Un interessante brano da “Sulle dune ambrate” (in Edition editrice), il nuovo romanzo di Agostino Secondino
Dopo il successo del romanzo Senza mistero, Agostino Secondino e il suo caratteristico stile, tra narrativa e saggio, tornano con Sulle dune ambrate (pp. 288, euro 14,90) quindicesima uscita della collana di narrativa La scacchiera di Babele – nuova direttrice Matilde Forni – della inEdition editrice/Collane di LucidaMente.
Vite, persone, amori, alterne vicende, si intersecano, attraversate a loro volta dalle riflessioni, sagge e pacate, dell’autore, che spesso assumono la forma di socratici, maieutici dialoghi tra i personaggi. Il romanzo, così, si snoda entro tematiche amorose, considerazioni sull’origine dell’uomo e sull’imprinting e previsioni sul futuro della nostra specie.
Nelle pagine del libro che abbiamo deciso di far “assaggiare” al lettore, vediamo un dialogo tra due personaggi, dei quali uno è psicoterapeuta: il mondo onirico si rivela un campo privilegiato per profonde intuizioni psicanalitiche.
CON GRANDE AFFANNO AVEVA RACCONTATO il terrificante incontro avuto con il suo doppio. La voce era tremante e le lacrime solcavano il suo dolce viso. Straziata dal dolore nel rievocare la visione, esclamò: «Davvero ho incontrato il mio doppio? Che cos’era quell’ombra? Dimmelo».
E lui: «Non spaventarti: nei miti primitivi, in ogni cultura, civiltà e popolo, come nella creazione artistico-letteraria moderna, il doppio, l’Ombra, il Sosia, lo Specchio, inteso come proiezione del nostro Io hanno sempre rappresentato il magico, infondendo paura e mistero intorno a sé. Il tema del doppio si può definire un apologo sulla condizione umana da sempre dilaniata tra il bene e il male, tra rettitudine e corruzione, tra ignoranza e scienza. Esso è un viaggio di estremo fascino, un cammino introspettivo verso il profondo individuale e collettivo, un percorso che parte dall’Io, per approdare al nostro Es, l’inconscio attraverso il conscio, la luce e l’ombra per esorcizzare quello che è il più disperato segno di attaccamento alla vita: la paura della morte.
Dall’Iliade ai recenti racconti o romanzi di numerosi artisti leggiamo altre dimensioni collegate ai più profondi recessi mentali umani. L’esperienza del surreale, dell’irrazionale e del mistero segna le opere di molti di loro, in cui si evidenzia che la centralità del soggetto cede il passo a diversi paradigmi tra i quali quello del doppio, entità perturbante e inquietante insieme. Il Perturbante indica un disagio, uno sdoppiamento, riferendosi a una perdita d’identità, a un’alienazione, e tale disagio riguarda il soggetto, l’Io e il suo inconscio. L’emergere della figura del doppio è una invasione dell’inconscio nel campo del conscio, è un ritorno del rimosso che spesso assume i tratti del demoniaco, è il manifestarsi dell’angoscia della morte la quale, esorcizzata, si presenta nel reale con la figura del Sosia, del Doppio, dello Specchio, dell’Ombra. Da’ retta a me: il doppio che ti è apparso è stata la percezione di te stessa a causa di uno stato di eccitazione dei neuroni, dovuta al distress o a qualche molecola stimolante assunta. Insomma il doppio è la parte “Altra” di noi, ciò che siamo ma non conosciamo razionalmente, ciò che anche siamo. A prescindere da ciò che hanno intuito gli artisti, i mistici, i filosofi, gli psicologi, per le neuroscienze un fatto è certo: che la nostra struttura mentale non prevede di poter colloquiare con noi stessi, in quanto a rispondere alle nostre domande saremmo noi stessi in un assurdo continuo e privo di significato, allora il nostro cervello cosa fa per eludere questo assurdo? Escogita un trucco, sdoppia se stesso, costruisce cioè un nuovo “corpo fisico”, una copia di noi stessi, il nostro sosia, il nostro doppio, qualcosa che ci sia familiare, per metterci dentro il proprio Io interiore e per proiettare parte del sé nell’altro, un’ombra, un’immagine. Una volta compiuto questo sdoppiamento il cervello potrà tentare di colloquiare con l’altro se stesso, ma il colloquio così condotto non sarà tra sé e se medesimo, ma tra due parti di sé.
Nelle tradizioni popolari e primitive il motivo del doppio è collegato a una istintiva credenza nella debolezza e nei limiti del soggetto che crea un immagine, un’ombra, un doppio per esorcizzare i suoi limiti. Per Freud, ne Il Perturbante, il doppio era un’assicurazione contro la scomparsa dell’Io e probabilmente il primo sosia del corpo è stata l’anima immortale».
Lei, rincuorata, gli rispose: «Tu hai parlato del “Perturbante”, termine usato da Freud, che indica ciò che suscita spavento, inquietudine, perché non noto, non quotidiano».
E lui aggiunse: «Il tuo subconscio è l’originale, mentre il tuo inconscio è stato proiettato nel tuo doppio. Ti faccio un esempio semplice: un’auto è la proiezione del suo costruttore, gli è sempre presente come la propria ombra o la propria immagine. Fin dall’antichità le superstizioni sono state legate alle ombre e alle immagini, quando queste si distaccano dal proprio possessore. La proiezione che l’uomo compie nel doppio è un superamento dei suoi limiti. Si cerca di realizzare le proprietà di una sostanza vivente in qualcosa di diverso da quella umana sfuggendo alle leggi ineluttabili e angoscianti della natura. È la ricerca dell’immortalità e il primo Sosia è stato la creazione dell’anima immortale per sfidare la morte, è, precisamente, il desiderio di sfuggire alla morte a sollecitare il doppio, nel quale ognuno di noi proietta il proprio bisogno di immortalità e in cui vede recuperata quell’aspirazione cui egli tende. Infatti, la malattia e la morte non toccano il doppio, e il doppio ha il potere di conoscere il futuro del mondo e degli uomini, al doppio è negata la possibilità di procreare proprio perché dalla procreazione origina la vita e quindi la morte. La morte, lo specchio e il doppio sono temi che arricchiscono i resoconti antropologici che hanno influenzato la psichiatria e la psicanalisi a partire dal secolo scorso».
(da Agostino Secondino, Sulle dune ambrate, inEdition editrice/Collane di LucidaMente)
L’immagine: la fotografia elaborata da Germana Luisi per la copertina di Sulle dune ambrate.
Francesca Gavio
(LM EXTRA n. 21, 15 giugno 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 54, giugno 2010)