È del tutto naturale l’istinto che ogni popolo ha di mantenere le propria unità e indipendenza, nonché identità, tradizioni, lingue, culture. Il ruolo dell’immigrazione agevolata o forzata e dell’Inverno demografico. Le differenze tra l’unificazione italiana e il processo “europeista”
Nel corso della loro Storia, le genti europee hanno mai ambito a un’unione? Mai. Tale progetto è sempre stato ideato dall’alto: dalla Chiesa cattolica, sul piano religioso-spirituale; da conquistatori e tiranni (da Roma imperiale a Carlo Magno, da Carlo V a Napoleone, fino a Hitler); oppure da intellettuali, illuministi come Kant o liberalsocialisti (Il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi). In tutti i casi, chi voleva unificare il nostro continente non auspicava quello che oggi abbiamo sotto i nostri occhi.
L’Europa è un’area geopolitica caratterizzata dall’estrema frammentazione, che è poi la sua vera ricchezza: lingue, culture, religioni, costumi, tradizioni, arti, per non dire di climi, paesaggi, natura. I popoli che l’abitano sono sempre stati gelosissimi della loro identità, fino a essere particolaristici e irriducibili (ad esempio, irlandesi, gaelici, baschi, còrsi, sudtirolesi, kossovari…). Lo stile di vita inglese o lo sciovinismo francese ne sono stati esempi persino da satireggiare, ma non sono stati da meno italiani, spagnoli, tedeschi… Se guardiamo alla cartina politica del Vecchio continente, troviamo una miriade di stati medi, piccoli, a volte piccolissimi. Mancano stati enormi come Brasile, Canada, Cina, India, Russia, Usa, ed è sempre prevalso l’equilibrio tra le potenze… In Europa ogni tentativo (militare) di formare vasti imperi multinazionali è miseramente fallito per giungere a nuove dissoluzioni, disgregazioni, frammentazioni. Del resto, l’innato desiderio dei popoli di mantenere la propria identità, unità politica, indipendenza, cultura, è insito in modo naturale in tutti i popoli della Terra. Due esempi per tutti. Tra le aree geografiche più coese culturalmente vi sono l’America latina e la macroregione arabo-islamica. Ebbene, i vari tentativi unitari compiuti nell’Ottocento (Sudamerica) e nel Novecento (islam) sono tutti miseramente falliti.
Allora perché il progetto dell’Unione europea, respinto dall’elettorato ogni volta che gli europei sono stati chiamati a decidere, per non dire dei sondaggi che danno in continuo calo il gradimento dei cittadini verso l’Ue? Ricordiamo, infatti, oltre la Brexit (2020), la vittoria dei no nei referendum in Francia e nei Paesi Bassi (maggio-giugno 2005) sulla Costituzione europea. Peraltro, il relativo testo era stato ratificato da soli 18 paesi (tra cui l’Italia) su un numero totale di 27 Stati membri, per cui, dopo l’esito referendario, il progetto fu definitivamente abbandonato nel 2007 [vedi C’è la Costituzione (italiana) e ci sono i Trattati (europei)]. È evidente che questa sorta di unificazione finanziaria, bancaria, monetaria è guidata dai potentati economico-finanziari globalisti capitalisti e neoliberisti per le loro finalità [leggi pure Gli inganni dell’Unione europea; L’Unione europea è fallita… anzi, no, è un successo; La pace nel nostro continente è dovuta alle istituzioni europee. Falso].
Ma come si fa a ottenere senza invasioni militari napoleoniche o naziste ciò che le popolazioni aborrono? Con la persuasione propagandistica, con gli slogan, con il ricatto economico, forse anche con la pandemia. Si è diffuso/imposto il luogo comune per il quale non si può fare a meno dell’Ue. Per tutto. Ma siccome l’istinto naturale, ancestrale, istintivo dei popoli alla propria sopravvivenza è ancora fortissimo, soprattutto fuori dalle metropoli, ormai città-mondo o globali o autentici nonluoghi, quali sono le ulteriori armi del potere? L’intenso calo demografico e la controinvasione di popoli, spesso colonizzati un secolo fa. L’immigrazione massiccia, disordinata, aggressiva, di persone di altre culture o del tutto sradicate, favorita in ogni modo. Ma nessuno si chiede perché essa avvenga da soli vent’anni, mentre in precedenza, pure con peggiori condizioni degli immigrati nei propri paesi di origine, era quasi assente? E come essa sia così restìa non solo all’assimilazione, ma persino all’integrazione? In altre parole, più chiare e dure, Inverno demografico e Grande sostituzione. Stati senza etnia, cultura e identità peculiari e forti, da amare, rispettare, difendere e tramandare, sono facilmente preda dell’incultura dell’indifferenziazione. E, così, passo dopo passo, sottotraccia, lentamente, spariranno le nazioni europee per lasciare posto a un monstrum politico-burocratico-finanziario.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche l’unificazione italiana (intesa altresì come annessione al Regno sabaudo) è avvenuta nel segno dell’imposizione dall’alto o anche per interventi e/o interessi stranieri (Francia, Inghilterra, Germania) [vedi L’Unità? Uno specchio dell’Italia di ieri (e di oggi) e Perché i meridionali divennero Terroni]. Altri potranno affermare che il Risorgimento ha essenzialmente corrisposto al desiderio di certa borghesia italiana. Tuttavia, da migliaia di anni l’idea che l’Italia fosse un’entità unica, da amare, per cui lottare, era rimasta vivissima pure quando la penisola non era né indipendente, né libera, né unificata. Un enorme merito di tale eredità fu di artisti e letterati, come Dante, che, anche creando la nuova lingua italiana, riconosciuta in tutto il Belpaese, fornì uno strumento per tramandare il sogno stesso dell’unità. Alla faccia di chi dice che lingua, letteratura e cultura non contano nulla: un amore di patria che arrivò fino a Giacomo Leopardi e agli eroi del Risorgimento. È per questo patriottismo che migliaia di italiani sono morti eroicamente, idealisticamente, con il sogno di un’Italia unita, libera, indipendente, forte. Quanti europei darebbero la vita per l’Ue dei banchieri?
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Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 193, gennaio 2022)