Come il pubblico interagisce con il cinema e come sceglie di farlo tra le ipnosi e gli inganni della settima arte
Le scelte del consumatore sono quelle che generalmente permettono a un prodotto commerciale di rimanere sul mercato o essere scartato. Pur considerando la natura artistica del film, il pubblico cinematografico agisce con le stesse modalità. I dati degli incassi al box office italiano di inizio 2017 fino a oggi permettono di avere una chiara visione di cosa lo spettatore medio italiano richiede o vuole immaginare in questo specifico periodo. In “pole position” si trovano tre film di pura e consapevole finzione: La bella e la bestia, Alla ricerca di Dory e Animali fantastici e dove trovarli.
Nell’ultimo secolo il cinema ha rappresentato un cambiamento per la civiltà umana. È un’arte e un modo in comunicare nuovo e diverso da qualsiasi altro. Ponendosi in primo luogo come strumento di intersoggettività, esso diventa un mediatore tra creatore e spettatore, tra finzione o ricostruzione e realtà (vedi anche Il cinema è ancora “eversivo”?). «Astratto dalla vita, immerso nell’oscurità, cullato dai sogni, passivo e incosciente, il pubblico si mette alla mercé di un marchingegno meccanico e si risveglia solo quando si riaccendono le luci», così viene descritto lo spettatore nel libro Filmagogia. Nuovi orizzonti del sapere (Loretta Guerrini Verga – Angelo Papi, Utet Università, Novara, 2015). Egli è un testimone incosciente di un atto di finzione che sta per accadere; viene stordito da una sala buia e da una comoda poltrona per essere trasportato proprio nella direzione prevista dal regista.
In realtà, la vita dello spettatore può essere difficile. Può capitare che egli venga ingannato da una bella locandina, entri in sala e si renda conto che quello che sta vedendo è un film che nulla ha a che vedere con quello che aveva immaginato. Potrebbe accadere anche esattamente il contrario: il film che sta vedendo non ha in serbo sorprese, scorre esattamente come nei suoi pensieri e, a lungo andare, diviene noioso.
Uno spettatore si troverà quindi a selezionare accuratamente quale film vorrà vedere e quale scartare. Andrà poi avanti ed entrerà in sala con delle aspettative sperando che queste vengano soddisfatte. Nei primi minuti della visione sceglierà probabilmente di fidarsi e smetterà di pensare ai soldi del biglietto, ai popcorn nella scatola che ha in mano o al bambino che urlava nel corridoio perché, probabilmente, aveva voglia di caramelle. Cederà all’ipnosi della proiezione e comincerà a valutare la situazione che gli viene proposta. Nella maggior parte dei casi si creerà empatia tra lui e il protagonista e attiverà la sua sensibilità al fine di riuscire a capire cosa un’altra persona, un personaggio mistico chiamato regista, ha voluto raccontargli. Cercherà degli aspetti della propria vita tra quelli dei personaggi e, a livello fisico, rilasserà i muscoli e comincerà a osservare i movimenti dei soggetti sullo schermo simulandoli nella sua mente attraverso i suoi neuroni specchio.
Deciderà comunque quanta attenzione prestare alla proiezione e quanta riservarne agli amici seduti nei posti vicini. Sceglierà se cogliere i riferimenti culturali che potranno presentarsi durante la visione e quindi deciderà egli stesso se vedere semplicemente il film in quanto potrebbe rappresentare un’occasione di svago, o fruirne come opera d’arte.
Le reazioni di uno spettatore dinanzi a un’opera cinematografica possono essere molteplici. I gradi di attenzione e sensibilità sono dei fattori che senza dubbio devono essere presi in considerazione in un’analisi puramente incentrata su un individuo. Quel che viene alla luce rispetto a studi riguardanti quest’aspetto è il carattere paradossalmente individuale dell’esperienza cinematografica. Il cinema come luogo di spettacolo è rappresentato da una sala con una moltitudine di poltrone in cui più persone s’incontrano e condividono un’esperienza comune ma, al momento in cui le luci si spengono, ognuno è solo con i propri pensieri e le proprie considerazioni, pronto per affrontare una nuova avventura.
Sarah Corsi
(LucidaMente, anno XII, n. 140, agosto 2017)