Dalle prime immagini Art Nouveau ai luoghi impossibili. La mostra felsinea ripercorre la produzione di un artista unico e geniale, capace di vedere la realtà attraverso le leggi geometriche
La mostra Escher (Bologna, Palazzo Albergati, via Saragozza 28, fino a domenica 19 luglio 2015), ripercorre, attraverso oltre centocinquanta opere, la produzione artistica del grafico e incisore olandese, una personalità geniale che riuscì a vedere la regolarità e i paradossi geometrici nascosti nella realtà del mondo che ci circonda.
Nato nel 1898 a Leeuwarden, nel nord dei Paesi Bassi, quarto figlio di un ingegnere civile, Maurits Cornelis Escher non sembra avere davanti a sé un futuro promettente. Non è brillante negli studi, al punto che deve ripetere gli esami superiori. L’unica materia nella quale eccelle è il disegno. Poi qualcosa in lui cambia: si iscrive alla Scuola di Architettura e Arti visive di Harlem e, a una sola settimana dall’inizio delle lezioni, decide di dedicarsi ad Arti grafiche piuttosto che ad Architettura. All’origine di tale scelta vi è Samuel Jessurun de Mesquita, professore al quale il giovane Escher ha mostrato i propri schizzi. È di questo periodo la prima fase di una produzione ispirata all’Art Nouveau. Gli studi proseguono senza intoppi e, una volta terminati nel 1922, Escher si sposta in Spagna e in Italia. Un grand tour moderno che lo porta alla scoperta di paesaggi, architetture e forme decorative che influenzano profondamente il suo stile e la sua vita.
Nel Belpaese conosce Jetta Umiker, giovane donna di buona famiglia milanese. Nel 1924 la sposa e decide che da qui non se ne vuole andare più. La coppia si trasferisce a Roma; Escher impara perfettamente l’italiano e si inserisce negli ambienti intellettuali dell’epoca, conoscendo artisti e scienziati. Periodicamente, i due si concedono viaggi lungo tutta la penisola, durante i quali egli raccoglie impressioni e bozzetti. Per lui l’Italia non è solo mare e sole, che pure adora, ma soprattutto edifici e ambienti, nei quali individua la regolarità dei volumi e la natura geometrica degli spazi. Per il resto della sua esistenza, le immagini del nostro Paese saranno il punto di partenza per l’ideazione delle strutture architettoniche, più o meno reali, delle sue opere.
Nel 1935 Escher decide di abbandonare l’Italia a causa del clima politico sempre più opprimente. L’anno seguente visita per la seconda volta la Spagna e i resti arabi dell’Alhambra. In questa occasione studia meticolosamente il monumento moresco e le sue decorazioni a piastrelle. Dopo il viaggio la tassellatura, già presente nello stile di Escher, diventa un elemento fondamentale e i suoi studi arrivano persino a esplorare aspetti legati alla cristallografia. A testimonianza del rapporto tra l’arte di Escher e l’indagine scientifica in tale campo, in mostra si trovano anche una serie di cristalli. Anche il fascino dei frattali influenza notevolmente il suo stile: si tratta di figure geometriche caratterizzate dal ripetersi infinito di uno stesso motivo su scala sempre più ridotta.Attraverso pannelli esplicativi e giochi per bambini, poi, la rassegna scruta l’applicazione delle leggi della percezione visiva, scoperte all’inizio del XX secolo dalla psicologia della Gestalt e utilizzate da Escher soprattutto dalla fine degli anni Trenta.
Nel decennio successivo, ritornato nel suo Paese d’origine, l’artista vive la fase più prolifica. Senza la distrazione del sole e dei paesaggi mediterranei, egli si concentra sull’analisi geometrica degli spazi, rappresentando mondi tridimensionali e strutture impossibili, come la scala di Penrose e il nastro di Moebius. Le architetture italiane e la tassellatura moresca ritornano, vengono analizzate con freddezza matematica e spinte ai limiti del possibile, sfidando la fisica. Il suo sguardo attento porta in luce le forme nascoste di grandi palazzi e panorami, ma anche di strutture più piccole. Insetti e fiori sono rappresentati attraverso il meticoloso studio della loro straordinaria composizione naturale, come nelle opere Soffione (1943), Scarabei (1935) e Cavalletta (1935).
Appare chiaro a chiunque visiti la mostra su Escher che non è abbastanza definirlo “artista”. Egli non si limita a esaminare e raffigurare la realtà, ma ricerca in essa le leggi aritmetiche e le successioni geometriche di base, trasformando il suo operato in indagine della natura. Questo grande intellettuale fu capace di riunire svariate culture e forme di espressione: edifici italiani, decorazioni moresche e paesaggi nordici. Proprio grazie a tale commistione di tradizioni e fonti di ispirazione, il suo estro è apprezzato in ambienti estremamente diversi: dalla generazione hippie, che si riconosceva nell’effetto straniante di monumenti impossibili, fino alla comunità scientifica, che ancora oggi usa alcune opere per lo studio dei cristalli.
La mostra Escher (Bologna, Palazzo Albergati, via Saragozza 28) è aperta tutti i giorni, dalle ore 10,00 alle 20,00, fino al 19 luglio 2015. Per maggiori informazioni si può consultare il sito www.palazzoalbergati.com.
Le immagini: Emblemata I, Vaso (1932, xilografia, 42x36x0,03 cm, collezione Giudiceandrea Federico); Specchio magico/Magic mirror (1946, litografia, 25,30×33,90 cm; litografia, 27,90×44,50 cm, collezione Giudiceandrea Federico); Soffione/Blowball (1943, xilografia, 17,80×18 cm, collezione Giudiceandrea Federico).
Vittoria Colla
(LucidaMente, anno X, n. 112, aprile 2015)