Il problema di fondo è l’arcaicità e l’arretratezza culturale, psicologica, sessuale dei rapporti uomo-donna. Occorreranno, però, ancora secoli e secoli…
«Tu sei mia». «Io sono tua». «Io ti appartengo, tu mi appartieni». «Voglio sapere tutto di te». «Finché morte non vi separi». Fino al più inconsciamente significativo «Possiedimi». La meraviglia è che, date queste belle premesse, ci si continui a stupire dei casi di cronaca nei quali: lei uccide lui o la rivale in “amore”; lui fa gettare l’acido in faccia a lei (e viceversa); lei, lesbica, ammazza la propria compagna; lui insegue e uccide per strada la sua ex; lei cerca di evirare lui; lui geloso massacra l’“altro”… E, beninteso, tali “eccessi” sono solo la punta dell’iceberg di una realtà ben diffusa di violenza, anche se non sempre si giunge a esiti tragici, fatali, irrimediabili. Ma come si fa a usare la parola “amore”, “innamorato/a” se si tratta di un “amore omicida”?
Partiamo dall’assunto che la violenza fa parte dello stato di natura e quindi di tutti gli esseri umani, non di un solo genere. Solo l’educazione, la scuola, l’arte, la civiltà, possono lenirla, anche se non eliminarla. Se, però, le culture, la morale e le religioni difendono i “valori” dell’indissolubilità del matrimonio, della fedeltà, per non dire dei sentimentalismi svenevoli e del romanticume ottocentesco spruzzato dal binomio amore-morte, perché meravigliarsi che molti prendano alla lettera quello che per tutta la vita, fin dalla nascita, hanno visto proclamare e che si rafforza intorno a sé, nelle credenze sociali? Per non dire della “verginità”, ancora considerata dappertutto un valore; e della stragrande maggioranza del mondo islamico, nel quale è costume accettato da tutti/e che la donna sia praticamente sottomessa, depersonalizzata, fino a giungere alla “sparizione” del suo stesso viso e corpo attraverso burqa e simili.
Il matrimonio è soltanto un’istituzione sociale, nata per regolamentare la società e offrire tutele e garanzie ai figli, quindi per difendere la razza umana dall’estinzione (quando era ancora presente questo rischio). Al di là dell’istituzione coniugale, l’idea di una coppia e della sessualità è ancora oggi basata sull’indissolubilità e sui figli (cattolicesimo: rifiuto del divorzio e dell’aborto; sessualità a soli fini procreativi), sul senso di possesso e di proprietà (derivante dal capitalismo), sulla mancanza di educazione sessuale e ai sentimenti (non se ne parla, è un tabù), sui sentimentalismi (subcultura “rosa” di massa). Spesso si usa il termine “complicità” per definire una coppia affiatata. Inconsciamente (lapsus freudiano), usando questo termine da codice penale si delinea una coppia chiusa verso l’esterno, egoista, autoreferenziale, pronta alla difesa ad oltranza di qualsiasi propria azione. Ed entro la quale non è consentita l’indipendenza, l’autonomia delle persone che la compongono.
Chi al riguardo fa un discorso “di genere” e usa il termine di moda “femminicidio” potrà ricevere tanti (facili) applausi e intraprendere una bella carriera politica bipartisan e proporre un poliziotto per ogni coppia, ma non toccherà mai il vero problema alla radice. Che è l’arretratezza culturale e sociale generalizzata. Come nella filosofia orientale yin e yang si mescolano nei loro componenti e non ci sarebbe l’uno senza l’altra, così non ci sarebbero maschi violenti se avessimo donne intelligenti, forti e libere. Non potremmo dire che siamo “contro ogni violenza contro ogni essere umano”, piuttosto che creare “nemici”? La divisione non serve ad alcuna causa, seppur nobile.
Sono i modelli uomo-donna nel loro complesso che dovrebbero essere cambiati. Siamo ancora fermi, specie in Italia, ai modelli bulli e pupe. Vale a dire che la ragazza desiderabile è la bella-stupida, il ragazzo “figo” è il violento, che “mi sa proteggere”. Tette da una parte, muscoli dall’altra… Prevale lo stereotipo che una ragazza che ha più di un compagno è una “puttana”… Cosa ne vien fuori? E siamo ancora a “corna”, “troia”, “fedeltà”, “è il mio uomo”, “è la mia donna”, disprezzo per gay, “diversi”, sex workers (prostitute), ecc. Si accosta l’amore a una violenta “conquista”, a una volgare lotta senza quartiere, all’ipocrisia degli scontati giudizi perbenisti, alla discussione moralistica dei comportamenti delle persone (si vedano i programmi tv condotti da Maria De Filippi). Per non parlare di quanto appaia affascinante per moltissime donne il tipo socialmente potente, ricco e magari sadico. Infatti, sapete qual è il libro più acquistato negli ultimi anni dalle “liberate” donne occidentali (vedi Cinquanta sfumature di idiozie)?
In generale, al bar, sull’autobus, si argomenta e si chiacchiera di relazioni “d’amore” e ci si interessa solo di mariti e mogli, infedeltà, separazioni e divorzi, mentre poco si discute dei ben più importanti problemi della nostra società. Finché uomo e donna saranno accostabili a scimmioni e oche, nulla varierà. Anche se in questo momento, in tutto il mondo, tali stereotipi fossero messi in discussione, cambiassero, ci vorranno comunque secoli perché il rapporto uomo-donna muti davvero. Se, invece, il “normale” rapporto maschio-femmina è quello odierno, immodificabile in quanto regolato da leggi naturali ed eterne, ci terremo per sempre violenze e sopraffazioni compiute in nome dell’“amore”; o, perlomeno, «finché il Sole / risplenderà su le sciagure umane».
A seguito degli ultimi cosiddetti “femminicidi” la presidente della Camera Laura Boldrini (e altri, come il ministro Josefa Idem) non ha trovato di meglio che proporre la solita, antichissima ricetta “italiana”: costituzione di osservatori, commissioni, gruppi di lavoro o, con linguaggio più moderno e americanizzato, task force. Così, come sempre, nulla cambierà, se non (in meglio) nelle task… pardon, tasche dei soliti “esperti”, in questo caso psicologi, sociologi, femministe e quant’altro.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VIII, n. 89, maggio 2013)
Siamo sicuri che questa sia la prospettiva giusta? Stiamo parlando di 130 casi in una popolazione maschile di circa 30 milioni. Una società senza delitti sarebbe preferibile, ma non mi pare possibile.
secondo i dati ONU: l’Italia è uno dei paesi al mondo più sicuri per le donne
http://www.centriantiviolenza.eu/onu-italia-fra-paesi-piu-sicuri-per-le-donne/
Qua sotto un esempio che dimostra come spesso ci sono due pesi due misure: alla versione dello spot con il uomo come cadavere, nessuno si è presa la briga di protestare. eppure il messaggio è lo stesso.
http://lareteinrosa.net/2013/03/29/donna-cadavere-nello-spot-degli-strofinacci-inno-al-femminicidio/
Gentile lettore, se ha letto bene il mio articolo, credo che possa capire che le nostre opinioni non siano così distanti…
Sì, ha ragione: forse lo pensiamo nello stesso modo. Io non voglio giustificare nessuna violenza, però voglio dire che oggi in molti (ultima è stata la Boldrini) parlano solo con luoghi comuni, dando la “colpa” della violenza alla presentazione “errata” del rapporto uomo-donna nella tv spazzatura, alla pubblicità “maschilista” (donne scosciate che pubblicizzano tutto), ecc. ecc. Ma come si fa a pretendere una mentalità non maschilista di possesso quando di fatto viviamo in una società monogama/patriarcale dove il “tradimento” di lei o di lui è inaccettabile, quindi giusta causa per rompere un rapporto?
A seguito degli ultimi cosiddetti “femminicidi” la presidente della Camera Laura Boldrini (e altri) non ha trovato di meglio che proporre la solita, antichissima ricetta “italiana”: costituzione di osservatori, commissioni, gruppi di lavoro o, con linguaggio più moderno e americanizzato, task force. Così, come sempre, nulla cambierà, se non (in meglio) nelle task…, pardon, tasche dei soliti “esperti”, in questo caso psicologi, sociologi, femministe e quant’altro.
non mi pare vero, un altra parlamentare donna che se la prende con la pubblicità “sessista”, allora sara proprio vero; il femminicidio è tutta colpa della pubblicità…
http://27esimaora.corriere.it/articolo/pubblicita-immagine-e-linguaggio-sono-la-prima-forma-di-violenza-da-boicottare/
Gira e rigira, il cerchio si chiude: progressisti, femministe, “democratici”, ecc. finiscono per ragionare come il peggiore dei bigotti cattolici e clericali: censura, sessuofobia, repressione, mancanza di spirito laico, cioè aperto, tollerante, pluralista, ironico (vedere i commenti a https://www.lucidamente.com/22941-galateo-erotico-ragazze-buone-maniere-tripodi/)… Mah, che bel risultato dopo aver combattuto il fascismo, il totalitarismo e la Santa Inquisizione…
Avevo letto i commenti di alcune signore sull’articolo: ridicoli. Mi hanno fatto venire in mente le osservazioni di Bill Maher nel sul monologo “Donne e diamanti”, http://www.youtube.com/watch?v=2A5QE3iqSQ0
Io l’ho provato personalmente il dogmatismo di alcune femministe. Mi hanno quasi tolto la parola perché ho osato fare le stesse osservazioni che ho fatto qua sopra. Una addirittura si è imbestialita quando ho scritto che per me il femminismo è un fanatismo. Il suo lapidare verdetto è stato: il femminismo non ha nessun lato negativo, il maschilismo è solo negativo…