Nello scritto “Di guerra in guerra” (Raffaello Cortina Editore), Edgar Morin rievoca i principali scontri militari dell’ultimo ottantennio e avanza alcune sagge proposte per risolvere il conflitto tra Mosca e Kiev
È passato poco più di un anno dal 24 febbraio 2022, data fatidica nella quale le truppe russe hanno brutalmente invaso l’Ucraina, scatenando nell’Est europeo un tremendo conflitto dagli esiti ancora imprevedibili. Nel giro di pochi mesi la “guerra di movimento” è diventata “guerra di posizione”, lasciando presagire che la contesa armata durerà a lungo e potrebbe anche degenerare in uno scontro militare di proporzioni più vaste (vedi Le riflessioni di Noam Chomsky sul conflitto russo-ucraino e i rischi di una guerra mondiale).
L’arduo bilancio delle vittime della Guerra russo-ucraina
È arduo stabilire il numero reale delle vittime della Guerra russo-ucraina, a causa della reticenza dei due belligeranti e delle false notizie messe in circolazione. Mancano i dati ufficiali sui civili e sui militari ucraini deceduti, mentre Mosca ha ammesso di aver perso poco più di 12 mila uomini. Lo Stato maggiore ucraino, invece, ha quantificato in oltre 132 mila i soldati nemici uccisi e addirittura il segretario di stato americano Antony Blinken è giunto a parlare di 200 mila russi morti!
Stime più obiettive – fornite dalla Bbc e dal sito indipendente Mediazona – fanno ritenere che la Russia abbia finora perso circa 26 mila soldati, mentre sarebbero circa 157 mila i militari ucraini uccisi nei combattimenti (vedi Continua il balletto delle cifre intorno alle perdite russe e ucraine). Tre mesi fa Ursula von der Leyen – in un video postato su Twitter – ha ingenuamente ammesso che gli ucraini avrebbero perduto «oltre 20 mila civili e più di 100 mila militari», ma il governo di Kiev ha contestato le cifre fornite, facendo in modo che fosse rimosso dal video ogni riferimento alle proprie vittime (vedi Gianandrea Gaian, La gaffe di Ursula von der Leyen che rivela le perdite ucraine).
Il recente libro di Morin
Una riflessione significativa sul conflitto in corso è contenuta nel saggio Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa (Raffaello Cortina Editore, p. 108, € 12,00), scritto dal filosofo e sociologo Edgar Morin. L’intellettuale francese ultracentenario (è nato, infatti, nel 1921) è conosciuto soprattutto per aver elaborato il «pensiero della complessità». Esso mira a comporre il dissidio tra cultura umanistica e scientifica, riformare l’educazione e costruire una nuova weltanschauung ecologista e olistica (vedi Maria Sole Sanasi d’Arpe, Edgar Morin. 100 anni del pensiero della complessità). Lo studioso dichiara espressamente di aver scritto il suo nuovo libro «affinché ottant’anni di storia possano servirci a comprendere l’urgenza di lavorare per la pace ed evitare la peggiore tragedia di una nuova guerra mondiale».
I crimini nella Seconda guerra mondiale e non solo
L’invasione dell’Ucraina ha suscitato in Morin il doloroso ricordo della Seconda guerra mondiale, alla quale prese parte combattendo nelle fila della resistenza francese contro gli oppressori tedeschi. Egli evidenzia l’agghiacciante similitudine esistente tra i crimini di guerra compiuti nel conflitto odierno (soprattutto dai russi, ma anche dagli ucraini) e quelli «perpetrati dalla Germania nazista nei confronti degli ebrei, degli zingari e delle popolazioni civili».
Tuttavia, vengono da lui rievocati anche alcuni eccidi commessi dai sovietici e dagli anglo-franco-americani, a riprova che nessun esercito fu esente da colpe: il massacro di migliaia di prigionieri polacchi, trucidati nel 1941 a Katyn dall’Armata rossa; i massicci bombardamenti aerei degli Alleati che rasero al suolo Dresda e Pforzheim nel febbraio 1945; la dura repressione francese a Sétif della prima protesta indipendentista algerina nel maggio 1945; le bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto dello stesso anno.
Nel saggio sono tratteggiati, inoltre, gli altri principali scontri militari degli ultimi ottant’anni, in particolare quelli che – insieme alla Seconda guerra mondiale – hanno maggiormente turbato il pensatore francese: il Conflitto israelo-palestinese, la Guerra d’Algeria e la Guerra di Jugoslavia.
L’«isteria di guerra» e la radicalizzazione dei conflitti
La caratteristica comune di tutti gli scontri armati è l’insorgenza di una nevrosi di massa definita dall’autore come «isteria di guerra». Essa è indotta soprattutto dalla propaganda militare che fa breccia nell’animo e nella mente della gente, «fornendo solo i punti di vista […] della propria parte e facendo totalmente ignorare il punto di vista del nemico». Un altro fattore che inasprisce la violenza bellica è la radicalizzazione delle parti in lotta, spinte dall’odio a scatenare «il peggio delle atrocità di guerra» e a indirizzare i conflitti verso «gli esiti più tragici».
Morin teme che presto si radicalizzi anche il contrasto armato tra russi e ucraini, «le cui conseguenze planetarie, già considerevoli, possono diventare enormi, se non degenerare in una nuova guerra mondiale». Questo sanguinoso scontro militare, infatti, ha già accresciuto il numero di persone che rischiano la carestia alimentare (345 milioni) e ha aggravato i drammatici problemi che attanagliano il pianeta, in particolare «la crisi ecologica, la crisi economica, la crisi delle civiltà, la crisi del pensiero».
Le responsabilità della guerra e le proposte di pace
L’ambizione imperiale di Vladimir Putin costituisce – secondo Morin – la principale causa della guerra in corso, che tuttavia è stata provocata anche dall’arroganza degli Stati uniti. Gli Usa, infatti, hanno disatteso gli impegni di pace a suo tempo presi con Michail Gorbačëv, allargando la Nato verso l’Europa orientale. La costruzione di basi militari americane in Alaska e nell’Artico (vedi Leonardo Parigi, Le basi militari nell’Artico) ha poi prodotto una sorta di “accerchiamento” «sentito dalle autorità russe come una minaccia».
Se Mosca considera lo stato ucraino come «un’acquisizione capitale e nello stesso tempo uno scudo», Washington aspira a mantenerlo nella propria sfera egemonica, perché il suo controllo significa «un’importante influenza nel fianco stesso del suo avversario». L’Ucraina, pertanto, è diventata «la posta in gioco di due volontà imperiali». Il governo russo, da un lato, «vuole salvaguardare il proprio dominio sul mondo slavo»; quello statunitense, dall’altro, «mira a integrare l’Ucraina nell’Occidente e a togliere alla Russia il titolo di superpotenza mondiale», eliminando così «uno degli ostacoli al mantenimento della propria egemonia planetaria».
Per una pace possibile
Nell’ultima parte del suo illuminante scritto l’autore avanza alcune sagge proposte per far cessare la Guerra russo-ucraina. Le possiamo così riassumere: 1) il governo russo dovrebbe riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina «o con uno statuto di neutralità o con la sua integrazione nell’Unione europea»; 2) la sorte della regione separatista del Donbass dovrebbe essere affidata a «un referendum sotto controllo internazionale»; 3) le ingenti materie prime presenti in Donbass dovrebbero essere cogestite da «un condominio russo-ucraino»; 4) quanto alla Crimea, «la logica vorrebbe che tornasse alla Russia»; 5) le devastazioni subite dall’Ucraina «dovrebbero essere risarcite con un aiuto internazionale che comprenda la Russia».
L’isteria bellica che sconvolge i contendenti, tuttavia, rende difficile l’avvio di seri negoziati di pace. Riteniamo, dunque, che la guerra si concluderà solo con la vittoria militare di uno dei belligeranti oppure col tracollo dell’economia russa e/o ucraina, sempre che nel frattempo non avvenga un’escalation del conflitto con conseguenze catastrofiche.
Le immagini: la cartina dell’Ucraina (fonte: https://it.wikipedia.org); la copertina del libro Di guerra in guerra.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 207, marzo 2023)