Una struggente poesia di Michele Arcangelo Firinu sulla scelta di Marc ed Eddy Verbessem, due gemelli quarantenni belgi nati sordi che, prima di divenire anche ciechi, han deciso insieme per la propria eutanasia
Pur rispettando la loro scelta, fino all’ultimo il fratello Dirk e i genitori Mary e Romy hanno cercato di far cambiare idea ai gemelli Marc ed Eddy Verbessem, ma alla fine hanno dovuto accogliere il loro sguardo sereno e quel saluto, l’ultimo: «Ci vediamo in cielo». Poi l’iniezione letale e via per sempre.
Erano nati sordi, ma, all’idea che sarebbero diventati presto anche ciechi, hanno deciso che non valeva più la pena vivere e hanno chiesto di morire, insieme, così come insieme erano venuti al mondo. Così, in una grigia mattina dello scorso dicembre, vestiti con tuta e scarpe nuove, dopo aver bevuto insieme un’ultima tazza di caffè ed essersi detti addio, i due gemelli quarantacinquenni di Anversa, calzolai, hanno deciso di lasciare la Terra con un’iniezione praticata al Bruxelles University Hospital di Jette Campus. La legge belga sull’eutanasia ha loro consentito di essere uccisi con un’iniezione letale, giustificata con la loro grave “sofferenza psicologica” dovuta all’imminente cecità. Mark ed Eddy hanno così scelto di morire assieme, dopo 45 anni passati in totale simbiosi perché gemelli e nati sordi. Impressionante la serenità con cui se ne sono andati, la perseveranza con cui per due anni Mark e Eddy hanno cercato la struttura che accettasse la loro istanza di eutanasia. L’idea di non essere più autosufficienti, di finire in un istituto, li aveva sconvolti.
Il professor Wim Distlemans, il medico che ha preso la decisione di praticare l’eutanasia ai gemelli Verbessem, ha commentato così la propria decisione: «Questo è il primo caso al mondo di eutanasia doppia eseguita su fratelli. C’era per loro una forte sofferenza psicologica: non è semplicemente perché erano sordi e ciechi che hanno potuto ricorrere all’eutanasia, è che non potevano sopportare di vivere l’uno isolato dall’altro. Il dolore può essere insopportabile non solo a livello fisico ma anche mentale».
Nel pancione-aerostato di Mary con amore Romy depose il seme, affinché nelle azzurre acque della sposasi cullasse la sua progenie.
Nella voliera liquida staccata dalla terra, come in una campana vitrea, silente, due esserini monozigoti maturarono e galleggiavano, stretti stretti tra loro,nel calore dell’amnios.
Nati, crebbero interpretarono il film della loro esistenza senza colonna sonora alcuna, l’uno rivolto all’altro a grammaticarsi sguardi, i sogni ben ficcati nelle palpebree letti a specchio da iride a iride.
Scorre la polvere dei giorni e riempie le clessidre sorde. I due calzolai siedono al desco, ridono, piantano chiodi su tacchi e suolesenza rumore.
Colma la polvere le ampolle: quarantacinque anni nelle clessidre sorde. Ma ora muore anche la luce nelle pupille dei due fratelli. Nelle loro silenti campane di vetro non tollerano che il glaucoma gli cali la mannaia del buio. Rattrappirsi annichiliti, ognuno dei due in un singolo bozzolo, come monadi senza finestre,non sarebbe più vita.
Indossano per l’ultima foto, dopo il caffè, un sorriso tenue, dolce, sbiadito, dentro le tute e le scarpe nuove. Il fratello Dirk, il papà e la mamma li stritolano mentre li abbracciano, serrano i denti, che non sfuggano lacrime. Mark e Eddy Verbessen, gemelli, salutano: «Ci vediamo in cielo» e si coricano vicini, come due bambini buoni in una poesia pascoliana,tenendosi stretti la mano.
Per due anni hanno implorato le cliniche che non li lasciassero soli a cercar la finestra, lo sparo, lo sfracello da un ponte. Rispetta il loro volere il dottor Wim Distlemans, pietoso. al Bruxelles University Hospital Jette Campus, il quattordici dicembre duemiladodici,fa scorrere nelle loro vene l’eterno riposo.
Erano in tale sintonia, i due gemelli,che con la morte si son voluti siamesi.
Michele Arcangelo Firinu
(LucidaMente, anno VIII, n. 87, marzo 2013)