A chiusura dell’ultimo Pesaro film fest, il cortometraggio hard “Queen Kong” ha provocato un fermento insolito per una rassegna votata alla sobrietà
«È la mostra che volevamo» afferma Pedro Armocida, direttore artistico del Pesaro film fest. Mostra internazionale del nuovo cinema, che si è svolto dal 2 al 9 luglio scorso ed è giunto alla sua 52a edizione. Il programma, atto a soddisfare un po’ tutti i palati cinefili, ha riconfermato la propria identità di sperimentazione e ricerca. Tra le pellicole più originali, presentate tra le Proiezioni speciali, un commento a parte merita Queen Kong (trailer), il cortometraggio di Monica Stambrini, dissonante rispetto alle altre opere per appartenere al genere porno-erotico, ma anche il più originale per gli elementi di noir, fantasy, thriller, mistery, horror che contiene.
Quei diciannove minuti, pochi o troppi a seconda dei punti di vista, hanno scompaginato la tradizionale coerenza della rassegna, richiamando cinefili e curiosi alla proiezione dell’8 luglio, penultimo giorno del festival. Subito dopo è stato naturale chiedersi: perché un porno alla mostra di Pesaro? Esclusi i motivi di cassetta, poiché le proiezioni sono tutte gratuite, si può ipotizzare l’intenzione di movimentare un evento sobrio ed esclusivo con un prodotto insolito e controverso, a costo di rischiare lo stridore con altri contenuti in linea con il carattere distintivo dell’evento annuale. Dal canto suo, la regista, una delle autrici che hanno aderito al progetto Le ragazze del porno, si è dichiarata soddisfatta di questo esordio che, dopo il favore riscosso al The queens world film festival di New York, segna l’ingresso in Italia di un genere già esistente in diversi Paesi, come l’antologia di corti X femmes prodotta in Francia da Canal+. Aspirazione legittima, non c’è dubbio, che ha comunque turbato il sonno di don Giorgio Giorgetti, teologo e parroco di San Cassiano, che giudica il porno rappresentativo di un «vuoto culturale». Non è stato dunque il titolo allusivo al film King Kong ad allarmare la curia pesarese, ma la materia trattata dalla Stambrini.
La pellicola inizia con una scena di sesso incandescente tra un uomo e una donna in abiti eleganti, nel giardino di una villa dove è in corso una festa. Benché consenzienti, i due non giungono a concludere l’amplesso, forse per carente eccitazione maschile, forse per il cellulare che squilla ripetutamente o perché «forse sono troppo bella?», come suggerisce lei allontanandosi, delusa, verso un bosco da cui pare attratta. Il dubbio aleggia palpabile: lui (Luca Lionello), ossessionato dall’idea di rimuovere ogni indizio della propria impotenza, e incauto nell’ignorare alcuni sintomi allarmanti avvertiti durante il contatto fisico con la sensuale partner (Janina Rudenska), la rincorre nel buio, ebbro di desiderio e di cocciutaggine nel voler subito confermare la propria virilità. Per non guastare la suspense, si può solo rivelare, non senza perplessità, che la storia assumerà una connotazione di forte rivalsa femminile, dal momento che il malcapitato verrà poi usato, ridicolizzato e abbandonato.
Niente di divertente o liberatorio, come ha eccepito una spettatrice lamentando la centralità offerta al personaggio maschile, suscitando la reazione immediata della giovane pornostar Valentina Nappi, tra gli interpreti del corto: «Come si fa a dire una cosa del genere, se lui è completamente soggiogato da lei e terrorizzato dalla situazione?». Se quel sessoaggressivamente esplicito e primitivo ha una connotazione onirica, è lecito chiedersi di chi voglia rappresentare sogni o desideri. La messa in scena potrebbe infatti corrispondere più a un immaginario maschile che femminile. Non sarà che, oggigiorno, è accessibile solo un pensiero omologato per rappresentare una parvenza di parità di genere, la stessa di cui la Nappi reclama la conquista tramite la pratica della pornografia? Sarebbe interessante, se non opportuno, il dibattito con le sostenitrici del valore delle differenze tra il pensiero della donna e quello dell’uomo, auspicato dalle femministe anni Settanta come Luce Irigaray e Simone de Beauvoir, differenze che nell’opera della Stambrini appaiono invece sovrapponibili.
L’auspicio dell’estrosa e coraggiosa regista italiana, ammiratrice di Tinto Brass, non riguarda solo il successo del proprio film, ma anche il riconoscimento della “missione educativa” del progetto collettivo Le ragazze del porno. Considerato che la prassi del crowdfunding (vedi Crowdfunding, trovare fondi in tempo di crisi) consente di finanziare le attività più disparate, c’è la prospettiva di trovarsi, tra la distrazione generale, con programmi sperimentali che favoriscono la didattica della pornografia per il suo valore formativo e, a quel punto, ci si potrà chiedere se è questa l’educazione che volevamo.
Silvana Tabarroni
(LucidaMente, anno XI, n. 128, agosto 2016)