Si può uscire da stereotipi sociali dannosi e da inutili nevrosi quotidiane seguendo le regole di un manuale edito da AlibertiFreestyle e reagendo con un semplice «non me ne importa»
Per vivere serenamente occorre distinguere situazioni e persone realmente importanti da altre effimere, che vanno semplicemente ignorate. Mettere in pratica un simile concetto può sembrare facile, ma non lo è affatto. In questo Carla Ferguson Barberini – un collettivo di professionisti della comunicazione operanti in più ambiti – ci viene in aiuto proponendoci il manuale Il metodo sticazzi (Edizioni AlibertiFreestyle, pp. 108, € 9,00).
L’opera, satirica e umoristica, conduce con divertimento il lettore a familiarizzare con una vera e propria filosofia di vita contenente svariati elementi psicopedagogici. Dapprima gli autori fanno un excursus sull’etimologia di un termine che richiama volgarità e situazioni differentemente interpretate secondo la zona geografica e che noi, qui, utilizziamo con finalità diverse dalla scurrilità. Quindi viene chiarito il senso insito nel libro: «non me ne importa nulla». Nel manuale viene ripetuto più volte, al fine di renderlo familiare al lettore. La «filosofia della via dello sticazzi», se coltivata e applicata quotidianamente alle singole realtà vissute, potrebbe infatti portare alla libertà. Libertà dalla frustrazione di non sentirsi in pace con se stessi; libertà dai pregiudizi altrui; libertà dal prendersi troppo sul serio, esigendo da noi stessi prestazioni alquanto stressanti. O, più semplicemente, libertà da nevrosi quotidiane quali il traffico o qualsiasi confronto sociale che arrechi un’irritazione inutile.
L’accettazione di se stessi, soprattutto quando si fallisce: questo è il principio su cui si basa il metodo sticazzi è. Escludendo situazioni realmente decisive per la vita nostra e altrui, la filosofia esposta nel libro risulta introiettata nel momento in cui ci liberiamo da modelli sociali preconfezionati, spesso addirittura dannosi. Gli autori, però, ne sconsigliano categoricamente l’applicazione a circostanze legate a denaro, inquinamento, illegalità, omissione di soccorso.
Nel manuale sono citati alcuni esempi di illustri “fancazzisti”: da Ponzio Pilato a Rossella O’Hara, passando per Caio Giulio Cesare; vi sono perfino Socrate, Dante Alighieri e Alessandro Manzoni, tanto per citarne alcuni. Quindi, tornando ai giorni nostri, si offrono al lettore alcune esemplificazioni pratiche di impiego del metodo sticazzi nel nostro quotidiano: nella vita di coppia, nei rapporti con i vicini di casa, al supermercato o nella lettura del giornale, in un dibattito culturale o con gli “spacconi”, in automobile o sui trasporti pubblici, in vacanza, nello sport. Vengono inoltre passati in rassegna gli “amici” del “metodo” ma anche gli stati d’animo e le situazioni a esso nemiche, come i sostenitori della questione di principio, l’invidia e la permalosità, le riviste femminili, il collega “Stakanov”, la madre apprensiva, il primo della classe, il vigile urbano. In ultimo, il lettore viene invitato a valutare il proprio grado di “fancazzismo” divertendosi a rispondere con obiettività a dieci domande e a leggere le relative risposte.
Le immagini: la copertina del manuale Il metodo sticazzi e una vignetta sul menefreghismo.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno XII, n. 136, aprile 2017)