Tante ragazze avvenenti preferiscono intraprendere il mestiere di “accompagnatrice”, anziché svolgere altri lavori più impegnativi e faticosi. Furbizia postmoderna o sintomo del declino civile dell’Italia?
La nostra società non esprime grandi valori. La morale, l’impegno, il merito, non sono considerati se non nella vecchia veste opportunistica. Così ci sono il merito di farsi avanti, l’impegno di fare poco e la morale del quotidiano arrangiarsi. Bisogna essere bravi per digerire certe pillole, quasi degli eroi. Poiché il sistema va come va, si deve parlare di “eroine” più che di “eroi”, anche se i tempi sono così avanzati che tutto va bene. Anzi, tutto va male a causa della prassi disgustosa che caratterizza certi affari: ma non lo si deve dire troppo, per non disturbare gli addetti ai lavori. Anche se gli stessi farebbero di tutto per affermare che così va il mondo e che bisogna saper cogliere al volo le occasioni. Furbe sono le ragazze che, anziché fare le commesse, si sacrificano per il diletto di anzianotti in fregola, vera o presunta che sia.
I valori sociali attuali sono il denaro e l’apparire. Per una bella ragazza è un’occasione da non lasciarsi scappare. Deve solo armarsi di cinismo, deve diventare di bocca buona e fingere. A questo punto, la ragazza in questione cade in una specie di abisso – storicamente ben noto – dal quale non si risolleverà più. L’abisso le fa perdere ogni illusione sulla bellezza della vita, sull’amore, sulla importanza delle relazioni, sui valori. Basso mercimonio – facile per la domanda ritenuta lecita, qualsiasi domanda, in questo mondo forzatamente disincantato – e assoggettamento quasi meccanico per i guadagni che ne derivano. Non poche studentesse arrotondano alla grande aprendo le gambe con disinvoltura, con distacco. Non è una vocazione, ma lo diventa. La società, del resto, è concentrata sul guadagno a tutti i costi. Chi non si adegua è perduto, viene emarginato. Ascoltate cosa dice in proposito una escort, in questa intervista riportata nel presente numero di LucidaMente.
Ciò che oggi rende interessante un essere umano è il portafoglio da una parte e l’avvenenza volgare dall’altra, con tanto di disponibilità. L’avvenenza va bene, ma dovrebbe essere al servizio della esaltazione della vita, nella sua complessità, non del suo deprezzamento (insomma, l’uso esclusivo del corpo, come un robot). Ma se questa concezione non assicura guadagni, che la si sposerebbe a fare? Eppure molte donne la sposano e chissà che meriti avranno. Altre, e non pochissime, sposano ben altro e onorano il sistema. Ma il sistema è da onorare? C’è chi dice no. Lo dice solennemente, con convinzione. Parla di etica umanistica e sostiene che stia qui il senso dell’umanità stessa. Un abbaglio? Pare di sì, perché è una teoria vecchissima, sempre poco applicata. Troppo poco. Certo è che la sua disapplicazione sistematica fa vivere male anche coloro che pensano di vivere bene (e i brutti sogni dove li mettiamo?). I valori di basso livello, dunque, hanno stancato. Annoiano. Umiliano. Angosciano.
L’immagine: Wally con blusa rossa e ginocchia sollevate (1913, guache, acquerello e matita, 31,8 x 48, collezione privata) di Egon Schiele (Tulln an der Donau, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918).
Dario Lodi
(LM EXTRA n. 27, 16 gennaio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 73, gennaio 2012)
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