Nel libro-inchiesta “San Marino Spa” (Rubbettino) di Davide Maria De Luca e Davide Grassi, la sorprendente evoluzione della repubblica più antica, da paradiso fiscale a patria del malaffare
Una tra le più piccole repubbliche del mondo, una meta turistica romantica abbarbicata sul monte Titano, collocata sull’Appennino tosco-romagnolo, in una delle aree più ricche d’Italia, che conta 30 mila abitanti e si estende su 60 chilometri quadrati: San Marino è tutto questo, ma non solo. Il risvolto della medaglia dorata, infatti, mostra una Repubblica diventata, negli anni, un paradiso fiscale, nonché luogo di riciclaggio di denaro mafioso. Nel volume San Marino Spa (Rubbettino, pp. 174, € 12,00), da poco uscito in libreria e scritto dal giornalista Davide Maria De Luca insieme all’avvocato penalista e blogger Davide Grassi, si parla di ciò e dei tre capisaldi che erano la forza economica del posto, ovvero segreti bancari, anonimato e differenziale fiscale.
Mentre, per anni, numerose società italiane godevano delle agevolazioni fiscali di San Marino – e altri vi nascondevano i soldi evasi –, la mafia intuisce che la Repubblica possa rappresentare la meta ideale per riciclare ricchezze. Il libro racconta – dispensando dettagli, retroscena, protagonisti e comprimari di una vicenda emblematica – i meccanismi che hanno condotto la criminalità organizzata a infiltrarsi nel piccolo stato ed è finalizzato alla comprensione del pericolo della nuova dimensione globale delle mafie. La crisi economica che ha colpito San Marino, molto più gravemente che in Italia, ha aperto la strada alla tragica caduta della Repubblica più antica del mondo, narrata nel libro alla stregua della sua storia “epica”.
Costretta a rinunciare, nel giro di pochi anni, tra il 2008 e il 2009, ai suoi capisaldi, quali l’anonimato societario e il segreto bancario, in una situazione aggravata dalla crisi, San Marino ha visto sparire i soldi degli evasori: questo aspetto ha creato buchi nel bilancio dello stato, la chiusura delle imprese e un aumento della disoccupazione. In molti non hanno accettato tale cambiamento e hanno cercato ricchezze altrove, imbattendosi direttamente nella mafia. A San Marino c’è sempre stato il riciclaggio, come si racconta nel libro, ma quando le casse delle banche erano piene ci si poteva permettere di dire dei no. In seguito alla crisi e alla fuga di capitali, molti imprenditori hanno aperto ai mafiosi, arruolando bande campane e albanesi per proteggere i loro interessi.
San Marino Spa ricostruisce il viaggio dei soldi sporchi, saliti da Puglia, Campania e Calabria all’interno di sacchi dell’immondizia o scatole da scarpe. Taluni imprenditori sono diventati essi stessi camorristi, arrivando a guidare bande e a compiere crimini come se fosse il naturale proseguimento della loro attività, dando vita alla spartizione di un territorio «sempre più simile al Far West». Seguendo un percorso che giunge fino a Roma, ecco lobbisti e mafiosi, pagati dagli imprenditori, che finanziavano campagne elettorali di politici – per assicurarsi appalti – e corrompevano le forze dell’ordine, al fine di eludere i controlli. Inoltre, essi riuscivano a influenzare giudici e commissioni tributarie per evitarsi il carcere. Un perfetto quadro di criminalità organizzata, che ha trasfigurato San Marino in un «arto in cancrena»; come tale, la Repubblica moribonda, che sorge sul Titano, ha intaccato anche i territori che le stanno intorno.
Le immagini: la copertina del libro San Marino Spa; una veduta della Repubblica di San Marino.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno VIII, n. 91, luglio 2013)