Il nostro lettore torna sulle omissioni e sulle complicità della Chiesa cattolica argentina durante la sanguinaria dittatura militare
L’avvocato dei desparecidos Giancarlo Maniga scrive che la Chiesa argentina ha brillato per la sua assenza rispetto alla dittatura militare: «Una assenza così marcata da sconfinare nella complicità. La Chiesa non poteva non sapere». «Il nuovo papa dovrebbe scusarsi per il suo passato», scrive don Vitaliano della Sala.
Ma le accuse più gravi di collusione della Chiesa cattolica con la dittatura, alla quale avrebbe consegnato due sacerdoti definiti “guerriglieri”, provengono dal libro di Horacio Verbitsky: L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina (2005). Valorosi vescovi che lottarono per i diritti umani, come Jaime de Nevares. Miguel Heague, Jorge Novak, furono barbaramente uccisi. Subito dopo il golpe, l’arcivescovo Adolfo Tortolo, presidente della Conferenza episcopale argentina, «richiamò pubblicamente i componenti della Chiesa cattolica del paese a cooperare con i militari. In un’assemblea della Conferenza episcopale difese l’uso della tortura con argomenti teologici medioevali». Il vescovo Bonomisi nel 1975 fece di peggio invocando così il Signore: «Fa discendere le tue benedizioni sui nuovi generali come soldati del Vangelo, disposti a sacrificarsi dando la vita per i loro fratelli come fece Gesù Cristo».
Il nunzio apostolico italiano era stretto amico dell’ammiraglio Massere, feroce torturatore, responsabile del campo di concentramento dell’Esma da cui partivano gli aerei che facevano precipitare, nudi, i prigionieri nell’Atlantico. Antonio Josè Plaza, arcivescovo di La Playa, fece arrestare decine di persone. Fu cappellano maggiore della polizia di Buenos Aires, sostenendo Ramon Campos, uno dei più sadici repressori. Molti sacerdoti sono stati complici diretti delle torture psicologiche, invitando i sequestratia parlare per ottenere il perdono divino, mostrando loro, se reticenti, foto di compagni crivellati di colpi.
La tortura psicologica peggiore spettava, però, ai familiari: non sapere, della vita e o della morte dei propri cari, prigionieri. La condanna a oscillare tra speranza e assenza, senza avere mai la possibile conferma definitiva. L’impossibilità di elaborare il lutto, il diritto di riavere i propri cari, vivi o morti, per gioire del loro ritorno o piangere il loro corpo in una tomba per sempre. Karol Wojtyla ha condannato la dittatura argentina e anche Jorge Mario Bergoglio l’ha fatto in occasione del trentesimo anniversario del golpe. Ma non basta. Con tutte queste nubi che si addensano sulla Chiesa argentina ci vuole qualcosa di ben più preciso, dettagliato. Che posizioni prese concretamente il futuro Francesco I contro la dittatura argentina? Cosa fece effettivamente a favore dei desaparecidos? Mi auguro che le risposte dissipino ogni dubbio. Altrimenti Francesco, quello vero, di Assisi, si sentirà tradito.
Paolo Tranchina – psicologo analista – Firenze
Sullo stesso argomento affrontato dal lettore, vedi, su LucidaMente, Francesco I e le ombre del passato.
(LucidaMente, anno VIII, n. 88, aprile 2013)
Per capire chi è veramente Horacio Verbitsky, vedere “El Poder Aéreo de los Argentinos”, che era “ghostwritten” per lui per el Circulo de la Fuerza Aerea, che lo ha citato per nome, e che è stato dedicato in parte ai tiranni che gestiscono il regime militare – nel 1979, con il famoso Jacobo Timerman ancora prigioniero e la repressione senza sosta. Il libro è legato al mio “When the accuser should stand among the accused; Pope Francis and some still dirty secrets
from Argentina’s so-called dirty ‘war’” @ http://www.offnews.info/verArticulo.php?contenidoID=44546