“Kobane Calling” è un atto artistico di calda solidarietà verso una popolazione oppressa
Parlare di ciò che è accaduto e che sta continuando a perpetrarsi in Medio Oriente risulta, spesso, complesso e difficile sia per chi offre il servizio informativo sia per chi si pone all’ascolto pronto a riceverne notizie (leggi Conflitto curdo-turco, cosa succede mentre restiamo a guardare?). Possedere, comunque, una buona base di conoscenze storico-geografiche aiuterebbe a comprendere meglio le dinamiche in atto che vedono coinvolti i diversi Stati.
Purtroppo, non è possibile delegare sempre questo tipo di cultura ai canali d’informazione quotidiana; è, però, urgente sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la questione curda. I continui soprusi che i curdi subiscono ne stanno davvero facendo una catastrofe umanitaria. Ce ne siamo occupati diverse volte su LucidaMente. Per esempio, in I “peshmerga”, guerrieri della libertà Giuseppe Licandro effettua un’ottima panoramica storica nella quale scrive: «L’etnia curda conta circa 35 milioni di individui che vivono principalmente nel Kurdistan, un vasto altopiano mediorientale – ricco di petrolio – frazionato tra Armenia, Iran, Iraq, Siria e Turchia. I curdi parlano una lingua iranica articolata in due dialetti […] e professano quattro distinte religioni (alevita, cristiana, sunnita, yazidica)». Il loro desiderio di autonomia e il loro nobile progetto politico vengono costantemente ostacolati con discriminazioni e attacchi.
Nonostante, comunque, se ne parli e se ne scriva, manca ancora oggi «un’opinione pubblica di massa che esprima la propria indignazione e la propria solidarietà». Con queste parole Massimo Cacciari si esprime su L’Espresso del 20 ottobre 2019 e continua sostenendo che il vero problema riguarda la «cosiddetta “sinistra” europea […]. Un partito di sinistra non può dirsi tale se non riesce a esprimere la propria posizione su una crisi politica che assume caratteri di una tragedia umanitaria». Come sensibilizzare, dunque, la comunità? Un mezzo “diverso” potrebbe essere l’arte. Più precisamente quella del fumetto Kobane Calling di Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech). Le vignette sono apparse prima sul numero 1085 di Internazionale (16 gennaio 2015) e poi sono state pubblicate per Bao Publishing nell’aprile 2016.
I disegni raccontano i soggiorni del fumettista a Mesher e a Kobane, appunto, insieme a un gruppo di volontari (Staffetta romana per Kobane: Mehser, la guerra oltre il confine) con l’obiettivo di fornire aiuto nei campi profughi e lavorare a una campagna d’informazione. Attraverso lo stile narrativo che lo contraddistingue, fatto di digressioni umoristiche e citazioni improbabili, ma calzanti allo stesso tempo, Rech spiega le battaglie in corso e le fazioni coinvolte, ma soprattutto racconta i vissuti personali di chi ha incontrato in questo suo viaggio. Come la storia dell’attivista curda Ezel, che all’età di 13 anni fu rinchiusa nelle carceri turche. Lì, di notte, tra le urla e altri rumori le era impossibile dormire, così la ragazza per prendere sonno si copriva completamente il viso in modo da isolarsi. Dal quel momento in poi, anche una volta uscita e cresciuta, Ezel si addormenta solo in questa maniera. Ecco che cosa riesce a fare Zerocalcare: grazie all’immediatezza dei disegni offre informazione e crea nei suoi lettori una connessione emotiva verso quelle persone, quei volontari, quei combattenti nella regione del Rojava.
Rojava, la cui carta del contratto sociale è un inno a pace, libertà, cooperazione, rispetto, tolleranza e parità dei sessi. In curdo, oltretutto, il termine significa “Occidente”, inteso probabilmente anche come un esempio di valori cui rifarsi. Un onore che al momento l’Occidente non merita, perché il silenzio istituzionale è assordante, imbarazzante e disumano. Per questo i canali “alternativi” come l’arte sono fondamentali al fine di toccare e mobilitare la collettività. E per fortuna la miccia accesa da Kobane Calling non si è spenta: il fumetto, infatti, è stato trasposto in spettacolo teatrale, è in tournée nella corrente stagione 2019-2020 e la tappa bolognese risale giusto allo scorso 18 dicembre presso il Teatro Arena del Sole. Quello apportato da uno dei disegnatori più conosciuti in Italia è quindi un contributo importante, sperando che continui a suscitare solidarietà per i curdi, giacché «In Medio Oriente tu puoi essere tutto, ma non curdo».
Le immagini: alcune pagine del fumetto Kobane Calling, di Zerocalcare.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XV, n. 169, gennaio 2020)