Un messaggio libertario e la denuncia delle ingiustizie sociali nel nuovo album di Zucchero
A fine aprile è uscito Black Cat, il nuovo album del bluesman reggiano per antonomasia, Zucchero Fornaciari. LʼArtista, con la “A” maiuscola, che, nel proprio percorso musicale, ha segnato tappe importanti, ad esempio, esibendosi nel 1989 al Cremlino, primo artista dopo la caduta del muro di Berlino, o esordendo nel 2012 nella Cuba sotto embargo con un concertone per il quale ha ricevuto molti apprezzamenti. Non male per un concorrente arrivato penultimo al Festival di Sanremo 1982. Si potrebbe affermare che in quel periodo gli ultimi posti portarono fortuna e resero davvero vincitori.
Il nuovo album è nato dalla collaborazione con artisti quali: Don Was, Brendan O’ Brien e T Bone Burnett. Vi state chiedendo quale sia il suo genere? Semplice: il genere basato sulle emozioni. Formato al blues, che ha poi fuso con la musica soul, Zucchero compone canzoni che sono vera poesia, denotate da toni di malinconia, suoni di campane, atmosfere magiche che cullano i pensieri, lʼanima, portandoli allʼestasi, alla speranza, ai sogni. Non è un caso che nelle sue melodie afroamericane ci siano tracce di Giuseppe Verdi, radice musicale importante per il cantante, secondo il quale il musicista parmense può vivere in qualsiasi epoca e con qualsiasi autore. In Black Cat, però, il ritmo si fa più strong.
Come spiega lo stesso Zucchero, il gatto nero, «Black cat», per gli afroamericani è di buon auspicio e lui si sente proprio come un gatto libero e selvatico. Le sue canzoni denunciano le ingiustizie dominanti nellʼattuale società e, soprattutto, la perdita di valori; Partigiano reggiano e Streets of surrender (Sos) sono un chiaro esempio di tale accusa. I testi delle canzoni sono una sollecitazione alla lotta e in esse trapela la speranza di salvare ciò che ancora può essere salvato.
In tutto questo non cʼè alcuna presa di posizione politica. Si tratta di un disco anarchico: lʼunico schieramento è dalla parte del debole, della giustizia. Oggi Zucchero si ritrae appunto come un “partigiano reggiano”. È lui il partigiano che si fa portavoce di tutti gli altri e che reca in trionfo un grido ribelle di libertà e giustizia. In Partigiano reggiano rivendica quel passato in cui cʼerano le masse che reagivano, mentre oggi nessuno combatte più per ideali di giustizia e libertà. È questa la Bella ciao di oggi; e il fiore, simbolo di speranza, pace e rinascita, ne è il collegamento. Zucchero non poteva scegliere mezzo migliore per comunicare universalmente il suo messaggio.
Liliana Siniscalchi
(LucidaMente, anno XI, n. 126, giugno 2016)