Miliardi di dollari guadagnati, milioni di giocatori iscritti, concerti di star internazionali: l’impero dei videogame non è mai stato così reale
Sarà rimasta di stucco la madre del sedicenne Kyle Giersdorf quando ha scoperto che suo figlio non stava perdendo tempo ai videogame, bensì gettava le basi per diventare ricco. Il giovane statunitense, infatti, ha vinto 3 milioni di dollari arrivando in prima posizione alla Coppa del mondo di Fortnite, organizzata nel luglio 2019. Al secondo posto si è piazzato un ragazzo inglese, che ha diviso i 2 milioni e mezzo di vincita con il suo compagno di squadra olandese.
Il campionato si è svolto a New York, nell’Arthur Ashe Stadium, e ha visto ben 40 milioni di partecipanti e un centinaio di finalisti, con un montepremi totale di 30 milioni di dollari. Tali cifre rendono l’idea di quanto sia enorme e redditizio il business di Epic Games, proprietaria del gioco che consiste nel costruire o distruggere fortini e nel combattere contro altri partecipanti, singolarmente o in gruppi. Creato nel 2017, Fortnite ha raggiunto in pochi anni un successo impressionante, superando i 350 milioni di iscritti, soprattutto grazie alla sua modalità online Battle Royale. Nel tempo che impiegherete a leggere questo articolo, i creatori del videogame avranno intascato circa 6 mila euro: i profitti, appunto, sono di 3 mila euro al minuto. Non dovrebbe dunque stupire che la società detentice i diritti sulla piattaforma sia arrivata a valere 15 miliardi. È però sorprendente che registrarsi e giocare sia completamente gratuito e che gli incassi esorbitanti derivino principalmente dall’acquisto di accessori virtuali con cui gli utenti personalizzano i loro avatar.
Il culto di Fortnite è talmente grande che si è disposti a spendere soldi veri per migliorare la performance e il diletto di una partita. Non solo: i giocatori professionisti godono di una fama degna di star olimpioniche. Tyler “Ninja” Blevins, nella top ten dei più forti al mondo, vanta milioni di fan sul suo profilo Instagram e altrettanti su YouTube. Sì, perché spesso i cosiddetti pro-players registrano le loro imprese e le caricano sul web. Molti combattono in diretta tramite app come Twitch, dove per ogni visualizzazione ricevono un guadagno (La popolarità paga: come monetizzano gli streamer su Twitch, La Gazzetta dello Sport).
Ecco spiegati i tornei milionari organizzati dalla stessa Epic Games, che mette in palio vincite molto sostanziose sia per spingere sempre più persone a partecipare, sia perché attorno all’evento si sviluppi clamore e seguito. Un’altra idea rivoluzionaria è promuovere, all’interno della piattaforma di gioco, concerti come quello di Travis Scott, un rapper statunitense che il 24 aprile scorso ha cantato, attraverso un personaggio che ne simulava l’aspetto, per 12 milioni di persone. Ciascun utente si è connesso a un orario prestabilito, recandosi nella località virtuale di Sabbie Sudate. I video dell’evento mostrano un palco e una serie di effetti grafici impressionanti con i quali l’artista ha presentato un suo brano in anteprima. Ed è così che reale e simulato si confondono, permettendo a Fortnite di diventare qualcosa di più di un semplice videogame.
Inoltre, come s’è detto, i creatori hanno introdotto la modalità Party Royale, nella quale i giocatori possono rilassarsi, socializzare, cambiare il proprio aspetto e comprare oggetti. Le prospettive di sviluppo sono notevoli: probabilmente si potrà assistere a proiezioni di film e organizzare match di pallavolo (Fortnite non è solo un gioco, Il Post). Insomma, tutto ciò che si farebbe nella vita quotidiana ma all’interno di una specie di realtà parallela. Pure chi nutre ancora dubbi sul perché Fortnite dovrebbe incuriosire anche i non appassionati, probabilmente vi ha avuto a che fare senza saperlo.
Durante i mondiali di calcio del 2018, il giocatore francese Antoine Griezman ha infatti esultato imitando un balletto che, nel gioco, è usato quando si trionfa sull’avversario. Oltretutto, Epic Games intende inaugurare la prima competizione di Battle Royale nelle scuole superiori e nei college degli Stati uniti. Ognuno presenterà la propria squadra, che si sfiderà con quella di altri istituti come se si trattasse di basket o baseball. Molti parlano di un vero e proprio fenomeno culturale, che ha trasceso il web e ha dato vita a linguaggi, riferimenti e spazi d’incontro per le nuove generazioni. In esso sono racchiusi uno sparatutto, un social network, un lavoro per molti professionisti, un luogo di festival e concerti musicali ma, più di tutto, un modo di impiegare il tempo. Con il suo aspetto cartoonesco, i paesaggi colorati e le colonne sonore alla moda, la produzione di Epic Games rappresenta, secondo l’esperto Matthew Ball, quanto di più vicino in assoluto possa esserci a un metaverso. Il termine, coniato negli anni Novanta, sta a indicare un universo virtuale condiviso, sempre online e attivo, che possiede la sua economia, i suoi lavori, i suoi negozi e i suoi media da consumare.
Tanti lo considerano un qualcosa di inevitabile. Se è certo che non ci troviamo (per il momento) di fronte a un metaverso, è anche vero che confinare Fortnite alla semplice definizione di videogioco sarebbe riduttivo. Viste le evidenti ambizioni degli ideatori e il forte fascino che questo mondo immaginario sta esercitando, vale forse la pena di superare lo scetticismo e tener d’occhio i pro-players che tanto entusiasmano i piccoli. Al di là di possibili scenari distopici, che a qualcuno forse ricorderanno Matrix, vale la pena riflettere su come il frutto di una programmazione informatica possa influenzare e trasformare la realtà.
Le immagini: un esempio di grafica del gioco.
Alessia Ruggieri
(LucidaMente, anno XV, n. 174, giugno 2020)