I profitti miliardari dei tycoon del Gafam & C. sono la dimostrazione che alla fine una certa cultura trasgressiva e “creativa” californiana ha prevalso. Ed essa è tra i fattori centrali del politicamente corretto
Si contano sulla punta delle dita i movimenti e le rivolte politiche che hanno lasciato un segno duraturo nella Storia. Ancor meno sono quelle che a distanza di qualche decennio dal loro svolgimento possano definirsi vincenti. Fino all’inizio del terzo millennio non vi era alcun dubbio che il Sessantotto fosse stato seppellito come una di quelle tante ribellioni fallite, della sottocategoria utopistico-palingenetica. Oggi, col trionfo, tra l’altro, del globalismo e dell’ideologia totalitaria del politicamente corretto, possiamo ricrederci.
Scindiamo gli aspetti politico-rivoluzionari da quelli culturali e di costume del Sessantotto. I primi, legati al marxismo-leninismo e alla comprensibile lotta di classe, travolti anche dal crollo dei regimi comunisti e dal disvelamento del vero volto dei vari Mao Zedong e Pol Pot, hanno certamente conosciuto un logica eclisse, dalla quale si è salvato, almeno iconograficamente, Che Guevara. Invece, il versante culturale, di costume, più legato al materialismo individualista, alla trasgressione, e socialmente, in ultima analisi, alla borghesia narcisistica e edonista insoddisfatta piuttosto che alla classe dei lavoratori, non solo è sopravvissuto ed è in buona salute, ma, addirittura, costituisce una delle basi ideologiche delle nuove elite. Infatti, i perni dell’attuale ordine socioeconomico e politico sono neoliberismo e globalismo come ideologie economiche, distruzione degli stati-nazione (cessione completa della sovranità a poteri sovrannazionali poco trasparenti quali Onu, Unesco, Oms, Wto, Fmi, Bce, Ce, Ue, ecc.) come strategia politica e il politicamente corretto come dittatura culturale e massmediatica. Il tutto condiviso dalla destra capitalista, dal centrismo della politica, dalla sinistra sottomessa in quanto abbacinata dalla discriminazione positiva di certe minoranze, a danno dei lavoratori, e dall’estrema sinistra suo braccio violento.
Fuori dal conformismo restano sovranismi e populismi, di destra e di sinistra, tacciati di conservatorismo, di razzismo e, alternativamente, di fascismo/nazismo o comunismo, quindi messi a tacere. Quali sono i segmenti “ideali” passati direttamente dalla cultura sessantottina più “creativa”, psichedelica e fricchettona, alle elite dominanti e quindi veicolati in modo massiccio dai mass media e – aspetto ancora più decisivo – dalla pubblicità e dall’indirizzamento dei consumi, che sono quasi sempre lo specchio fedele dei bisogni e della cultura indotta dai poteri economici?
Ne elenchiamo qualcuno: il giovanilismo, la trasgressione, la libera sessualità (compresa quella omosessuale, ormai completamente sdoganata negli spot e nelle trasmissioni tv), il multiculturalismo e la multietnicità, il globalismo, la perpetua connessione in rete, lavoro compreso (sempre precario), l’eterno nomadismo (viaggio per diletto, per studio, per lavoro), l’ibridismo, la prevalenza della musica rock o rap, la frivolezza, una vita superficiale, leggera, priva di impegni e responsabilità famigliari e sociali, lo “sballo” (non lo si afferma pubblicamente per evitare conseguenze penali, ma è evidente che uso e abuso di alcool e droghe sono parte della martellante propaganda di tale costume). Al contrario, quando non apertamente stigmatizzati e contestati, sono quasi messi in ridicolo lo studio, la lettura dei libri, la riflessione critica, la famiglia eterosessuale con figli, il rispetto per le leggi e le autorità, il comunitarismo sociale, la partecipazione politica, la religione, l’identità locale e nazionale, ecc.
Probabilmente non stiamo scrivendo nulla di particolarmente nuovo o sorprendente. Quello che potrebbe risultare più singolare per il lettore è dove ritroviamo in modo impressionante tale travaso di cultura sessantottesca: non solo nell’ideologia culturale, ma persino nelle biografie dei tycoon della Silicon Valley presso San Francisco (California), dove sono poste le sedi aziendali di quei signori che, tramite l’informatica, la telematica, i social media, son diventati i più ricchi del mondo (come potere globale forse secondi solo ai grandi gruppi finanziari, che dragano, offrono e spostano enormi flussi di denaro da una multinazionale all’altra). Per designarli semplificando, si usa l’acronimo Gafam (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft), ma la sigla potrebbe estendersi con Adobe, Hewlett-Packard, Huawei, Intel, Linkedin, Netflix, PayPal, Tesla, Xerox e molte altre.
Come si sa, l’Università di Berkeley (1868), la più antica della California, è stata la sede di una rivolta studentesca (1964, ma protrattasi fino agli anni Settanta), che ha anticipato le modalità e le tematiche delle ribellioni di milioni di studenti estesesi in tutto il mondo occidentale e genericamente note come Sessantotto. Non solo. La California è stata il centro della cosiddetta controcultura, variamente aggettivata come psichedelica, beat, hippie, ecc. Tra i cardini ideologici di tale movimento culturale vi era il libero uso di droghe, l’esaltazione di una creatività senza limiti, il distanziamento dal vivere e dal sentire comuni, la musica sbattuta nelle orecchie 24 ore al giorno (solo apparentemente anticonformista e fuori dall’industria discografica delle major; vedi Musica giovanile: poca ribellione, molto business conformista), il nomadismo (andare in giro per il mondo senza alcuna meta), l’esaltazione acritica delle altre culture purché non occidentali, la realtà virtuale, la visionarietà, il femminismo sessista, la sessualità estrema (leggi Sesso estremo. Pratiche senza limiti nell’epoca cyber e Sesso estremo II. Nuove pratiche di liberazione, del cosiddetto Rev. William Cooper, editi in Italia da Castelvecchi).
Come si vede, si tratta più o meno degli stessi segmenti culturali che abbiamo elencato poco sopra. E che rappresentano la koinè dei padroni del web, che diffondono tale cultura all’interno del pensiero unico del politically correct. D’altra parte, nel suo libro Come cambiare la tua mente (Adelphi) il giornalista statunitense Michael Pollan ricorda che Steve Jobs affermava spesso che «i suoi esperimenti con l’Lsd erano stati una delle due o tre esperienze più importanti della sua vita. [E anche] Bill Gates ha detto di aver provato l’Lsd». E, al di là del fatto che la rivoluzione digitale si sia sviluppata negli stessi luoghi in cui nacque la cultura psichedelica, il saggista Mario Arturo Iannacone, autore di Rivoluzione psichedelica. La Cia, gli hippies, gli psichiatri e la rivoluzione culturale degli anni Sessanta (Edizioni Ares), trova che le infinite possibilità del digitale abbiano creato una sorta di “superamento dei limiti”, l’“entrata in connessione totale con gli altri”, una realtà allucinatoria e virtuale simile a quella causata dalle droghe, per non parlare della dipendenze dei nomofobi e degli hikikomori, vere e proprie patologie e disturbi nevrotici, se non psichiatrici, assimilabili alle tossicodipendenze.
In conclusione, l’ideologia della Rete e la sua cultura diffusa attraverso di essa, in un circolo vizioso perfetto, è una sorridente, giovanilistica, apparentemente benevola dittatura ideologica ma anche psicologica, fondata sulle idee ribellistiche e utopistiche di certo sessantottismo borghese, soprattutto di area statunitense. Un’affermazione dell’ideologia e della cultura a scapito della realtà e del buonsenso. Ecco perché possiamo affermare che, per molti versi, il Sessantotto oggi ha vinto. E i risultati, come spesso accade per le utopie, prospettano un mondo da incubo… Che, d’altra parte, anche altri “vecchi” esponenti del “contropotere” di un tempo esaltano [basti vedere l’adesione totale alla società globalizzata e postumana di Toni Negri nelle sue celebri pubblicazioni Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione (2000) e Moltitudine. Guerra e democrazia nel nuovo ordine imperiale(2004), scritti con Michael Hardt, editi in Italia da Rizzoli], immaginando l’universalismo cosmopolita di un visionario e pazzoide biopotere…
Le immagini: oltre alle copertine dei libri, a uso gratuito da pixabay.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 178, ottobre 2020)