Il non poter più uscire ha costretto tutti a reinventare la propria quotidianità, ricercando il contatto umano in maniere alternative. Quali saranno le conseguenze di tale cambiamento?
L’Italia e sempre più Paesi del mondo stanno attraversando quella che sembrerebbe la simulazione di una realtà distopica. L’avvento della malattia Covid-19 ha infatti costretto le autorità a imporre una serie di restrizioni alle libertà di ciascuno, allo scopo di contenere il diffondersi dei contagi. Il controllo sociale ha raggiunto vette inesplorate: si può uscire dalla propria abitazione solo per ragioni di assoluto bisogno e previa autocertificazione.
La necessità di tali provvedimenti, certo non posta in discussione, non ne allevia però gli effetti. Il contatto umano, essendo il principale veicolo di trasmissione del virus, è stato drasticamente ridotto (per chi vive da solo completamente eliminato). L’unico mezzo di comunicazione con l’esterno è rimasto il web, sul quale si è completamente reimpostata la routine di molti: aperitivi online, dirette su Instagram, yoga su Skype e chi più ne ha più ne metta riempiono le giornate. Ci si può collegare in videochiamata e fare giochi di società o guardare e commentare film in compagnia. Alcuni hanno osservato quanto si sia fortunati a dover restare a casa con tutti questi strumenti di intrattenimento, immaginando come sarebbe stato essere in quarantena 50 anni fa, senza smartphone né internet. Di fronte all’incertezza sul quando finirà tale situazione è però lecito domandarsi: può il mondo virtuale colmare interamente il bisogno di socialità? Quali saranno le conseguenze dell’isolamento?
È interessante notare come la concezione di internet sia cambiata, adesso che gran parte dei contenuti non sono più pubblicabili. Piattaforme come Instagram, basate sull’ostentazione di viaggi e cene con gli amici hanno perso improvvisamente ragion d’essere. Senza contare che questo periodo, particolarmente teso e delicato, mal si accorda con la felicità forzata tipicamente mostrata sui profili Facebook o Twitter.
Tuttavia, il web ha saputo reagire e reinventarsi molto velocemente. C’è chi in un simile periodo vi vede un’àncora di salvezza dalla solitudine, nonché l’elemento unificatore della collettività. Proprio sui social sono state organizzate raccolte fondi importanti per tanti ospedali italiani, campagne di sensibilizzazione (come l’hashtag #iorestoacasa) e perfino flash mob sui balconi, accompagnati dalle note dell’inno nazionale. Sembra quasi che, con la separazione fisica, il popolo italiano abbia ritrovato l’unità persa da tempo. La rappresentazione di sé su internet è divenuta più “spirituale”: si mostrano le proprie passioni nel tentativo di essere di ispirazione agli altri, ma anche le proprie paure e debolezze riguardo l’attualità. Queste premesse, sommate al fatto che l’esterno sia rappresentato come pericoloso e pieno di insidie, hanno dato il via a una transizione ancora più marcata verso il mondo online.
Riprendendo gli scenari distopici di cui sopra, si potrebbe riflettere sulla reversibilità di tale transizione. Se già quando c’era la possibilità di uscire si trascorrevano giornate allo smartphone, cosa succederà adesso che è (quasi) l’unica fonte di socialità rimasta? Difficile prevederlo con certezza. Certo è che ci si può temporaneamente abituare a fare a meno degli altri, ma non senza conseguenze.
Gli esperti hanno paventato seri rischi per la salute mentale e si è parlato di social recession, nonché del collasso nelle interazioni che risulterebbe particolarmente dannoso per chi è più esposto o vulnerabile alla solitudine, ad esempio gli anziani o le persone affette da malattie mentali. La rivista di medicina Lancet ha pubblicato in questi giorni un articolo che riassume gli studi passati sugli effetti psicologici delle quarantene, facendo principalmente riferimento all’epidemia della Sars 2002-2003. Da esso emerge che anche isolamenti inferiori ai dieci giorni possono avere effetti a lungo termine quali ansia e disordini da stress. Sul web hanno iniziato a circolare articoli (qui quello di LucidaMente) e tutorial su come impiegare il proprio tempo e alcuni psicologi si sono messi a disposizione per un consulto su Skype. Mai come adesso che viviamo in un mondo virtuale ci si era resi conto di quanto esso sia spesso insufficiente.
A questa quarantena potrà seguire, sì, un cambio di equilibri nella vita di ciascuno ma non è detto che sia in peggio: si potranno riscoprire le piccole cose, come la bellezza di una passeggiata senza messaggi continui a disturbare la visione del paesaggio o la gioia di un concerto senza il pensiero di doverlo registrare. E allora l’affollamento online e il deserto nelle piazze saranno solo un brutto ricordo.
Per saperne di più: Il Coronavirus è anche un’emergenza psichiatrica di cui nessuno parla, Esquire; Social al tempo del Coronavirus, We Are Social.
Alessia Ruggieri
(LucidaMente, anno XV, n. 172, aprile 2020)