Il premier Draghi, il Pd e i loro alleati indossano l’elmetto militare, mentre la stragrande maggioranza dei cittadini è fortemente neutralista e pacifista. Così, tra sanzioni che danneggiano soprattutto il Belpaese, rischi bellici e con la catastrofe nucleare sullo sfondo, il potere rema contro i propri cittadini…
Il poliedrico, grande scrittore, ma politicamente e umanamente ambiguo Curzio Malaparte (all’anagrafe Curt Erich Suckert, Prato, 1898 – Roma, 1957), ebbe il vezzo di farsi chiamare l’Arcitaliano; certo per narcisismo, forse per amor patrio, anche se oggi noi lo traduciamo come simbolo di tutti i pregi e i difetti nazionali, tra i quali il camaleontismo. Così un altro scrittore toscano, Giordano Bruno Guerri, nel raccontare il personaggio, ha intitolato il proprio libro sul letterato pratese appunto L’arcitaliano. Vita di Curzio Malaparte (Bompiani, 1980).
Se pavoneggiarsi da “arcitaliano” può sembrare eccessivo, come definireste un Governo che fa di tutto per rendere la vita impossibile ai propri cittadini e per remare contro di loro? Potrebbe andar bene il termine antitaliano? Andiamo ai fatti. Son trascorsi due anni di emergenza nazionale pandemica, con risultati sanitari molto dubbi (leggi, tra gli altri, Epidemia Covid-19: tutto quello che non ci dicono; Manganello, olio di ricino e confino… Anzi, randellate, idranti, “vaccino” ed esclusione sociale; Autoritarismo pandemico; Stupidario Covid; Due anni senza libertà). Le conseguenze negative, invece, sono certe: la crisi economica, l’impoverimento delle famiglie, la chiusura di quasi cinquantamila bar e ristoranti, di migliaia di piccole aziende e partite Iva, nonché l’instaurazione di un clima sociale di sospetto e odio… A questo punto, visti i disastri precedenti, è da supporre che la nuova emergenza, quella bellica, scatenata dalla criminale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, verrà affrontata rispettando di più gli interessi nazionali. E, invece, cosa ti combina il presidente del Consiglio banchiere, tecnocrate e nominato dall’alto, Mario Draghi? Indossa l’elmetto e impone – pena la caduta del governo; insomma, come fosse la scelta più importante per l’esistenza e gli interessi italiani! – l’aumento delle spese militari al 2% del Pil di una nazione che soffre decenni di disoccupazione e crollo economico.
Quasi tutti i parlamentari, dopo essersi genuflessi all’invadente discorso del chiacchierato presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, tenuto lo scorso 22 marzo in videoconferenza alle Camere in seduta comune, approvano le successive dichiarazioni bellicose del presidente degli Stati uniti Joe Biden e di Draghi, che sovrespone l’Italia e la colloca in prima linea alle eventuali ritorsioni russe, comprese quelle estreme, nucleari. Tuttavia, lo spettacolo più penoso è offerto dalle sinistre (ma il Partito democratico-partito regime lo è?). Esse hanno dimenticato le proprie radici primigenie pacifiste e non interventiste, fornendo, come negli ultimi anni di pandemia, uno spettacolo rivoltante di intolleranza e pensiero oppressivo.
Intanto, la propaganda di regime (tv, “giornaloni”, mondo della cultura a pensiero unico) si è subito allineata alle posizioni estremiste Usa-Nato-Ue-Draghi-Pd (leggi Guerra in tivù, penne armate che sparano contro i pacifisti). Si sta ripetendo lo stesso copione visto nei due anni (e non sembrano finiti) di emergenza pandemica: intolleranza, disprezzo, criminalizzazione, linciaggio e derisione di chi, come nel caso del virus e dei vaccini, ha qualche dubbio o pone qualche domanda… È censurato persino l’indignato messaggio pacifista di papa Bergoglio, il che dimostra che puoi essere chiunque, ma, se non sei funzionale ai poteri forti, sei out. Dopo anni nei quali si è condannato non solo ogni nazionalismo, ma pure ogni patriottismo, criminalizzandolo e derubricandolo come “sovranismo” e “fascismo”, ora monta la retorica per interposta nazione del patriottismo e dei nuovi partigiani (quelli del battaglione Azov, di coloritura neonazista?). La viltà, come ha scritto Francesco Borgonovo, di «mandare a morire gli ucraini in nome di una libertà che non otterranno» (in LaVerità, 7 marzo 2022, p. 6), anche perché già non vivono in un regime davvero liberaldemocratico. Ma il patriottismo vale per gli altri, non per gli italiani stessi: vogliamo ricordare i fiumani, istriani e dalmati abbandonati alla pulizia etnica e all’esilio dopo la Seconda guerra mondiale?; o l’espulsione degli italiani dalla Libia nel 1970, con relativa confisca dei beni?; o gli innumerevoli misteri e stragi che si sono succedute sul nostro territorio durante la Prima Repubblica?
Ancora: ma dove sono le proteste degli studenti e dei giovani? Nell’epoca moderna essi sono sempre stati un movimento contestatario dei governi. In Italia, da quando i postcomunisti sono andati al potere, occupandolo completamente, anche senza mai un chiaro voto popolare, giovani e studenti egemonizzati devono scendere in piazza solo per i ridicoli venerdì della Thunberg e per presunte discriminazioni nei confronti di minoranze che si son fatte lobby. È come fossero stati lobotomizzati (avete notato che sono stati e sono i più ligi a mettersi la mascherina all’aperto, anche se da tempo non ve n’è più l’obbligo)?
Nonostante tutto questo, i sondaggi dimostrano che la stragrande maggioranza degli italiani non solo disapprova che il nostro Paese intervenga, ma addirittura anche che spedisca armi all’Ucraina o aumenti le spese militari. Intanto, paradossalmente, nulla è stato fatto per incrementare la qualità del nostro Sistema sanitario, come si era promesso in tempi di Covid (leggi qui, in questo stesso numero della nostra rivista). Ora, una delle credenze più diffuse è che i governi rispettino le opinioni dei propri cittadini e favoriscano i loro interessi o, almeno, di una buona parte di loro. Invece, da parecchio tempo, in Italia, e non solo, esistono esecutivi che “decretano” contro il proprio popolo, rispondendo solo agli interessi di cupole sovranazionali, finanziarie, big tech, big pharma, ecc. Infatti, è evidente che le sanzioni promulgate contro la Russia danneggino soprattutto gli italiani. Ha, difatti, scritto Carlo Cambi (Il risiko dei miliardi, in Panorama, 23 marzo 2022): «Se all’America non avere a disposizione il petrolio siberiano non comporta disagio alcuno, il peso delle sanzioni alla Russia è soprattutto a carico dell’Europa, e di Germania e Italia in particolare». In tempi appena trascorsi, prima dell’Ue, dei tre grandi poteri economici (risorse energetiche e materie prime, moneta, capacità produttiva) il nostro Paese non disponeva quasi del tutto del primo, ma gestiva il secondo e spopolava nel manifatturato. Oggi gli si è via via tolta la possibilità di operare strategicamente per ottenere accordi vantaggiosi (vedi Libia sottratta alla nostra tradizionale influenza e amicizia; ma, ancora prima, l’omicidio di Enrico Mattei) e di gestire la lira, sostituita dall’euro (2002). E, con l’ingresso della Cina nel Wto (2001), con lo scopo di renderla la maggiore sede di delocalizzazioni occidentali e produttrice di manufatti a basso costo, e le successive crisi economiche e la pandemia, si sono affossate la competitività sul mercato e le capacità produttive delle aziende tricolore.
Gli interessi economici italiani e di tantissimi imprenditori e società tricolori andavano tutti nella direzione del mantenimento dei buoni rapporti con la Russia e dei redditizi scambi commerciali. Tra l’altro, l’esecutivo ha accettato non solo l’assurdità di sequestrare lussuosi yacht di cittadini russi, ma di escludere pure i turisti, gli artisti e gli sportivi di quel Paese (l’espulsione delle squadre russe – peraltro composte anche da stranieri di altre nazionalità – dalle competizioni di ogni sport è orribile, visto lo spirito universale delle attività sportive). E di discriminare persino la cultura! Una barbarie… Di certo, secondo Draghi e la sua maggioranza governativa, non ricevere più risorse energetiche e altro dalla Russia e non esportarvi le nostre merci Gusto&Lusso renderà felici gli italiani, così come eventuali missili nucleari scagliati sulla penisola. Statisti del calibro di Alcide de Gasperi, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, non erano certo antiamericani o antiatlantisti, ma giocavano le proprie carte su più tavoli, avendo a cuore gli interessi italiani. Ma chi è oggi al potere nel nostro Paese di chi cura gli interessi?
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 196, aprile 2022)