Ancora una volta Federico Rampini, col suo “La notte della sinistra” (Mondadori), affronta a muso duro le folli scelte della “sua parte politica”
La sua storia personale è tutto fuorché ambigua. Iscritto tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta al Partito comunista italiano, collaboratore della stampa della Fgci (Federazione giovanile comunista), poi redattore di punta e inviato a New York de la Repubblica… Eppure, nel novero dei giornalisti e degli opinion maker di sinistra, Federico Rampini è rispettato e considerato uno dei più intellettualmente onesti anche e soprattutto da chi è schierato su posizioni diverse.
In tali termini si sono espressi, ad esempio, Francesco Borgonovo e persino Il Primato Nazionale nel numero dello scorso luglio (vedi Francesco Rapisarda, Esiste ancora una sinistra intelligente?, che, tra i non allineati di sinistra, cita peraltro, nell’ordine, pure Thomas Fazi, Slavoj Žižek, Jean-Claude Michéa, Marco Rizzo e Stefano Fassina). In effetti, Rampini è tra i più lucidi e integri critici della traiettoria assunta dalla sua parte politica. E l’onestà intellettuale, lo spirito polemico, l’anticonformismo rispetto al tragico pensiero unico politically correct nel quale è sprofondata la sinistra mondiale (e globalista) dominano anche il suo nuovo saggio. Il titolo è esplicito: La notte della sinistra. Da dove ripartire (Mondadori, 2019, pp. 174, € 16,00); ed è l’ideale séguito de Il tradimento. Globalizzazione e immigrazione, le menzogne delle élite (Mondadori, 2016, pp. 198, € 17,00), già molto duro verso gli ambienti progressisti e a suo tempo da noi personalmente recensito. Nei nove capitoletti di cui si compone La notte della sinistra si evidenziano errori, insensibilità e soprattutto decadenza culturale di quella che un tempo il militante proclamava orgogliosamente “la sinistra”.
Come si legge quasi subito, nell’Introduzione, gli abbagli sono tanti: «dall’immigrazione alla vecchia retorica europeista ed esterofila, dal globalismo ingenuo alla collusione con le élite del denaro e della tecnologia […]. Quanta presunzione, quanta arroganza, nell’autodefinirsi minoranza eletta, moralmente superiore, l’unica a detenere valori degni di questo nome. È una sinistra pigra e autoreferenziale». E chi la pensa diversamente viene etichettato fascista, idiota manipolato o mascalzone.
La questione più lampante nella quale emerge l’incapacità delle sinistre di assumere una posizione ragionevole e non ideologica è quella dell’immigrazione, punto su cui i “progressisti” hanno perso l’appoggio di buona parte della classe degli operai, dei lavoratori e il ceto medio-basso. Senza regole, numeri programmati, proporzioni e senza assimilazione dei nuovi arrivati, «l’immigrazione diventa un’invasione, destabilizza e genera insicurezza». A ciò si aggiunga il senso di colpa indotto dalla (giusta) denuncia dei crimini del colonialismo occidentale, però unilaterale e senza una visione complessiva della Storia e dei misfatti (dallo schiavismo alle guerre sanguinarie, dalla corruzione al razzismo, dalla divisione in caste sociali o tribali alla discriminazione della donna) compiuti per secoli pure dagli “altri”, celebrati invece tout court come portatori di civiltà pacifiche e addirittura “superiori”. In tutto il mondo occidentale – e non solo – e negli Usa in particolare, i maggiori progressi sociali e di diritti, nonché di aumenti salariali per i lavoratori, si sono avuti in periodi di limitati, scarsi, programmati o nulli flussi migratori: «L’immigrazione, da sempre, è stata usata dai capitalisti per indebolire il potere contrattuale dei dipendenti». Sono, continua Rampini, «gli industriali, i ricchi [che] hanno sempre voluto le frontiere aperte».
La sinistra italiana fa ancora peggio nello «schierarsi con i mercati finanziari e i governi stranieri», nel porre al centro non il benessere del popolo, ma lo spread tra Btp e Bund, nel far dipendere le scelte economico-sociali del nostro Paese dal giudizio dei mercati, dagli indici di borsa, dalle valutazioni delle agenzie di rating. Alcune interessanti pagine del libro di Rampini sono dedicate alle assurde regole fissate dal Trattato di Maastricht, in particolare quella – insensata – che fissa al 3% il rapporto deficit statale/Pil, alla faccia delle politiche keynesiane di intervento dello stato quando la crescita manca e la disoccupazione aumenta. E che dire dell’appoggio – o perlomeno del silenzio – della sinistra agli stipendi faraonici dei top manager, aumentati di decine di volte, nonostante risultati non sempre esaltanti, intanto che i salari dei loro dipendenti si fermavano o arretravano? E dov’era la sinistra mentre avveniva la macelleria sociale che massacrava il Welfare State e i diritti dei lavoratori? Rampini fornisce ironicamente «un indizio. Al governo».
C’è anche il capitolo sulla caduta verticale della sinistra verso il radical chic («C’erano una volta Gramsci e Pasolini. Ora Asia e Pamela»). Gli attuali “progressisti” preferiscono, al contatto con gli operai, la vicinanza con le star hollywoodiane, le/i cantanti, le/gli influencer, insomma le celebrità dello spettacolo, che sposano buone cause politically correct ristrette e specifiche, astrattamente umanitarie (tra gli esempi più ridicoli, Asia Argento in difesa delle donne violentate e Pamela Anderson che «attacca Salvini sui profughi»). E, per un atavico complesso di “non rimanere indietro”, pur di inseguire acriticamente qualsiasi innovazione, la sudditanza a Internet e ai «Padroni della Rete», speculatori della peggior specie, che arrecano più danni che benefici alle persone sequestrando la concentrazione, la riflessione, l’attenzione… E un superficiale ecologismo fatto pagare ai più poveri. E un femminismo altrettanto superficiale e ideologico. E le battaglie per la marijuana libera, nonostante ormai vi siano le prove scientifiche che fa male.
Il libro di Rampini non si limita ad analizzare criticamente vezzi e vizi della sinistra occidentale e italiana. Infatti, dall’osservatorio privilegiato in cui si trova, New York, offre un quadro a volte inedito e tutt’altro che tranquillizzante della situazione internazionale: l’inarrestabile espansione economica della Cina (in particolare in Africa) ma anche la crescita delle sue spese militari, le geopolitiche di Vladimir Putin, ecc. Tuttavia, per la sinistra, gli odiati nemici sono sempre gli Usa e Donald Trump (le cui politiche protezionistiche Rampini difende dalle ingenuità liberal globaliste: «è la Cina ad applicare in modo sistematico il protezionismo e il sovranismo»).
Nel saggio si parla altresì in termini chiari e duri del massacro della Grecia, «servito a ripagare e finanziare banchieri stranieri. In prevalenza del Nordeuropa e per la massima parte tedeschi)», di Jean-Claude Juncker («per anni da premier lussemburghese è stato il protettore dei grandi elusori fiscali»), di Sergio Marchionne, icona riverita dalla sinistra («è stato, come tutti i top manager, un abile utilizzatore di ogni privilegio fiscale che, spostando sedi all’estero, ha sottratto tanta ricchezza all’Italia»). Da dove ripartire? Francamente, non ci sembra che Rampini fornisca soluzioni illuminanti per uscire da La notte della sinistra. In pratica, nella Conclusione si afferma che i “progressisti” dovrebbero cambiare tutto: accettare l’idea dello Stato-nazione forte e la legittimità degli avversari politici; amare la propria patria, quindi non «definirsi europeisti in chiave antinazionale»; «ripartire […] dal tema delle disuguaglianze; non identificarsi più con l’establishment…». E «non si costruisce una realtà migliore se ci si sveglia ogni mattina convinti che l’altra metà del paese è indegna, ci ripugna, ci ispira ribrezzo». Ma c’è qualcuno che crede che cambieranno questa mentalità?
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIV, n. 164, agosto 2019)
A mio parere questa è la naturale deriva della sinistra, non puo fare altro che riprendere e riproporre vecchi slogan e ricette del marxismo gia testate e fallite: Corbin è un riciclatore di politiche fallimentari basate su marxismo spinto, Sanders con i suoi seguaci propongono in USA politiche stataliste, aumento delle tasse per sostenere la gia fallita “sanita per tutti”, e un immigrazione incontrollata e selvaggia, censura a fin di bene, islamofilia e antisemitismo, ect, ect come fa il povero Rampini a fornire idee nuove, vediamo cosa partorirà la costituente delle idee…