Mentre Unione europea e Nazioni unite valutano la possibilità un intervento contro i criminali, nessuno pensa al destino delle popolazioni civili
Nelle intenzioni del Consiglio dell’Unione europea prende sempre più corpo L’idea di un’operazione navale sulle coste libiche. Un primo progetto è stato approvato, nella giornata di lunedì, dai ministri degli Esteri e della Difesa dell’Unione. Sono previste tre tappe: la prima riguarda il solo pattugliamento delle coste affiancato da raccolta di intelligence, mentre le altre due contemplano l’uso della forza armata con la ricerca, il sequestro e la distruzione degli “asset” dei trafficanti.
Come appare chiaro, affinché le ultime due fasi possano avere luogo, è necessario l’intervento dell’Onu, che con una risoluzione è chiamata ad approvare una deroga al generale divieto dell’uso della forza. E già qui sorgono i primi problemi, con lo spettro dei veti insuperabili di Russia, Cina e Stati uniti – i tre membri permanenti non europei. Come non bastasse, ancor più complicata è la ricerca di un’intesa con le autorità libiche, operazione non semplice, data la presenza sul territorio statale di più governi autoproclamatisi. Tuttavia, come riportato dal Corriere della sera, nella bozza di risoluzione ora all’analisi delle Nazioni unite, sarebbe presente una richiesta di intervento da parte dello stesso governo libico (quello internazionalmente riconosciuto).
L’idea di un’operazione militare che contribuisca a ridurre, se non a eliminare, la tratta di esseri umani nel Mediterraneo divide opinione pubblica e addetti ai lavori. Sebbene nella pratica possa trattarsi di una soluzione efficace per neutralizzare le attività degli scafisti – nonostante tutti i problemi diplomatici cui, inevitabilmente, può dare luogo – resta escluso dal dibattito un problema di grande importanza civile e umanitaria.
Che ne sarà di tutte le famiglie, di tutti quei civili che intendono scappare da un territorio politicamente disastrato che non lascia loro alcuna prospettiva per il futuro? I barconi stracolmi messi costantemente in mare dai trafficanti sembrano essere, al momento, l’unica possibilità per queste persone di lasciarsi alle spalle un luoghi nei quali i diritti fondamentali dell’essere umano sono calpestati dalla furia dei fondamentalismi. Nonostante l’idea sia difficile da accettare, queste vere e proprie “zattere della Medusa” rappresentano l’unica opportunità per allontanarsi da guerre civili, sia perché non esiste un’alternativa proposta dalla comunità internazionale, sia perché gli stessi governi collusi con i trafficanti appoggiano quest’unica soluzione.
La scelta di un intervento militare, dunque, per quanto virtuosa o meno possa risultare agli occhi dell’Europa, soffre del fondamentale difetto di essere una terapia sintomatica. Il vero problema rimane quello di assicurare alle popolazioni vittime di violenze generalizzate la quantità minima di diritti fondamentali che spetta a ciascun essere umano. Questo è un aspetto che pare estraneo alle aule degli organismi internazionali e che, ancora una volta, non sembra potrà essere risolto con le armi.
Riccardo Camilloni
(LM EXTRA n. 32, 20 maggio 2015, supplemento a LucidaMente, anno X, n. 113, maggio 2015)