Gli ultimi dati demografici elaborati dall’Istat sono disastrosi. Ma quello più drammatico riguarda il calo della speranza di vita. Cosa sta accadendo?
Lo scorso 19 febbraio l’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha reso noti i più recenti dati demografici (2015) relativi al nostro paese. Stampa e analisti si sono soffermati soprattutto sulla diminuzione degli abitanti, sulla scarsa prolificità delle coppie, sull’invecchiamento dell’età media e sulla nuova migrazione degli italiani all’estero.
In effetti, tali linee di tendenza, già in atto da tempo, si sono confermate. In Italia i residenti sono 60.656.000 (-139.000; -2,3 per mille). L’anno scorso sono nati 488.000 bambini (-15.000): minimo dall’Unità d’Italia. Il numero medio dei figli per donna è di 1,35 (quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità): mentre, anche solo per mantenere la popolazione costante, il tasso richiesto è di 2,1. L’età media delle donne al momento del parto è salita a 31,6 anni. Invece, aumentano i morti. Nel 2015 i decessi sono stati 653.000 (+54.000, ovvero +9,1%). Nei mesi scorsi si è letto sulla stampa di decine di migliaia di “nuove” morti, attribuite da qualcuno all’inquinamento, da qualcun altro al fatto che tanti non hanno i soldi per curare patologie trattabili; ma occorrerebbe attendere studi più specifici. Il tasso di mortalità è del 10,7 per mille: solo durante la Seconda guerra mondiale era stato più alto. Centomila italiani si sono trasferiti all’estero (+12,4%), a fronte di soli 28.000 rientri in patria.
Un altro dato interessante è l’attenuazione dell’ondata migratoria in entrata. Evidentemente, il Belpaese non attira più neanche i migranti. Al 1° gennaio 2016 gli stranieri residenti in Italia erano 5.056.000 (solo +39.000; comunque ben l’8,3% della popolazione totale, senza considerare i richiedenti asilo, permessi di soggiorno o di lavoro, ecc. e i clandestini). Pertanto, la popolazione di cittadinanza italiana scende a 55.600.000 (-179.000).
Tuttavia, i numeri più sconvolgenti concernono la diminuzione della speranza di vita alla nascita; vale a dire, a che età si muore. Per gli uomini si abbassa a 80,1 anni (da 80,3), per le donne a 84,7 anni (da 85). Per la prima volta nella storia italiana si ha questo calo; il miglioramento di economia, sanità, alimentazione, stile di vita, ci aveva permesso di divenire la seconda nazione al mondo più longeva dopo il Giappone. Abbiniamo tale peggioramento a quello già da tempo in atto, con l’esplodere della crisi economica, riguardante l’aspettativa di vita sana (cioè ci si ammala prima di patologie gravi). Abbiamo un quadro devastante, un futuro spaventoso. Non solo sempre meno italiani, quindi un destino di estinzione, ma anche meno sani e che moriranno prima.
Quali sono le cause? Occorrerebbero ricerche specifiche, coi relativi risultati esposti in volumoni. Azzardiamo. Oltre ai già citati assenza di soldi per curarsi e inquinamento ambientale (e alimentare), che dire dell’età pensionabile sempre più alta (legge Fornero), con un ritardo della messa a riposo di persone già anziane e malconce (nonostante la malafede del modello linguistico attuale nel definire “bambini” gli adolescenti, “adolescenti” i ragazzi, “ragazzi” i giovani, “giovani” gli uomini maturi, “uomini” gli anziani, “anziani” i vecchi e “vecchi” gli ultracentenari)? Gli italiani sono depressi per una vita senza futuro, costituita da disoccupazione o lavoro precario e pensione lontanissima e miserabile? Può avere un peso la perdita delle proprie radici e della propria identità culturale? E la progressiva secolarizzazione, nella quale l’allontanamento dalla fede religiosa non è stato sostituito da ideali ed etiche altrettanto “forti”?
E, tuttavia, forse, ciascuno ha quello che si merita. Singoli individui e intere popolazioni. Cosa può aspettarsi una nazione cui manca da decenni una classe politica e una classe dirigente decorose, causa-effetto di un sistema d’istruzione sempre più scadente, di un degrado della cultura complessiva e della stessa lingua italiana, una delle più belle e ricche del mondo? Assoluta noncuranza, nessuna politica sociale e di sostegno per le madri in gravidanza, per i neonati, per i genitori-lavoratori con bambini piccoli che non sanno dove sistemare, per le famiglie e le coppie. Corruzione, sprechi, malaffare. La presenza di più mafie molto forti, con un’enorme economia parallela sommersa. Italiani che non hanno coscienza civica, civile, collettiva, ciascuno che pensa a se stesso, e che, se potessero, si comporterebbero proprio come i profittatori e i corrotti dei quali si lamentano. Un paese che, nei confronti degli stranieri, oscilla tra gli assurdi estremi di un buonismo cieco ideologico, cattocomunista e terzomondista, con la sua utopistica accoglienza ecumenica, e un volgare e ignorante razzismo.
Persone che non maturano mai, perse dietro a smartphone e chat, illusioni surrettizie che surrogano, anzi neutralizzano i veri incontri e gli autentici scambi umani, sociali, spirituali. O appassionate di stucchevoli partite di football e tremendi programmi televisivi, con dubbi protagonisti, pressoché analfabeti (ascoltate l’intervista di un calciatore), la cui più appariscente caratteristica sono i piercing e i brutti tatuaggi. E potremmo andare ancora avanti un pezzo. Bye, bye, Italia.
Per gli analoghi dati demografici di Bologna, vedi, in questo stesso numero di LucidaMente: Franco Franchi, A Bologna si nasce di meno, ma, soprattutto, si muore di più.
Le immagini: tabelle Istat e culle vuote.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 123, marzo 2016)