Una notifica equivale fisiologicamente a mangiare una zolletta di zucchero: la scienza spiega così la dipendenza da smartphone
Recenti statistiche dimostrano la tendenza delle persone a usare il telefono in maniera quasi continuativa durante le 24 ore (sì, anche di notte). In Italia, i più giovani sono connessi 10 ore al giorno, in prevalenza dal proprio smartphone. Un saggio del 2017 dell’endocrinologo Robert H. Lustig, The hacking of the American mind, mette in rapporto questa dipendenza (nomofobia) con piacere e felicità.
Lustig ha studiato il comportamento fisiologico del nostro cervello. Una notifica di Facebook stimolerebbe la produzione di dopamina – un neurotrasmettitore che rilascia una sensazione di piacere ‒ quanto una zolletta di zucchero (vedi anche Stefano Montefiore, Serotonina contro dopamina cioè la sfida tra felicità e piacere, «la Lettura», n. 324, 2018, p. 11). È un tipo di piacere, secondo Lustig, in forma di «ricompensa immediata», che crea soddisfazione e appagamento istantaneo, a livello fisico e poi psicologico. È lo stesso principio che regola la dipendenza dalle droghe tradizionali. Il medico oppone alla dopamina la serotonina, detto ormone della felicità, intesa come senso di appagamento a lungo termine. Questo tipo di soddisfazione è il compimento di un percorso, e i suoi effetti benefici permangono più a lungo, come accade nel rilassamento dopo due intense ore di yoga.
Viviamo in un momento storico in cui fare progetti a lungo termine appare difficile (basti pensare ai contratti di lavoro). Si scatena allora il desiderio di raggiungere un piacere immediato. Il controllo delle notifiche sarebbe il termometro della soddisfazione e del successo istantanei, il cui indice sono i likes: per questo si tende a spulciare il telefono molto spesso. Ogni vibrazione scatena la dopamina e una sensazione di benessere. Anche se lo smartphone sembra appagare, il piacere è però effimero. La dopamina si disperde, l’effetto si esaurisce. Serve un’altra dose.
La ricerca del godimento non è di per sé una cosa negativa, tuttavia, perseguendo esclusivamente questo obiettivo, si perde la capacità di costruire la propria felicità. Infatti, serotonina e dopamina devono lavorare insieme per garantire un autentico benessere dell’organismo. Inoltre, lo smartphone è mezzo di accesso ai contenuti dei social network, che mostrano una società virtuale e falsata, passata attraverso il filtro bellezza (ne ha parlato recentemente anche Annamaria Testa in L’ossessione per la felicità ci rende infelici). La felicità è sicuramente una meta che si raggiunge con sforzi: la costruzione del nostro essere, nel mondo – non su una piattaforma virtuale. Molti sembrano perderla di vista, scambiandola con la soddisfazione di un like. Che arriva sempre, ma non basta mai.
Roberta Antonaci
(LucidaMente, anno XIII, n. 148, aprile 2018)