Dal sostegno alle scuole private alla difesa dell’embrione, dalla parvenza di umiltà alle scelte centraliste: finora niente di nuovo si è visto nel pontificato di Jorge Mario Bergoglio
All’inizio del suo pontificato papa Francesco, essendo estraneo alla vita sociopolitica europea e italiana, dava a intendere che non sapesse nemmeno se a Roma ci fossero o meno i semafori con l’omino rosso e verde («posso attraversare?», si sarà chiesto dubbioso). Poi ha iniziato a sorridere e a passare in mezzo alla folla senza ombrello, anche se pioveva. Ha scelto l’anello di ferro, le ciabatte di una sottomarca “patata” (anche se, in verità, al mercatino del venerdì nessuno l’ha mai visto) e il trono uguale a quello di un papa precedente, ormai santificato (il gesto, a ben vedere, non sembra poi così umile).
Proprio come quel suo illustre predecessore ha iniziato a farsi fotografare dallo stesso profilo e col medesimo modo di sollevare i bambini da terra. Ha iniziato anche a ripeterne le parole: «siete tutti amati da Dio», «i mafiosi si devono pentire», «ci sono tesori rischiosi che dobbiamo lasciare, quelli accumulati durante la vita e che la morte vanifica». La gente – tramortita da Moreno di Amici, dalla freddezza del “papa emerito” e da numerose riedizioni del Grande Fratello – è stata subito affascinata da questo surrogato di Karol Wojtyla e ha deciso, leggermente aiutata dai mass media, che il nuovo pontefice fosse una “persona semplice”. E, in verità, è semplice la sua lettura del popolo cattolico: dire e fare le stesse identiche cose dei suoi precursori (spesso un mix di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II), sempre sorridendo (perché l’effetto, a quanto pare, immobilizza le folle) e con gesti quantomeno “piacioni”. Portare il ragazzo disabile sulla “papamobile” (ultimo suo gesto patinato) è stato, in effetti, un atto simpatico. Lady Gaga non saprebbe fare di meglio. A parte la voce, s’intende…
In realtà, scrutando a fondo il personaggio, viene fuori ben altro: seppur “venuto da molto lontano” (ma anche questo motto non vi ricorda una canzone su un altro papa?), il cardinal Bergoglio è riuscito ad allinearsi subito alla realtà politica italiana, sostenendo con vigore il “no”, in occasione del referendum di Bologna sull’abolizione dei finanziamenti alle scuole d’infanzia paritarie (per non parlare, poi, della sua difesa dell’embrione). Inoltre, pare sia diventato già devoto della Madonna di Bonaria di Cagliari e sia riuscito anche a dire che la guerra è male, che san Pietro non aveva un conto in banca, che la Chiesa deve essere povera e, persino, che lo Stato italiano deve rafforzare la democrazia (proprio lui che regna su uno stato in cui le elezioni, a parte quella pontificia, non esistono!).
Francesco ha detto tutto questo, evitando però allegramente (visto che sorride sempre) di specificare che san Pietro, oltre a non avere un conto in banca, non possedeva neanche lo Ior, tantomeno lo Stato pontificio. Ha pure evitato di chiarire i rapporti tra il dittatore Jorge Videla e la Chiesa argentina. E tralasciamo i recenti cambiamenti avvenuti nell’ambito della curia, che evidenziano una concezione tutt’altro che democratica e sorridente del papato. Tutto questo ci ricorda quel dirigente d’azienda che si toglie la giacca e, ridendo, dice ai suoi sottoposti che alcuni di loro verranno licenziati e che un raccomandato diventerà il loro responsabile. Il tono di questo “papa nuovo” appare alquanto banale, come quei preziosi gingilli in porcellana vuoti al loro interno. Banale come questi suoi primi cento giorni.
Le immagini: foto di Francesco I (fonte: http://www.google.it/) e di Giovanni Paolo II (fonte: http://fotoalbum.studenti.it).
Matteo Tuveri
(LucidaMente, anno VIII, n. 91, luglio 2013)
Grandissimo Tuveri, al vetriolo ma sempre rigoroso. Leggo con interesse e condivido.
Vetriolo si, ma pur sempre vero.
Riflessioni di cui tenere conto. Oltre il fatto di credere o meno viene spontaneo chiedersi quanto fede e operazione commerciale esercitano pressione sulle masse.
Segnalo questa analisi di Sandro Magister http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350536