Ancora altissimi i livelli di radioattività. In progetto una squadra di robot che metterà in sicurezza la centrale
Giappone. Sei anni dopo il disastro nucleare è ancora lontana la normalità per i cittadini della Prefettura di Fukushima. L’11 marzo del 2011 la centrale omonima ha subito un grave incidente, provocato da un terremoto di magnitudo 9.1, seguito da un potente maremoto. Nel complesso i morti furono 19.000 e 450.000 persone furono costrette ad abbandonare le proprie case (vedi anche “Un eroe giapponese”).
Un episodio – conosciuto in giapponese come genpatsu-shinsai, da genpatsu, centrale nucleare, shin, terremoto, e sai, evento tragico – che si colloca al grado 7 della scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (Ines), il livello più alto, raggiunto solo dall’incidente di Černobyl’ del 1986. La centrale di Fukushima Dai-ichi, gestita dalla più grande compagnia elettrica del Giappone, la Tokio electric power company (Tepco), era dotata di sei reattori. Lo tsunami riuscì a scavalcare il muro di protezione della struttura a e metterne fuori uso gli impianti di raffreddamento. L’aumento della temperatura portò alla fusione del nucleo di tre reattori. Grandi quantità di radiazioni contaminarono un’area di 600 chilometri attorno alla centrale e il mare registrò livelli di radioattività 50 volte sopra i limiti di sicurezza.
A oggi l’allarme a Fukushima non è ancora rientrato. Molte zone sono state bonificate, ma le più vicine alla centrale sono ancora invivibili. Intanto i lavori di smantellamento dell’impianto procedono con estrema cautela e serviranno almeno altri 40-50 anni per completare i lavori. Per far fronte all’emergenza la Tepco ha progettato un robot sottomarino, denominato Little sunfish, che lo scorso luglio è riuscito a penetrare nella vasca di contenimento di uno dei reattori.
Le immagini catturate dalla sonda mostrano una grande quantità di combustibile nucleare fuso, che dovrà essere rimosso per mettere in sicurezza la zona. Sviluppato da Toshiba e dall’Istituto internazionale di ricerca per il decommisioning nucleare (Irid), Little sunfish può resistere a una radioattività di 200 sievert, una dose che può uccidere un uomo all’istante. Takahiro Kimoto, portavoce della Tepco, ha dichiarato che le strutture della centrale risultano più danneggiate del previsto, ma grazie al lavoro del robot si potrà cominciare a elaborare un metodo efficace per smaltire il carburante residuo. Con buona probabilità sarà proprio una squadra di robot a ripulire il cuore della centrale: un lavoro che, in attesa che si ridimensionino i livelli di radioattività, secondo gli scienziati non inizierà prima del 2021.
La ricostruzione di Fukushima e delle prefetture vicine procede in fretta, ma sono ancora pochi i cittadini che vi hanno fatto ritorno: a marzo di quest’anno si registravano 123.000 sfollati, per la maggior parte residenti in alloggi prefabbricati. Inoltre, un caso che ha creato non poca tensione tra il governo e i cittadini è quello dei cosiddetti “sfollati volontari”. Si tratta di coloro che, per paura delle radiazioni, non intendono rientrare nei paesi considerati fuori pericolo e pertanto non riceveranno più i sussidi stanziati finora dalla Tepco.
I costi sostenuti dal governo sono lievitati rispetto alle stime iniziali. Considerando le spese per neutralizzare la centrale, quelle per la ricostruzione e gli indennizzi alla popolazione, saranno superati i 188 miliardi di dollari, che equivalgono a 178 miliardi di euro. Il risvolto più drammatico, però, riguarda il rischio per la salute dei cittadini, che non è stato ancora accertato né reso noto dalle autorità. Al momento i più esposti sono gli operai addetti allo demolizione della centrale, che ricevonoradiazioni al di sopra dei 100 millisievert (0,1 sievert), il limite oltre il quale il cancro insorge più frequentemente. Secondo l’organizzazione statunitense International physicians for the prevention of nuclear war (Ippnw), schierata contro l’energia atomica, il Giappone potrebbe subire dai 10.000 ai 60.000 casi di cancro in più rispetto ai dati consueti. In questi anni diversi movimenti antinucleare hanno sensibilizzato il mondo intero sui rischi dell’energia atomica. Ne è stato portavoce lo stesso Naoto Kan, l’ex premier in carica durante il disastro.
Tuttavia l’attuale primo ministro Shinzo Abe ha ribadito che il Giappone non può fare a meno del nucleare, in quanto povero di risorse alternative. Secondo Abe il nucleare è la forma di energia più economica e permette al paese di non dipendere da fonti estere. Per questo il presidente ha ordinato la riapertura di numerose centrali che erano state chiuse in via precauzionale dopo il disastro. Nel 2016 erano in funzione 42 reattori nucleari, mentre due sono ancora in costruzione. Il governo giapponese continua a ignorare la voce dei propri cittadini, in maggioranza contrari al nucleare. Agli abitanti di Fukushima non resta che affrontare il cambiamento e riprendere in mano le proprie abitudini con la tenacia e la determinazione che contraddistingue il popolo del Sol levante.
Alessia Giorgi
(LucidaMente, anno XII, n. 141, settembre 2017)