Testi, ritmi, suoni di estrema attualità del “disimpegnato” musicista siciliano
«Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos’è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore… ma non vi danno un po’ di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature,
se avremo ancora un po’ da vivere…
La primavera intanto tarda ad arrivare».
(Povera patria, da Come un cammello in una grondaia, Emi Records / L’Ottava, 1991)
Franco Battiato
LA RILETTURA
Chi non conosce Franco Battiato, uno tra i maggiori compositori italiani viventi (di musica leggera e non), nato a Jonia (Catania) nel 1945? Autore fine, sensibile alle suggestioni culturali più disparate, ha sempre saputo coniugare il rock, anche nelle versioni elettroniche più azzardate e sperimentali, con testi molto originali, imbevuti di riferimenti filosofici e poetici, spesso anche con coloriture religiose.
Un impegno politico e civile, nonostante… – Forse pochi, però, ne conoscono l’impegno “politico”, che si era già espresso in alcuni brani degli anni Settanta (pensiamo ad Aria di rivoluzione del 1973 e a Ethika fon Ethika del 1974), ma che ha toccato la sua massima espressione in Povera Patria, una canzone del 1991, inserita nell’album Come un cammello in una grondaia. Sebbene l’artista abbia di recente ribadito, in più circostanze, la sua sostanziale estraneità al mondo della politica, la denuncia del malcostume e degli «abusi di potere» rimane – ahinoi! – fortemente attuale e va al di là delle stesse intenzioni dell’autore, assurgendo a simbolo quasi imperituro dell’insaziabile sete di chi il potere lo detiene e non vuole perderlo (come c’insegna la tradizione ermeneutica, del resto, ogni testo è dotato di vita propria, indipendentemente da chi lo ha creato e può essere riletto e attualizzato dai posteri, che possono riutilizzarlo in un nuovo contesto).
Indignazione, tristezza, speranza… – Inserita nel periodo storico che ha segnato la fine della Prima Repubblica italiana, Povera patria ha anticipato di qualche tempo, quasi profeticamente, la stagione di “Mani pulite”, che ha provocato il crollo del vecchio sistema di potere vigente nel nostro paese – ad esempio nell’ultimo ritornello, laddove si auspica «sì che cambierà, vedrai che cambierà». Col senno di poi, ci si è accorti che probabilmente il cambiamento è stato insufficiente e che i mali di cui parlava Battiato nel 1991 (corruzione, volgarità e imbarbarimento della vita politica e civile, malgoverno, violenza, cattiva informazione) sono rimasti inalterati, anzi si sono nel frattempo persino accentuati. Il testo e la musica di questa canzone possono apparire scarni ed essenziali, ma risultano ugualmente efficaci nel trasmettere agli ascoltatori indignazione e tristezza, ma anche speranzosa attesa di una «primavera che tarda ad arrivare». Però… tra pochi giorni sarà primavera e possiamo votare…
L’immagine: la copertina di Come un cammello in una grondaia.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno I, n. 2, marzo 2006)