I traumi dell’assassino e la sua psicanalista in “Repetita”, romanzo Perdisa di Marilù Oliva
«La frase repetita iuvant è un grave insulto per le vittime della Storia. Dall’era delle antiche civiltà fino a oggi, l’umanità ha contrassegnato le sue impronte dalla ripetitività dei misfatti, delle bassezze, delle sopraffazioni. L’umanità ha cronicizzato la sua abilità nel dimostrarsi sempre, banalmente, quasi artificiosamente ripetitiva. Per questo ritengo che sia doveroso cancellare il verbo iuvant dalla frase latina e cristallizzare la parola repetita a simbolo della Storia. La Storia è un ossimoro malcelato. Oggi come dalla notte dei tempi. Stesse cancrene di potere, stesse perversioni, stessi templi. Ancora imbrogli, sangue, all’orizzonte l’allucinazione di un’eternità che fluttua in promesse visionarie. I millenni che scivolano ripidi lungo calanchi infecondi, il tempo che passa, le prevaricazioni che si perpetuano. Il susseguirsi frenetico di avvenimenti, diversi e pure ripetitivi: guerre, genocidi, crisi e riprese economiche che rispondono a capricci ciclici, attentati, inganni. L’incapacità di imparare, di fermare lo sguardo sul passato e restarne folgorati. Tra le bassezze, ogni tanto si rievoca timidamente qualche nobile esempio così isolato in mezzo a tanta merda ripetuta da essere cestinato alla memoria».
La Storia come macelleria senza senso
La lunga citazione riportata non appartiene a uno storico o a un luciferino pensatore come Emile Cioran, ma al protagonista di un thriller, anzi, per esser da subito chiari – visto che il romanzo è in prima persona e sappiamo molto presto da lui stesso la verità –, a un killer seriale, a un lucido psicopatico.
Il suo nome è Lorenzo Ceré, vive a Bologna, ed è appunto il protagonista-io narrante del fresco di stampa Repetita (Alberto Perdisa Editore, pp. 192, € 14,00) di Marilù Oliva, il cui titolo viene appunto spiegato nel brano riportato. La Storia (verrebbe da dire «l’Historia» di manzoniana memoria) è quindi un sadico susseguirsi di orrori, di ingiustizie, di malvagità, di omicidi, di violenze ripetute, senza che alcuna loro ripetizione possa giovare a chicchessia. Un’enorme macelleria, un perpetuo massacro di vite, esistenze, psicologie umane. Allo stesso modo in 1984 di George Orwell il personaggio di O’Brien, complice del regime del Grande Fratello, al povero Winston Smith, ormai nelle sue mani, rivela:
«Immagina uno stivale che calpesta un volto umano… per sempre. […] E ricordati che ciò sarà per sempre. Il volto umano si troverà sempre lì, per essere calpestato. L’eretico, che è il nemico della società, si troverà sempre lì, in modo da poter essere sempre sconfitto e mortificato di nuovo». Non solo la Storia è una macchina macellatrice, ma si accanisce ancor di più su chi si oppone alla propria eterna legge.
Il ristabilimento dell’ordine scardinato
In effetti, il Lorenzo della Oliva è vittima non solo della Storia, come tutti, ma soprattutto di orrende violenze domestiche («un bambino di sei anni che sa di essere in balìa di qualcosa di incontrollabile»), anche se non di abusi sessuali, commesse su di lui dal patrigno, il disgustoso Mariano, mentre la madre appare una persona malata, debole, che passa le giornate tra sigarette e psicofarmaci.
Di questo inferno infantile e adolescenziale Lorenzo, dopo una precedente anoressia, si porta dietro terribili, incurabili, emicranie, una nevrosi coprofobica, rapporti sessuali occasionali ripetitivi e privi di affetto con l’altro sesso e… la passione per gli eventi storici (possiede «998 biografie» di celebri personaggi del passato):
«Di sacro oggi mi è rimasta solo la passione per la Storia. […] Mi porto addosso la crudeltà atavica che è stata del mio patrigno, di mio nonno, del mio bisnonno e, prima ancora, di tutti gli uomini che furono. E non è la crudeltà del peccato biblico ma qualcosa di molto più tangibile: la dipendenza dal male proprio di ogni epoca. Non c’è limite all’orrido umano, questo è il più proficuo insegnamento della Storia», sebbene egli stesso affermi pure che non riesce a spiegarsi «il motivo per cui continuo a studiare la Storia nonostante il senso di frustrazione che ne deriva».
La violenza chiama violenza e Lorenzo ritiene che vada ristabilito un ordine, vada compiuta una compensazione (viene citata la legge del contrappasso di Dante), una «purificazione»:
«Un amante della Storia, oltre a essere in cerca della verità, necessita di declamare per gli eventi una sua verità. Ogni omicidio, ogni violenza, ogni tortura risponde a un preciso piano di ristabilimento di un ordine sovvertito».
E per lui ristabilire l’ordine significa vendicarsi di coloro che lo offendono, che lo “violentano”.
Simpatia per il killer?
Dunque, non il solito serial killer che ammazza “a casaccio”, ma che colpisce essenzialmente persone sgradevoli, che gli hanno procurato sofferenze, umiliazioni. E Lorenzo non è arrogante, bensì consapevole della propria condizione patologica: «Non sono altro che la merda più merdosa di questa umanità. Ma sono una merda indignata. L’unica cosa che potrebbe distinguermi rispetto alla maggior parte della massa è la consapevolezza e la rabbia. La gente si adagia su cuscini di sopore, coperta da una coltre di accettazione e cecità. La gente dimentica. Sonnecchia coi tappi nelle orecchie e cammina con occhi bendati. La gente sbatte contro i muri e fa finta i niente. E la cosa più inquietante è che non perde la testa».
Gli altri, i “normali”, pertanto, non sono molto meglio. E il rancore verso l’odierna pratica medica, così invasiva e totalitaria, è probabilmente condiviso da molti:
«I medici. Questi robot in camice bianco cui tutti s’inchinano, questi sciamani della salute, grandi dispensatori di buoni propositi, la truffa a formato farmaco. È tutto un imbroglio: non c’è una soluzione per ogni male».
Così il lettore non sa per chi parteggiare, anzi, se deve scegliere, probabilmente preferisce Lorenzo, anche se i suoi omicidi sono particolarmente raccapriccianti (lo”splatter” è una caratteristica del libro).
A compiacere ulteriormente il lettore un po’ “intellettuale” si aggiunge il fatto che la stampa identifica il serial killer come «il Valentino» (Cesare Borgia), che gli assassinii del protagonista non sono “casuali”, ma riprendono delitti “storici”, quali quelli di Bonifacio VIII, Lucrezia Borgia, Cleopatra, Concino Concini, e vengono commessi in amene località del Bolognese (Monghidoro, Sasso Marconi, Mezzolara, Vado).
La psicanalista Marcella
Fin dall’inizio della narrazione compare una figura fondamentale nell’economia del libro: la psicanalista Marcella Malaspina, che cerca di curare Lorenzo con adeguate sedute psicoterapeutiche. Tra i due si instaura un rapporto psicologico sempre più stretto e una sorta di gioco a rimpiattino per cui “il paziente” resiste ai tentativi della dottoressa di penetrare nel suo inconscio. Perciò si arriva a uno schema narrativo in cui si alternano ricordi e riflessioni, omicidi seriali e sedute e incontri con la psicanalista.
La Oliva mostra di aver compiuto, in preparazione del libro, studi approfonditi sulle terapie psicanalitiche, nonché sui profili di vari serial killer: lo scavo psicologico, la precisione nell’analisi del profondo, delle varie forme nevrotiche e psicotiche, è davvero accurato. Non riveliamo, ovviamente, quali saranno i risultati del rapporto terapeutico Lorenzo-Marcella, che, a un certo punto, diventa il fulcro del romanzo.
Un fato inesorabile
Romanzo che è comunque costantemente colorato dai tenebrosi colori della solitudine, dell’alienazione, del disagio, della sofferenza psicosomatica, della follia. Repetita, pertanto, in ultima analisi, si configura come una vicenda costituita da risvolti d’ombre maligne e annientanti, da un impasto di male irredimibile – collettivo, famigliare, individuale –, da spaesamenti ossificati e dalla esattezza e freddezza di un metallo, consumato, però, da antiche e taglianti ruggini di dolore, simboli di un destino e di un fato invincibili. Infatti, nonostante i buoni propositi e le esaltazioni del protagonista, secondo il quale:
«La fantasia deviata della Storia non potrà mai essere eguagliata, ma quello che inseguo non è l’emulazione. Io conosco i precedenti e voglio superarli. Voglio vincere la follia, voglio imbrogliare la Storia».
L’amara conclusione è che:
«Non credo sia questione di scelta. La follia viene imposta».
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L’immagine: la copertina di Repetita.
Rino Tripodi
(LM EXTRA n. 19, 15 gennaio 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 49, gennaio 2010)