I guasti della “finanza creativa” costringono a prospettare un nuovo modo di affrontare la vita quotidiana, giorno per giorno. Forse più solidale
Il nostro unico dovere era lasciare il mondo come lo avevamo trovato: invece, dopo aver speso tutte le risorse disponibili, abbiamo continuato a spendere ciò che non c’era più, facendo debiti con le generazioni future e con l’equilibrio delle risorse del pianeta. Per inventare nuovi plus abbiamo frullato l’economia fino a farle produrre finanza molte più volte dei suoi valori di base e abbiamo venduto a noi stessi carta senza valore, come fosse oro pregiato.
Tutto questo, però, non è avvenuto per caso. La finanza è diventata creativa poiché i furbi si volevano arricchire subito: la domanda ha generato un mondo che ancora vive sopra di essa. I deficit degli stati sono cresciuti per distribuire una ricchezza che non era più prodotta: ciò nonostante, si voleva spendere e si è creato un equilibrio di benessere, di cui abbiamo fruito tutti, molto superiore alle reali possibilità dell’economia sottostante.
La centralizzata economia marxista è fallita e quella capitalista, da sola, non può autoregolarsi, anzi consente la finanza creativa, che genera debiti a fronte di niente, come avviene con i derivati, valori innalzati a potenza solo virtualmente, ma che, avendo generato soldi veri, dovranno a scadenza essere ripagati da qualcuno. Nel macro, sistemi economici più complessi, sussidiarietà, cooperazione, regolazione del peso dei sistemi di rating potranno affiancare l’economia di mercato ed esserne, nel futuro prossimo, i punti chiave. Nel micro, i problemi che ciascuno di noi ha contribuito a creare, con le rendite finanziarie, con le rivalutazioni degli immobili, con la micro (o con la macro) evasione, ciascuno di noi deve contribuire a risolvere: smettendo di creare ancora questi problemi e cercando di riparare, compensare e, comunque, assorbire sia le perdite generate dalle valutazioni dimostratesi errate che gli squilibri che si sono venuti a creare.
Affronteremo la nuova vita – perché di questo si tratta – facendo come si potrà, finalmente aiutandoci un po’ di più l’un l’altro e pretendendo, da coloro ai quali deleghiamo la gestione del bene comune, che assolvano, al meglio, il loro mandato. Abbiamo, però, dei punti deboli che, anche individualmente, possiamo contribuire a migliorare subito: le nuove povertà, le famiglie dell’ex ceto medio, che dalla metà di ogni mese vanno a mangiare alle mense della Caritas e chiedono aiuto per pagare le bollette. Non facciamo sterili discussioni anche su questo: aiutiamoli e basta.
Le immagini: fotografia delle serie Memoria di Giovanni Guadagnoli (www.giovanniguadagnoli.it), per gentile concessione dell’artista.
Giorgio Susmel
(LucidaMente, anno VII, n. 73, gennaio 2012)
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