Replica a un articolo de “il Manifesto” riguardo una presunta apertura dell’organo gesuita “La Civiltà Cattolica” sul disegno di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita
Lo scorso 15 gennaio, su La Civiltà Cattolica, è uscito un intervento del gesuita Carlo Casalone (La discussione parlamentare sul “suicidio assistito”). Il giorno successivo, su il Manifesto, ecco un articolo di commento di Luca Kocci dallo speranzoso titolo Fine vita, si incrina il muro Vaticano. Al riguardo, però, si registra un fermo e disilluso intervento di Mauro Scarpellini, vicepresidente di Libera Uscita, «Associazione laica e apartitica per il diritto a morire con dignità», che volentieri ospitiamo.
Se non si legge l’intero servizio giornalistico, il titolo del quotidiano il Manifesto può trarre in inganno. Non si incrina alcun muro ma mi sembra che la posizione dei gesuiti si indirizzi verso due direzioni.
Una prima direzione è quella interna al mondo organizzato dei cattolici. I gesuiti affermano, senza complimenti e senza bisogno di esprimerlo, che le posizioni, le valutazioni e le indicazioni di linea e operative su aspetti come quello in discussione sul disegno di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita le danno loro. Ciò significa, senza bisogno di ricordarlo agli interessati, che la gerarchia esiste e nella sua scala il livello di Family Day e dei numerari dell’Opus Dei è ben al di sotto del livello della rivista gesuitica, stampata – come ricorda l’articolo stesso – dopo la correzione delle bozze da parte della segreteria vaticana. Gli estremisti si risentono e protestano. Reazione del tutto insignificante ai fini del dettar la linea di comportamento ai parlamentari italiani e ai capi delle Diocesi. La seconda direzione è quella dei parlamentari ai quali i gesuiti indicano la tattica di scontro non frontale, rischioso sull’esito finale. Parlo di scontro non frontale e non di incontro e mediazione perché l’accettazione a discutere il disegno di legge non potrebbe essere rifiutata alla presenza dall’ancor disattesa sentenza della Corte costituzionale, ma ciò non significa condividere il disegno di legge.
Infatti la tattica è chiara. Emendamenti già suggeriti, obiezioni di coscienza e non so cos’altro, tenderanno a subire una legge – quando ci sarà – che sarebbe non solo meno peggio di nessuna legge in presenza di eventuale successo del referendum, ma che può essere indebolita al momento della sua formulazione in sede legislativa e, successivamente, boicottata in sede di applicazione della legge stessa. Non faccio fatica a immaginare lo scenario possibile che sto descrivendo perché l’esperienza italiana ci induce a far confronti con la formulazione e l’applicazione di altre leggi, in particolare quelle riguardanti la procreazione assistita, l’aborto e non solo. Temo, in verità, l’impreparazione di tanti parlamentari della legislatura in corso, eletti per caso, certamente non approfonditi cultori della Politica e dei principi legislativi in uno Stato laico.
Mauro Scarpellini
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 193, gennaio 2022)