Sorprendente il nuovo disco di Gianluca Lo Presti, “Sputnik”, che esce oggi per l’etichetta Sound System Records: atmosfere elettroniche per perdersi nello spazio siderale e nelle storie dello scrittore giapponese Haruki Murakami
Preparatevi a un viaggio oltre ogni immaginazione. State iniziando un folle itinerario, forse una deriva, oltre la Terra, oltre il Sole, oltre il sistema solare, oltre la galassia, addirittura alla ricerca di altri universi. Dove l’essere umano non è mai giunto…
È questo uno dei fili conduttori del nuovo disco di Nevica su Quattropuntozero, ovvero Gianluca Lo Presti. Geniaccio proteiforme, camaleontico e imprevedibile, stavolta il musicista livornese trapiantato a Ravenna assume la denominazione e le vesti di Nevica Noise. L’incredibile risultato sono gli otto brani di Sputnik, prodotto da Sound System Records e in uscita venerdì 25 novembre 2016. Partendo da minimali spunti elettronici, l’opera proietta l’ascoltatore verso sorprendenti esiti musicali, ipnotici quanto gradevoli, creativi quanto provvisti di un mirabile rigore compositivo. Insomma, tutt’altro rispetto all’apprezzato lavoro precedente, I diari miserabili di Samuel Geremia Hoogan, del quale noi di LucidaMente ci siamo occupati a suo tempo con la recensione di Gianluca Armaroli Smarrirsi (e ritrovarsi) ai confini dell’io.
Dopo il cantautorato d’autore, caratterizzato da intimità esistenziali, con atmosfere a volte claustrofobiche, Lo Presti ritorna alle origini della sua ricerca musicale elettronica, dando via libera al proprio inconscio sonoro. Dai testi poetici de I diari miserabili di Samuel Geremia Hoogan, pregni di parole, alla pura musica senza testi di Sputnik. Sicché il mondo chiuso, ermetico, dell’io si apre all’intero universo, con un’esplosione forse liberatoria. Ma, se il cosmo è affascinante, nondimeno è anche misterioso, forse spaventoso e letale.
Ci fu un tempo, speranzoso, forse psichedelico, nel quale la musica rock-pop-progressive guardava con fiducia ai viaggi intergalattici e alle evasioni nelle profondità dello spazio. Ad esempio, ricordate 2000 Light Years from Home (1967) dei Rolling Stones, ripresa nel 1984 con efficacia dark e con uno stravagante video steampunk dai The Danse Society? O Interstellar Overdrive e Astronomy Domine dei Pink Floyd (1967)? O, ancora, Space Oddity (1969) di David Bowie? E in Italia, nel 1973, Le Orme produssero addirittura un concept album, Felona e Sorona, sulle vicende di due pianeti extraterrestri. Anche la fusion si lasciò tentare, col Mysterious Traveller (1974) dei Weather Report e col Cosmic Messenger (1978) di Jean-Luc Ponty. Per non dire dei teutonici Tangerine Dream, le cui composizioni elettroniche rappresentavano un vero e proprio perdersi nelle infinità magnetiche di nebulose, pulsar e quasar!
Dopo l’arrivo sulla Luna, l’avventura dell’umanità nello spazio sembrava possibile, vicina. Al contrario, l’atroce abbrivio del XXI secolo ci sta disilludendo su tutto: politica, società, umanità, futuro. Anche l’astronomia. Al di là del minuscolo pianeta Terra, tutto è molto, molto, molto pericoloso, per lo più collocato tra supernove, buchi neri e raggi cosmici, inospitale e inadatto alla vita intelligente… (vedi Leggi dell’Universo, leggi della vita). Il progetto Nevica Noise riprende le speranze dell’astronautica degli anni Sessanta fin dal titolo, che fa riferimento al primo satellite artificiale lanciato in orbita dai sovietici il 4 ottobre 1957 dal cosmodromo di Bayqoñyr, e rimasto per sempre a ruotare nello spazio.
Tuttavia, ancora più triste fu la sorte della cagnolina Kudrjavka (più conosciuta come Laika), sacrificata appena un mese dopo, il 3 novembre 1957, all’interno dello Sputnik 2. Stavolta il satellite, come previsto, dopo aver raggiunto un’altitudine massima di 350 km, rientrò vicino Mosca, ma, per un problema del circuito di aerazione, la bestiola era già morta appena cinque ore dopo il lancio. Nel disco di Lo Presti, accanto a suoni quasi entusiasti e celebrativi, sembra a volte di avvertire l’angoscia dell’esserino scioccamente sacrificato nell’assoluta solitudine. Vi è, però, un altro riferimento: il romanzo dello scrittore giapponese Haruki Murakami La ragazza dello Sputnik (1999), nel quale si raccontano gli amori di tre personaggi che si rincorrono l’un l’altro con esiti problematici, girando così a vuoto come il satellite. E, difatti, nelle intenzioni di Lo Presti, Sputnik è la prima parte di una trilogia musicale dedicata a Murakami.
Pertanto, gli otto brani di questo nuovo lavoro del musicista livornese-ravennate alternano riferimenti alle vicende “spaziali” del satellite sovietico a quelli al romanzo del narratore nipponico. Tutti rigorosamente in stile elettronico. Invitiamo il lettore a lasciarsi andare ai suoni del disco, a partire dalla prima traccia, la bellissima Mother And Daughter. La successiva, Sputnik, alterna suoni freddamente metallici e ripetitivi con esplosioni di gioia inarrestabile, quasi una speranza di sconfiggere la crudezza del destino.
Passando al terzo brano del disco, Hotel Hokura, possiamo dire che si tratta di pura psichedelia dark e metropolitana, con timbri giapponesi. Il Mondo Primordiale affascina per la varietà anarchica del tessuto musicale. Sarin contiene affascinanti suggestioni new wave. Gli ultimi tre componimenti sono The Light Side Of Dark Boy, Do Nascimento e Crisalide d’aria, forse meno godibili dei precedenti, ma intessuti da trovate timbriche e sorprese sonore da non perdere, con un’imponderabile alternanza di luminosità e tenebre. Per concludere, ricordiamo che, oltre a Lo Presti (elettronica, loops, moog, kaosspad, noise e basso), hanno contribuito alla realizzazione di Sputnik Alessandro Gomma Antolini (doppia batteria nelle tracce 1, 2, 5, 6), Massimo Madesi De Simone (moog, noise, in 2) e Daniele Brusaschetto (drum loops, voci ed effetti, in 4).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 132, dicembre 2016)
Recensioni discografiche del direttore Tripodi: Il viaggio cosmico di Nevica su Quattropuntozero Il limpido jazz di Tiziano Bianchi Junkfood & Enrico Gabrielli: film, colonne sonore, jazz Baba Sissoko, Nicodemo, Lilies on Mars: la fusione di tre ispirazioni musicali Collettivo Ginsberg: canzone d’autore, alta poesia dialettale e voglia di ballare Le cover secondo Stella Burns Il jazz ben temp(e)rato di Evan Le armoniose schegge musicali dei Dropp Pin Cushion Queen: il canto come melodia Manuel Volpe intimo e visionario La versatilità musicale di Capvto La magia elettronica dei Torakiki La forza della voce di DonnaKatya, la musica dei The SuperFeed Piccola orchestra Vale & The Varlet La musica e le parole degli Ono La misteriosa voce di Armaud I nuovi merletti vocali di Suz «Questo profumo dei nostri anni morti» La musica e le immagini di Giovanni Dal Monte La bella vita di Guido Elmi L’opzione rock dei The Maniacs I Pristine Moods e la magia del theremin Il vortice vocale di Rocío Rico Romero La fine della “Chimera” del XX secolo e la crisi dell’Occidente Un disco senza “Failing” Godblesscomputers, Johann Sebastian Punk, K-Conjog, Portfolio Il disco imbullonato dei The Gentlemen’s Agreement Suoni antichi, eppure nuovi… comunque freschi e morbidi Il nuovo immaginario musicale dei Junkfood Saluti da Saturno, ovvero l’optigan d’autore L’avvincente viaggio musicale del signor Rossi La seconda primavera di Simona Gretchen, Eterea e Crimea X Sophisticated Suz Dissonanti armonie dal XXI secolo