A Bruxelles, all’esterno della sede del Parlamento europeo, è collocata una statua della scultrice belga May Claerhout…
Siete turisti che stanno visitando Bruxelles? Come resistere alla tentazione di fare una capatina alla sede del Parlamento europeo, il più importante centro di potere del Vecchio Continente? Infatti, mentre le sessioni plenarie si svolgono sia a Bruxelles sia a Strasburgo, quelle più importanti, delle Commissioni, si tengono sempre proprio nella capitale belga.
Orbene, chi passa all’esterno noterà senz’altro, proprio sotto la targa blu che indica la rue Wiertz, la statua Europa. Di notevoli dimensioni, in bronzo, è stata creata nel 1993 dalla scultrice belga May Claerhout (Pittem, 1939 – Oostmalle, 2016). Dovrebbe essere uno dei simboli principali dell’Unione europea. E lo è. Ma in negativo. È un’allegoria, ovvero una raffigurazione concreta di un concetto astratto. In questo caso, l’ideale dell’Unione europea. Tra le immagini allegoriche divenute emblemi di una nazione, uno stato, un’istituzione, troviamo spesso una donna fiera (la patria) che avanza. Ad esempio, in Francia la famosa, rivoluzionaria Marianne col berretto frigio o, in Italia, la donna turrita (le torri delle città italiane).
Un bell’esempio di quest’ultima si trova a Reggio Calabria. È il Monumento all’Unità d’Italia (statua alta tre metri, 1868, opera dello scultore Rocco Larussa del 1868; vedi foto a lato) che si trova nella piazza Vittorio Emanuele II (più nota, appunto, come piazza Italia) del capoluogo calabrese. La figura allegorica con la mano destra tiene una spada abbassata (difesa dei confini, se necessario), con la sinistra porge una corona d’alloro (per gli eroi e i patrioti). La donna è raffigurata prosperosa, a simboleggiare la fertilità demografica, la procreazione, la salute, la forza. Le variazioni nella rappresentazione di stati, città, famiglie (araldica) possono essere tante: simboli religiosi, stelle, battaglie, eroi, il popolo, nobili animali (l’aquila, il leone), a volte immaginari (il grifone, l’ippogrifo, la sirena), armi…
Osserviamo, invece, la statua della Claerhout. La donna è magra, nel braccio destro teso verso l’alto reca il simbolo… di una moneta! L’euro! La sua espressione è dura, poco femminile, androgina. Gli esseri umani stilizzati ai suoi piedi, che dovrebbero rappresentare gli europei che si rivolgono all’Europa (o la sostengono), danno piuttosto l’impressione di essere calpestati dalla figura sovrastante, di gemere, di chiedere pietà e misericordia. Europa è sprezzante, lontanissima. La moneta ancora più distante e fredda. Un’opera d’arte non riuscita o, piuttosto, volontariamente o meno, forse inconsciamente, un perfetto quadro dell’odierna Unione europea? Il “valore” mostrato è una moneta, l’euro. Quanto materialismo! E, del resto, chi potrebbe affermare che il vero simbolo di questa Europa delle banche e delle speculazioni finanziarie, dello spread e dei rapporti deficit/pil, non sia effettivamente la moneta più artificiale del mondo?
Una moneta che ha assurdamente preceduto la presunta federazione-fratellanza tra i popoli, il sogno degli Stati uniti d’Europa, che oggi sembrano obiettivi lontanissimi, per non dire irrealizzabili, e per niente perseguiti. La statua incarna, dunque, un’Europa spietata, arrogante, che si regge sui potentati economico-finanziari, mentre le popolazioni autoctone vengono annientate. Anche l’androginia di Europa ha un suo senso. Indifferenziazione sessuale, sterilità, annientamento demografico, imperversano, per far spazio alla Grande Sostituzione coi popoli extraeuropei. La madre materna, nel cattolicesimo la Madonna, non esiste più. Sì, davvero un’allegoria dell’Europa attuale!
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 154, ottobre 2018)