Le nuove testimonianze raccolte in “Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso” (Curiosando Editore) di Vincenzo Di Michele pongono l’accento sulle ambiguità della posizione assunta da Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio
Il 12 settembre 1943, appena quattro giorni dopo il catastrofico armistizio tra Italia e Alleati angloamericani, Benito Mussolini fu liberato dalla sua “prigionia” a Campo Imperatore, sul Gran Sasso, da un commando tedesco. Il Duce era stato arrestato subito dopo la “Notte del Gran Consiglio” del 25 luglio, ed era stato trasferito prima all’isola di Ponza (dal 27 luglio) e poi all’isola della Maddalena (dal 7 agosto), prima di giungere in Abruzzo (dal 27 agosto). La vicenda da sempre è contornata da dubbi e perplessità. Tra l’altro, nei primi anni Sessanta la rivista Storia illustrata evidenziò l’indebita presenza nell’albergo di Campo Imperatore di personaggi, come Alfonso Nisi, estranei al contesto, ma la rivelazione non ebbe seguito.
Grazie alle testimonianze inedite di pastori abruzzesi e di chi era presente nel settembre 1943 a Campo Imperatore, Vincenzo Di Michele, col suo libro Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso (Curiosando editore, pp. 244, € 12,00), apporta qualche ulteriore elemento al dibattito sulla vicenda. Tutti sapevano che in quei luoghi si trovava l’ex capo di stato italiano. Inoltre il Duce, data la blanda sorveglianza, faceva quello che voleva. Dunque, anche in questa circostanza, ambiguo fu il comportamento della Monarchia e del Governo Badoglio, che pare si fosse impegnato a consegnare il Duce agli Alleati, ma non lo fece. Tra i tanti, occorre citare almeno due fatti. Il tenente Alberto Faiola, comandante del nucleo di Carabinieri al Gran Sasso e responsabile della custodia di Mussolini, fu encomiato per la sua piena aderenza alle disposizioni impartite. All’incursione tedesca, dopo essere stato prelevato a Roma di forza dai tedeschi e trasportato con gli alianti a Campo Imperatore, partecipò Fernando Soleti, un generale italiano appartenente al Corpo di Polizia. La sua presenza agevolò la mancata resistenza degli agenti di guardia. Inoltre, pronti a filmare l’evento, erano presenti sulla scena vari cineoperatori, per cui la “liberazione” fu ripresa con meticolosità in ogni frangente.
Certamente l’evento trattato da Di Michele permise, secondo i piani di Adolf Hitler («Liberate il Duce»), la creazione della Repubblica di Salò, un ulteriore tentativo da parte della potenza nazista di rovesciare le sorti di una guerra ormai perduta. In tal modo, però, la guerra assunse comunque un altro corso, soprattutto per l’Italia. Uno svolgimento tragico, una guerra civile le cui vicende ci dilaniano ancora oggi.
Viviana Viviani
(LucidaMente, anno VII, n. 73, gennaio 2012)