In “Islam. Siamo in guerra”, edito da “il Giornale”, il noto polemista lancia l’allarme e spiega cosa sta avvenendo a un’Italia e a un’Europa ormai cieche e sorde di fronte a un pericolo che rischia di annientarle
Per chi, ancora una volta colpito dagli ultimi terribili atti di un infinito terrorismo islamico, volesse capire perché tali orrori continuano a ripetersi e seguiteranno a farlo sempre più, può tentare di trovare qualche risposta non conformista e buonisticamente rassicurante in Islam. Siamo in guerra (pp. 288, € 10,00) di Magdi Cristiano Allam. Il volume è stato edito da “il Giornale” circa un anno fa (settembre 2015) all’interno della collana «Biblioteca delle libertà».
Com’è noto, da anni il giornalista di origini egiziane e a lungo (per 56 anni) di religione musulmana, ora fieramente italiano e convertitosi al cattolicesimo, conduce una battaglia ideale, spesso solitaria e molto rischiosa, della quale abbiamo già parlato (vedi Quindici “pezzi” antislamici; Magdi Cristiano Allam, chiedi perdono!). Il suo obiettivo è tentare di fare aprire gli occhi al nostro Paese e all’Europa, resi ottusi e ciechi dall’ideologia predominante, che si può sintetizzare come quella legata al “globalismo” e al “politicamente corretto”, facendo riacquistare identità e dignità. I dieci capitoli che compongono Islam. Siamo in guerra si caratterizzano, come tutti i suoi ultimi scritti, per la passione unita però a lucide e inattaccabili argomentazioni. Beninteso, lo scrittore ribadisce più e più volte che occorre separare l’islam come religione (perniciosa) dai musulmani come persone (stimabilissime). Rispettare questi ultimi non significa legittimare però l’islam, né, d’altro canto, la condanna dell’islam deve condurre alla riprovazione dei musulmani.
Il primo obiettivo di Allam è la «dittatura del relativismo», secondo il quale culture, princìpi, valori, sono sullo stesso piano; quindi, non esiste neppure una verità. Ciò vale anche per le religioni, che finiscono per essere considerate, nel bene come nel male, tutte uguali. Nella versione prevalente, “buonista”, oltre a essere assimilabili, sono tutte “di pace” e i terroristi non sono mai islamici. Ne deriva che Allah è Dio, Maometto è pari a Gesù, ciò che è scritto nel Corano è simile ai contenuti del Vangelo, e così via. Tutto ciò, oltre che falso, comporta una perdita di identità della popolazione italiana, così come di quelle europee e occidentali in genere.
Non si tratta di un caso, ma di una ben studiata strategia della politica della “globalizzazione”, tendente a provocare il declino della nostra civiltà, fino a farla pervenire a una sorta di eutanasia, a tutto vantaggio dei “padroni del mondo” (multinazionali, potentati vari, cinesi, emiri e sceicchi, eurocrati, ecc.), che potranno spadroneggiare su un’umanità indistinguibile e miserabile, materialmente e spiritualmente, più di quanto già facciano. Guardiamo all’Italia: finanziarizzazione dell’economia e perdita della moneta nazionale, sottomissione all’Unione europea, povertà diffusa, tassi di natalità (1,3) tra i più bassi al mondo, crisi sociale e della famiglia, insicurezza e paura, emigrazione intellettuale, disfacimento della democrazia (basta osservare le percentuali di chi si reca alle urne elettorali e i governi imposti senza consenso popolare), discredito dello stato e delle istituzioni pubbliche, immigrazione disordinata e clandestina, Chiesa allo sbando, islamofilia. In tale contesto di debolezza e depressione si innestano, finanziate dall’estero, le reti di moschee, scuole coraniche, centri studi, enti assistenziali e finanziari islamici, centri di formazione di imam, siti religiosi per il proselitismo, macellerie e alimentari halal.
I fondi sovrani di Qatar, Emirati e Arabia saudita, dopo aver ridotto sul lastrico, assieme alla finanza internazionale e al mercato “globale”, intere economie e attività produttive, si appropriano di aziende, compagnie di bandiera, patrimoni immobiliari, fino ai club calcistici. Tutto, infine, si sostanzia negli sconvolgimenti demografici: gli immigrati musulmani, grazie anche ai ricongiungimenti familiari, hanno un tasso di natalità che va dal 4 al 5. Non importano le condizioni socioeconomiche dei genitori: per l’ideologia islamica non conta ogni singola persona, come per il pensiero cristiano occidentale, ma la comunità. Si calcoli quanti decenni occorreranno affinché essi soppiantino le nazionalità e le comunità precedenti. Una strategia perfetta, no? Del resto, l’homo islamicus, così come concepito dal Corano, è antropologicamente superiore e ha come fine ultimo di islamizzare l’intero pianeta: «è un’ideologia intrinsecamente razzista».
Allam si sofferma a lungo sugli inquietanti aspetti teologici e dottrinari della religione islamica, ignorati dagli occidentali, anche perché celati loro da un’informazione conformista e afflitta da sensi di colpa vetero colonialisti e imperialisti. Il saggista parte dal fatto che «Allah è “clemente e misericordioso” con i credenti, ossia solo con i musulmani, mentre è violento e vendicativo con i miscredenti, ossia tutti i non musulmani». Con preziosa dovizia di citazioni dottrinarie dei versetti delle sure (capitoli) del Corano e di notizie storiche tratte dagli stessi testi (hadis) riconosciuti dalle autorità religiose islamiche, il saggista sovverte quelli che son diventati luoghi comuni del multiculturalismo islamofilo e buonista. Innanzi tutto, gli Abramo, Gesù e Maria rappresentati nel libro di Maometto sarebbero presunti arabi che nulla hanno a che vedere con quelli dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ebraismo, cristianesimo e islamismo non sono le tre “Religioni del Libro”: nei primi due la parola divina è ispirata da Dio, ma trascritta da più uomini, cui viene lasciato il libero arbitrio, quindi è promessa di libertà; nel terzo la parola divina, dettata da dio, è scritta da un solo uomo ed è dispotica costrizione.
Gesù si è lasciato sacrificare sulla croce. Invece «la vita di Maometto è stata una lunga scia di sangue», scrive Allam, e ne riporta decine di esempi, come la battaglia di Badr del 624 o la battaglia del Fossato (627), allorquando il profeta «attaccò l’ultima tribù ebraica rimasta a Medina. Dopo un assedio di 25 giorni, si arresero. Alla fine furono uccisi tra i 600 e i 900 maschi adulti, mentre le donne e i bambini furono fatti schiavi». Oltre alla strage dei nemici, la parola di Allah e quella del suo profeta legittimano l’uccisione per omicidio, adulterio, apostasia («più di 400 versetti cornici istigano a commettere crimini e delitti contro la persona», afferma Allam, citando a propria volta Il Corano contro la Repubblica. I versetti incompatibili di Laurent Lagartempe).
Conseguentemente, l’islam si è diffuso attraverso la violenza, la sottomissione, l’inganno (contemplato e giustificato). Dunque non deve sorprendere che nei simboli delle organizzazioni islamiche siano presenti delle armi, almeno le spade, come persino nella bandiera dell’Arabia saudita. Ci si dimentica che Europa meridionale, Africa settentrionale e Vicino Oriente costituivano un’unità culturale e religiosa, rotta dall’invasione islamica (vedi Mediterraneo e “Medio Oriente”: chi li ha “invasi”?): «La storia dell’Europa coincide con la guerra di resistenza e di liberazione dei cristiani sulla sponda settentrionale del Mediterraneo» e le Crociate, peraltro un insuccesso militare, furono una timida, ambigua e tardiva reazione di fronte all’imperversare degli aggressori. Così, i cristiani d’Africa e d’Oriente son passati dal 98% delle origini del cristianesimo al 20% dopo l’arrivo e il dominio islamico, fino all’attuale 5%: spariranno entro al fine del secolo, nell’indifferenza, nell’omertà e nella codardia generali. Pochi sanno che «anche gran parte del mercato degli schiavi neri, destinati all’America, era nelle mani dei musulmani». Tuttavia, solo l’Occidente si sente in colpa per tale ignominia, mentre varie forme di schiavitù persistono ancora oggi nel mondo islamico.
Tornando all’epoca contemporanea, i paesi islamici non riconoscono neppure la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; ne hanno redatta (nel 1981 e nel 1990) una “islamica”, che inquadra tutto entro la cornice sharaitica, sicché ogni articolo risulta una contraddizione dell’enunciato iniziale con le dure limitazioni immediatamente successive. Nonostante tutto ciò, l’Unione europea e le classi dirigenti occidentali, strette tra paura e ignoranza, non solo erogano risorse e servizi prioritariamente agli immigrati, discriminando gli autoctoni, ma sono giustificazioniste nei confronti persino degli attuali crimini islamici (vedi Franco Cardini islamofilo), autocolpevolizzandosi, inventandosi lo psicoreato di islamofobia, rinunciando ai propri valori laici e di libertà e persino alla propria cultura.
Intanto, insieme a ogni modello di integrazione assimilazionista o multiculturalista, falliscono pure i servizi di sicurezza, e centinaia sono i cittadini europei di religione islamica che abbracciano la strada del terrorismo o del reclutamento presso l’Isis. Di pari passo va l’invasione di clandestini, spinta dalla presenza di scafisti senza scrupoli e dalla criminalità organizzata, dai regimi islamici interessati alla trasformazione dell’Europa in Eurabia, e dai gruppi terroristi, che intendono infiltrare loro aderenti. Soprattutto, è l’Italia che si fa autoinvadere, anche per gli interessi di associazioni e cooperative (vedi A chi i profughi? A noi!), inviando navi a raccogliere i migranti a poche miglia marine dalla costa libica e garantendo «a ciascun clandestino gratuitamente vitto, alloggio, spese personali, sanità, istruzione, sicurezza e tutela legale», mentre sono milioni gli italiani che sopravvivono sotto la soglia di povertà. E solo il 5% degli immigrati è profugo avente diritto d’asilo e qualifica di rifugiato in quanto proveniente da zone di guerra; in compenso, il 35% della popolazione carceraria è straniero e l’80% dei crimini commessi da extracomunitari in Italia è perpetrato da clandestini o irregolari.
Gli ultimi due capitoli del libro sono dedicati alla posizione della Chiesa cattolica “immigrazionista”, che Allam giudica di apertura suicida, e alle figure e vicende di Benedetto XVI – in particolare alle polemiche e minacce islamiche seguite alla sua celebre lectio magistralis tenuta il 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona – e di Francesco I. Ma, soprattutto, egli intende ripercorrere, con commozione, il proprio percorso interiore che la notte della Veglia pasquale del 22 marzo 2008 l’ha condotto prima a ricevere battesimo, cresima ed eucaristia dallo stesso papa Ratzinger, quindi, dopo soli cinque anni, il 25 marzo 2013, a uscire dalla Chiesa cattolica per la propria «totale dissociazione dalla sostanziale legittimazione dell’islam». A corredo, vengono pubblicate le varie lettere aperte pubblicate su il Giornale, via via indirizzate ai due papi e alla Chiesa. Così, giornalismo e pamphlet, saggio e autobiografia, si vengono a fondere in un libro “caldo” e appassionato.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 128, agosto 2016)
Altri articoli sui rischi dell’intolleranza islamica comparsi su LucidaMente: Il manuale di autodifesa di Magdi Cristiano Allam; Franco Cardini islamofilo; Terrorismo, islam e l’integrazione rifiutata; Islam senza diritti umani; Ma la Mogherini conosce la storia Europa-islam?; Mediterraneo e “Medio Oriente”: chi li ha “invasi”?; Islamismo: tutte le verità nascoste; Esistono i “musulmani moderati”? Lo dimostrino!; Quindici “pezzi” antislamici; Cara Oriana Fallaci… Lettera a un animo mai domo; Magdi Cristiano Allam, chiedi perdono!; Aleviti, islamici tolleranti (e perseguitati); Una tetra bandiera nera sventola in Medioriente; La persecuzione dei cristiani, oggi; Il Medioevo tra noi: ieri, oggi, sempre; Quelle imbarazzanti mutilazioni genitali femminili…; C’è la libertà di parlare di Maometto?; Contro lo sgozzamento lento degli animali da macello senza stordimento;