di negativo, che sfocia in diffidenza. Il “sesto senso”, o intuito che dir si voglia, lavora dunque sulla base delle esperienze passate, per aiutarci a prendere le decisioni migliori, anche se non sempre lo ascoltiamo».
Quello che comunemente viene chiamato “buon senso”, dunque, non sempre guida con oculatezza le nostre scelte. Grazie, dottor Polidoro.
Le immagini: raffigurazione del “sesto senso” secondo la locandina del film The Sixth Sense (1999) dell’estroso regista indo-americano M. Night Shyamalan e foto di Silvano Fuso e di Massimo Polidoro.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente, anno VIII, n. 92, agosto 2013)