Fra ecologia e divertimento, un mito che resiste nel tempo. Curiosità e storia della variopinta famiglia che da decenni ha conquistato il cuore dei bambini ma anche di molti adulti. Il nome e la forma dei personaggi non sono casuali ma legati allo “zucchero filato”
In più di 50 anni – questa l’età della popolare serie – il mito della famiglia Barbapapà non è mai tramontato; probabilmente la storia dei personaggi felicemente variopinti verrà tramandata di generazione in generazione ancora per lungo tempo. In effetti, a giudicare dalle vicende che li hanno resi protagonisti in tutti questi anni, le tematiche proposte ai giovani fans sono tutt’altro che superate: ecologia e diversità prime fra tutte. Singolare è anche la loro storia editoriale, che forse non tutti conoscono.
Parigi. Correva il maggio 1970 quando, al termine di una passeggiata al giardino del Lussemburgo, l’architetto francese Annette Tison e il marito, lo statunitense professore di Matematica e Biologia Talus Tayler, entravano in un bistrot. L’uomo, che all’epoca non conosceva ancora la lingua francese, fu attratto dalla voce di un bambino che chiedeva ai genitori «barbe à papa». Incuriosito soprattutto dal suono di quelle parole, ne chiese la traduzione alla moglie (“zucchero filato”, ndr). Quando gli fu svelata, iniziò a scarabocchiare sulla tovaglia un bizzarro personaggio roseo dalla forma “a pera” che richiamava, appunto, lo zucchero filato: creando così quello che sarebbe diventato il capostipite della celeberrima famigliola. Vennero poi presto disegnati gli altri personaggi del “clan”: Barbamamma e i loro sette Barbabebè. La genitrice è nera e dalle forme aggraziate, ingentilite da una coroncina di fiori rossi a lei donati dal marito. Mamma e papà non si annoiano con la loro progenie, nata dopo aver depositato uova nello stesso terreno da cui hanno avuto origine loro stessi.
Ogni bebè ha un colore e un carattere differente. La viola Barbabella è graziosa e ha un debole per profumi e gioielli mentre odia gli insetti. Il rosso Barbaforte è sportivo e combattivo: detesta i soprusi cui si ribella come un vero e proprio detective, aiutato dal fratello Barbabravo e dalla cagnetta Lolita. La verde Barbalalla ama l’ecologia, la botanica, ma soprattutto la musica ed è abile con tutti gli strumenti; trasformandosi talvolta lei stessa in quello che poi suonerà. Barbabarba è un artista e spesso imbratta la propria pelliccia nera con i colori che utilizza per dipingere. L’arancione Barbottina è l’intellettuale della famiglia: con l’ausilio degli occhiali, passa il tempo a leggere e a lanciare ironiche battute a Barbabarba sui suoi quadri. Il giallo Barbazò è dottore e veterinario: quale amante della natura è esperto di animali e piante, del clima e dell’inquinamento. Il blu Barbabravo è uno scienziato-inventore talvolta incauto; tanto che i suoi esperimenti possono provocare danni catastrofici.
La forza dei Barbapapà è anche la loro capacità di modellare il corpo a seconda delle esigenze. Un indimenticabile esempio per tutti: Barbamamma che si trasforma in un divano per far accomodare i propri figli. Ma, come dicevamo, attrattive sono anche le tematiche con cui i colorati personaggi si scontrano nella vita quotidiana: ecologia e diversità soprattutto. Il primo a sentirsi “diverso” è il capostipite, Barbapapà, a partire dal giorno in cui spunta dal sottosuolo del giardino di una casa in provincia. Gli adulti della famiglia umana restano impauriti dalla sua mole colossale e inizialmente lo emarginano. Gli unici che non lo temono sono i figli della coppia, François e Claudine, che immediatamente instaurano con lui un rapporto di amicizia. Barbapapà gioca con loro trasformando (grazie all’immancabile frase «Resta di stucco, è un barbatrucco») il proprio corpo secondo le esigenze che, via via, si presentano. Formula tanto celebre da aver portato alla creazione del neologismo “barbatrucco”. Grazie alla sua versatilità e capacità di trasformarsi, vincerà la diffidenza che gli adulti provavano per lui, guadagnandosi la fiducia del mondo in cui vive.
A bordo di una piccola roulotte trainata dalla bicicletta di François e Claudine si avventura alla ricerca di una compagna di vita. Il viaggio ha successo: al suo rientro, dallo stesso giardino in cui egli stesso ha avuto i natali spunta Barbamamma, cui lui dona un mazzo di fiori rossi. Inizia così la loro storia. Storia inizialmente raccontata sotto forma di una serie – una quarantina i titoli – di libri per bambini, pubblicata dal 1970 dalle case editrici École des loisirs ed Éditions du Dragon d’Or. I testi sono stati esportati in tutto il mondo e tradotti in oltre trenta lingue. La storia è poi stata oggetto di un riadattamento per fumetti, film e tre serie di cartoni animati; di questi, le prime due prodotte in Giappone (la prima nel 1974 e la seconda nel 1999) e la terza in Francia nel 2019. Il mito è ancora intramontabile: la Tison e Tayler non avrebbero certamente immaginato, quel maggio 1970, che in quel bistrot sarebbe nata – dalla loro fantasia – una favola ancora presente nell’immaginario collettivo mondiale.
Le immagini: la famiglia Barbapapà, gli ideatori Annette Tison e Talus Tayler e Barbamamma in versione “divano”.
Emanuela Susmel
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 186, giugno 2021)