L’inferno dei lager nazisti rivissuto attraverso i racconti fatti dal nonno al nipotino, divenuto, da grande, autore del libro
Il bambino delle capre (pp. 212, € 14,99) di Thomas Zettera è un’emozionante narrazione tratta da una vicenda realmente accaduta durante il secondo conflitto mondiale, in particolare in un campo di concentramento tedesco dove il protagonista, che era il nonno dell’autore, ha trascorso un anno della propria vita tra indicibili sofferenze, riuscendo a sopravvivere.
La storia di Osvaldo
Il romanzo è dedicato alla memoria di Osvaldo, questo grande uomo che ha attraversato l’inferno, e i cui sconvolgenti racconti hanno spinto Zettera a volerli condividere con il mondo, perché sono un fulgido esempio di coraggio e di altruismo. Dalla Prefazione all’opera di Laura Lattanzi, scrittrice e pittrice: «Solo un autentico scrittore sa “tessere” una trama così coinvolgente, realistica, intessuta di colpi di scena e capace di sollecitare intensamente l’animo del lettore, evocando emozioni profonde e intense. È quello che è accaduto a me nel leggere il testo ed è quello che accadrà, ne sono certa, a tutti coloro che avranno il privilegio di “entrare” con tutti i sensi risvegliati, in un passato del quale, per fortuna, si può solo dire: “non è più”». Nel romanzo è nonno Osvaldo a raccontare la sua drammatica esperienza a un piccolo Thomas di sette anni: gli narra di quando, da bambino, pascolava le capre e di come, una volta diventato più grande, si godeva la tranquillità del suo piccolo villaggio di boscaioli, dove gli echi della guerra erano lontanissimi.
L’inferno del lager
Tutto cambia drasticamente quando Osvaldo si prende cura di un ragazzo ferito mai visto prima, che poi si rivela essere un partigiano; ben presto il protagonista e i suoi più cari amici conoscono il gruppo di rivoluzionari di cui fa parte il giovane, e cominciano a rendersi conto di quali orrori stiano accadendo fuori dal loro ovattato e sicuro microcosmo. Quando le SS, sulle tracce dei ribelli, arrivano nel paese di Osvaldo, riescono a catturare i partigiani e anche coloro che li hanno aiutati, tra cui il protagonista e il suo più caro amico e cugino, Alvaro. È l’inizio di un incubo: deportati in Germania e confinati in un duro campo di prigionia, sono privati della loro dignità e perfino i loro nomi vengono cancellati; ormai sono solo un numero, e la loro vita vale meno di zero. Osvaldo racconta al nipote del suo anno all’inferno colpendo il lettore profondamente, soprattutto quando narra dei commoventi atti di generosità che gli hanno impedito di arrendersi, e che gli hanno salvato la vita.
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Emilio Lonardo
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 207, marzo 2023)