Aumenta il numero degli italiani all’estero: per gli studenti una crescita culturale da “spendere” al rientro
Quando si parla di un giovane italiano all’estero, immediatamente affiorano alla mente le immagini e i racconti di chi non è riuscito a trovare lavoro nel Belpaese e si è quindi rivolto altrove. Una vera e propria fuga, per avere maggiori possibilità lavorative o vivere in condizioni migliori.
Negli ultimi anni, invece, sta prendendo piede una nuova tendenza, quella dell’italiano che parte, si forma all’estero e ritorna. Un cambio di direzione che arricchisce non solo il diretto interessato, ma anche il paese che lo riaccoglierà, entusiasta, praticamente bilingue, con una nuova visione del mondo e un metodo didattico o lavorativo diverso da proporre. I dati raccolti dall’ente del Ministero dell’istruzione Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca innovativa) parlano chiaro: il numero di studenti e tirocinanti che scelgono il progetto Erasmus Plus cresce di anno in anno.
Solamente nell’anno accademico 2015-16, 26.055 giovani usufruiranno del programma di mobilità, dei quali la maggior parte con l’obiettivo di studiare in ambito straniero (20.939), mentre i restanti 5.116 per realizzare un tirocinio in imprese estere. Se poi si guarda anche all’aumento avvenuto in soli dodici mesi, i numeri lasciano ben sperare nella crescita del programma: nell’anno 2014-15 sono partiti 25.448 giovani, contro i più di 26 mila di quest’ultimo anno accademico.
Ma qual è l’identikit di un giovane Erasmus? I grandi numeri citati lasciano intuire un altro lato positivo di questo programma: il giovane Erasmus può essere (quasi) chiunque. Da sempre, infatti, il progetto è attuato con il proposito di essere il più inclusivo possibile e si rivolge a ogni studente universitario dotato di una buona dose di curiosità e iniziativa. Se si vanno ad analizzare i parametri necessari per fare domanda, infatti, si potrà facilmente notare che non è necessaria una media alta, i requisiti di lingua sono quelli di un livello intermedio, sono presenti numerose borse di studio e le condizioni per ottenerle e mantenerle non sono proibitive. Inoltre, la varietà di mete proposte permette al ragazzo in questione di scegliere tra numerose destinazioni; la preferenza, quindi, potrà vertere sul paese che più interessa, sul costo della vita di questo, sul prestigio dell’università ospitante, sulla lingua e – perché no – su altri fattori come clima, cibo, distanza da casa, ecc.
D’altra parte, bisogna considerare che nel momento in cui si fa domanda per una sede Erasmus, si concorre per questa. Le mete più ambite, quindi, sono anche quelle cui è più difficile accedere e la selezione avviene attraverso la media, la motivazione del candidato e altri requisiti. Un’altra difficoltà riscontrata dai partecipanti al programma è la cosiddetta burocrazia Erasmus: non è facile trovare un piano di studio che rispetti le aspettative dell’università d’origine con quello proposto nella nuova sede e con i suoi orari, ma un po’ di flessibilità e un buon professore coordinatore possono aiutare nell’impresa.
Le destinazioni che fino ad ora, secondo il sito dello stesso programma Erasmus+, hanno riscosso più successo da parte dei nostri connazionali sono in gran parte spagnole (+30%), seguite da quelle francesi (14,6%) e tedesche (11,5%). Un fattore, però, emerge, al di là della meta prescelta: l’esperienza Erasmus rappresenta un’occasione di crescita non solo personale ma sia per la sede ospitante, che ha la possibilità di beneficiare delle idee di giovani provenienti da tutte le parti del mondo, sia per quella originaria, che al ritorno avrà un cittadino più maturo e consapevole, sia per la comunità internazionale, che lentamente e silenziosamente sta tessendo una ricca rete di legami sovranazionali, in uno scambio continuo e arricchente. Perché sei mesi possono bastare a cambiare una vita. E forse le sorti di un paese.
Sara Tonini
(LucidaMente, anno XI, n. 123, marzo 2016)