Giovanni Minoli è oggi un sessanteseienne ancora in gran forma, nonché uno dei volti più longevi e più noti della televisione. Entrato in Rai nel 1972, ha raggiunto la fama negli Anni Ottanta con Mixer, il programma di informazione giornalistica edito da Rai 2. Da sempre vicino al Partito socialista italiano, dopo Tangentopoli ci fu un periodo in cui venne escluso dalla conduzione di programmi televisivi, fino a quando, verso la fine degli Anni Novanta, è tornato in auge con Rai Educational. Ha ideato e prodotto vari programmi noti al pubblico come Quelli della notte con Renzo Arbore, Blitz con Gianni Minà e La Storia siamo noi, da lui stesso condotto. Da direttore di Rai Tre ha portato in prima serata la medicina con Elisir, la storia con La grande Storia, l’economia con Maastricht Italia.
Minoli ha anche realizzato il primo progetto di fiction seriale-industriale a Napoli con Un posto al sole. Dal 2002 è direttore di Rai Educational: alla sua direzione si deve tra l’altro il successo di Il grande Talk, Il Divertinglese, Explora.
Lo abbiamo intervistato rapidamente durante una sua presenza a Catanzaro, in occasione dell’incontro Viaggio nel giornalismo tra cronaca e storia.
Cosa pensa della televisione pubblica, lei che ha vissuto tanti anni della storia della Rai?
«La televisione è il più grande veicolo del sistema di comunicazione. Per la sua natura ontologica trasferisce sistemi di valori sia nel bene che nel male. Oggi la televisione ha fagocitato la politica. Oggi tutto diviene fiction. Il servizio pubblico va rilanciato su una linea che ridia a esso un’anima. La televisione pubblica deve parlare al cittadino; in caso contrario non svolge più la propria funzione».
Dunque lei condivide la tesi di Popper che nel libro Cattiva maestra televisione critica chi in favore dell’auditel predilige trasmissioni a discapito della qualità?
«La risposta richiederebbe molto tempo, ma in sintesi le dico che ci vuole la patente anche per questo. È necessaria un’etica dell’informazione. Si è perso l’entusiasmo di fare programmi di alto livello».
Secondo lei devono esistere le televisioni private?
«Le tv private devono vivere sul mercato e fare bene il proprio lavoro in modo che la gente compri la pubblicità».
Aspetti negativi?
«Non bisogna essere schiavizzati da ciò».
Potrebbero essere essenziali a suo avviso solo le tre reti principali Rai?
«No, assolutamente. Le televisioni locali sono molto importanti perché navigano sulla realtà territoriale».
Cosa pensa dell’avvento di Sky?
«Sky è stata molto privilegiata».
Cosa significa per lei essere oggi socialista?
«Il socialismo è cercare di cambiare le cose senza smettere di sperare di riuscire a farlo».
Cosa pensa della situazione attuale, anche in merito al tanto discusso bunga bunga del nostro presidente del Consiglio?
«Cosa devo dirle… di ciò che ognuno fa a casa sua non mi interessa. Se poi il presidente dice bugie in pubblico, è una cosa grave. Non so… Sapremo alla fine del processo com’è andata».
L’immagine: Dora Anna Rocca intervista Giovanni Minoli in occasione dell’incontro Viaggio nel giornalismo tra cronaca e storia, tenutosi lo scorso 13 aprile a Catanzaro presso l’auditorium Casalinuovo, a cura della Provincia della città calabrese.
Dora Anna Rocca
(LM EXTRA n. 24, 16 maggio 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 65, maggio 2011)