L’autobiografico “Novos alagados. Diario di una favela” (Ponti di Carta) del brasiliano Josè Eduardo Ferreira Santos ne racconta vita, violenza, umanità
«Rappresentare e basta»: Gustave Flaubert credeva che, per emergere in tutta la sua “potenza”, la tragicità del reale non avesse bisogno d’altro che di essere rappresentata. Il pathos, secondo lo scrittore francese, è una “qualità” della vita, non della penna del narratore, che per questo dovrebbe eclissarsi dietro ciò che racconta. Nel caso di Novos Alagados. Diario di una favela (Ponti di Carta, pp. 104, € 15,00) di Josè Eduardo Ferreira Santos, in libreria da marzo, penna e vita coincidono, sono la stessa cosa.
Il testo descrive infatti, in forma di diario, la variegata umanità di una favela costruita sull’acqua alla periferia Nord di Salvador de Bahia, in Brasile. E ha uno straordinario valore documentario, perché l’autore, inedito in Italia, è nato e cresciuto nei luoghi che racconta (gli stessi in cui adesso lavora come educatore) e, dunque, non ha bisogno di eclissarsi dietro le figure umane che tratteggia, perché è egli stesso protagonista di molte delle vicende su cui si sofferma. “Dinho” – così viene chiamato lo scrittore nel suo paese – ha passato la sua infanzia, come tutti gli alagados, fra improvvisate file di ponteggi, in baracche di legno e lamiera senza luce, acqua e fogne, andando su e giù dal mercato rionale per portare un po’ di cibo a casa. Ha poi ottenuto un’adozione a distanza che gli ha permesso di studiare e di acquisire (e trasmettere, quindi, al suo popolo) quella consapevolezza che ora gli consente di pensare alla favela come al risultato di un processo, all’interno del quale l’uomo, con le sue scelte e la sua dignità, può avere ancora un ruolo attivo.
La pagina di Ferreira Santos è asciutta ed essenziale, anzi può risultare disadorna, perché non indulge alle lusinghe della retorica. Eppure è densa: il lessico minimo della quotidianità si carica, infatti, di una pregnanza che deriva dall’autenticità dello sguardo del “narratore”, dalla genuinità della rappresentazione. Così Novos Alagados. Diario di una favela appunta le giornate di uomini, donne e bambini sui quali si è abbattuta la crudeltà della storia e che, tuttavia, provano a “vivere” tra tante mancanze, senza arrendersi al destino. Il lavoro scarseggia; precarietà e alcolismo minano la serenità delle famiglie; la delinquenza diffusa espone i più piccoli all’esperienza della violenza; spesso risulta difficile persino giocare per strada, dove si incrociano i proiettili vaganti esplosi da qualche pistola. Il testo consegna, quindi, al nostro sguardo distratto, la memoria condivisa di un’intera comunità, non già uno “spettacolo per turisti” languido e mistificatorio. Certo resterà deluso chi cerca una lettura da portare in crociera…
Le immagini: la copertina del libro di Ferreira Santos.
Francesca Gavio
(LM EXTRA n. 28, 15 maggio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 77, maggio 2012)