Presso palazzo Strozzi, una mostra tra scienza e storia, in onore del grande scienziato pisano
Dal mito di Atlante a Galileo e Newton, tantissime le opere esposte nella mostra di palazzo Strozzi a Firenze allestita in onore del grande scienziato pisano Galileo Galilei proprio nel corrente anno, dichiarato dalle Nazioni Unite anno internazionale dell’astronomia. L’evento, Galileo. Immagini dell’universo dall’antichità al telescopio, resterà aperto al pubblico fino al 30 agosto. Esso gode dell’alto patronato del presidente della Repubblica italiana, del patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività culturali, del Ministero degli Affari esteri e dell’Esa, l’agenzia spaziale europea.
Si parte dal mito di Atlante – Sono trascorsi circa quattrocento anni dalle scoperte fatte dal Galilei con il telescopio e la visita nelle varie sale della mostra dà la possibilità ai visitatori di compiere un viaggio ancora più a ritroso. All’ingresso della mostra vi è una scultura che rappresenta Atlante che sostiene la sfera celeste. Si tratta della più antica rappresentazione del cielo. La piccola sala introduce ai miti ed alle raffigurazioni del cosmo. Nella sala successiva vengono infatti prese in considerazione la cosmogonia degli Egizi e quella degli abitanti della Mesopotamia e il loro modo di esaminare la volta celeste. Si passa poi nella terza sala, alla cosmogonia greca, allorché l’universo viene concepito come una sfera. A Pitagora e ai suoi seguaci viene riconosciuto il primato di aver considerato lo spazio celeste come sferico e aver intuito la regolarità dei moti dei corpi celesti.
La nascita dei planetari – Nella quarta sala si possono ammirare le architetture planetarie, la geometrizzazione del cosmo ad opera di Ipparco, Tolomeo, la nascita dei planetari meccanici. Con la conquista del Mediterraneo da parte di Roma la ricerca astronomica cede il passo all’astrologia. Dall’VIII al XV secolo saranno gli arabi (V sala) ad ammirare le meraviglie degli studi astronomici tanto che nel IX secolo a.C. a Baghdad saranno tradotti dei testi scientifici greci, mentre nel XV secolo il nipote di Tamerlano fonderà a Samarcanda un osservatorio astronomico perfettamente attrezzato.
Le sfere armillari, gli orologi planetari – Nella VI sala vengono rievocare le rielaborazioni cristiane, infatti tema conduttore è l’evangelizzazione del cosmo. Nelle due ultime sale si ammirano i grandi progressi scientifici realizzati a partire dal XIV secolo, quando, nei grandi centri della nostra penisola c’è un risveglio per la cultura classica e si intensificano le rappresentazioni della volta celeste. Nasce la moderna cartografia. Interessantissime sono le sfere armillari esposte, ma durante la visita colpisce anche l’orologio planetario: una fedele e funzionale ricostruzione dell’orologio costruito da Lorenzo della Volpaia (1446-1512) su commissione di Lorenzo de’ Medici. Sarà poi Copernico nel 1543 con il suo De Revolutionibus orbium coelestium a dare vita a un cambiamento epocale.
Le rivoluzioni nel campo scientifico – Nelle ultime sale emergono le figure di Galileo Galilei, Keplero, Newton. Galileo con la sua scoperta del cannocchiale e il perfezionamento dello stesso ebbe modo di visionare la volta celeste e fare rivoluzionarie scoperte. Gli studi di Copernico ispirarono Keplero e Galileo Galilei e troveranno in Newton lo scienziato che con la scoperta dell’attrazione gravitazionale porterà a compimento l’opera dei precedenti. Durante l’intero percorso della mostra è possibile visionare, oltre a dipinti spettacolari (come affreschi pompeiani inediti, opere di Botticelli, Rubens, Guercino), anche applicazioni multimediali e filmati divulgativi.
Un viaggio nel tempo – La mostra consente dunque ai visitatori di viaggiare virtualmente nel tempo per approfondire l’affascinante mondo della cosmologia ma anche per addentrarsi nell’universo delle paure e speranze di tutto il genere umano che nel corso dei secoli ha cercato e trovato delle risposte sempre meglio definite alle domande sull’origine delle cose.
L’immagine: all’ingresso della mostra, Atlante sostiene la sfera celeste (foto della stessa autrice dell’articolo).
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno IV, n. 43, luglio 2009)