Il Psi, la legge elettorale e i suoi complicati meccanismi, le passioni e le speranze
In vista della tornata elettorale del prossimo 4 marzo, per offrire un ulteriore elemento di analisi e proposta ai nostri lettori, riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Ogni partito, movimento, associazione coltiva la legittima aspirazione, attraverso la partecipazione alle competizioni elettorali, ad avere propri rappresentanti negli organi istituzionali, parlamento, regioni ed enti locali nell’ambizione di contribuire a risolvere nel miglior modo possibile i problemi dei cittadini.
La partecipazione alle competizioni elettorali, d’altro canto, richiede una preventiva disanima sulla possibilità sia di presenza che di probabile successo, disanima che richiede maggiore attenzione per le forze che possono mettere in campo esigue o nulle risorse umane ed economiche. Quindi, la conoscenza della legge elettorale diviene essenziale: la legge attualmente in vigore non è certamente quella che sarebbe stata necessaria per fare della prossima legislatura una fase costituente (il che avrebbe richiesto un sistema pienamente proporzionale per dare ai molti almeno il diritto di tribuna per un contributo riformista il più ampio possibile, comunque superiore all’insieme dei tanti no, di diversa natura, che hanno affossato la recente riforma costituzionale), ma con essa dobbiamo fare i conti. Al di là degli aspetti di dubbia costituzionalità, da più parti sollevati, la legge consente diverse possibilità utilizzando le deroghe al testo base, possibilità forse non più ripetibili per le prossime chiamate alle urne.
Ai socialisti che lamentano la mancata presenza del proprio simbolo politico sulla scheda elettorale, va posta una semplice domanda: saremmo stati in grado di raccogliere 25 mila firme (sia per la Camera che per il Senato) – la legge ne prevedeva 100 mila, ridotte a 50 mila per la sua prima applicazione e successivamente ridotte a 25 mila – in modo, soprattutto, corretto? Dubitiamo della riuscita, anche utilizzando l’estensione degli autenticatori, pure in questo caso solo per la sua prima applicazione. L’altra domanda da porsi è: sarebbe valsa la pena di un tale impegno per ottenere un modestissimo risultato elettorale tenuto conto che al di sotto dell’1% sarebbero voti dispersi e con meno del 3% non parteciperemmo all’assegnazione dei parlamentari? La risposta è che, esaminando non solo i sondaggi (probabilmente non veritieri e interessati), ma anche i risultati delle precedenti elezioni, un tale gravoso impegno non sarebbe stato utile.
Per consentire una nostra presenza, la legge elettorale ci consente di partecipare a una coalizione nella quale ci si ritrovi in massima parte d’accordo e, comunque, al suo interno, le peculiarità di ogni formazione partecipante non strida con i valori e le intenzioni degli altri. Quale scelta fare, avendo presente che, per stare in coalizione, non è necessario la sola nostra volontà, ma necessita anche quella dei nostri compartecipanti? Al di là delle differenze, chi nutre qualche simpatia per il Movimento 5 stelle deve pur prendere atto della loro indisponibilità a coalizioni elettorali, nella presunzione di poter arrivare da soli a un’autosufficienza numerica di parlamentari. Non ritengo politicamente possibile stipulare accordi con chi cavalca i tanti malcontenti praticando un becero populismo contro la casta, diventando sempre più essi stessi casta, se non addirittura setta.
Avremmo potuto rivolgerci a coloro che ci hanno considerato “inutili quando non dannosi”, che ci hanno negato l’apparentamento nel 2013 privilegiando il rapporto con il Centro democratico? Pur superando i risentimenti, praticando l’insegnamento dell’indimenticabile Pietro Nenni secondo cui «con i risentimenti non si fa politica», l’accordo, anche solo elettorale, sarebbe stato complicato per chi, puro e duro, non ha saputo nemmeno valorizzare quei pochi socialisti che, ingenuamente, pensavano a un’accoglienza calorosa. Riguardo un’eventuale alleanza elettorale con i partiti del centrodestra è bene far prevalere, pur nel rispetto delle loro legittime posizioni, e senza demonizzare le persone, una nostra assoluta divaricazione sull’azione da porre in atto per risolvere i problemi dei cittadini.
Se non si approva la nostra partecipazione alla coalizione di centrosinistra, sarebbe bene pronunciarsi sulle reali alternative a tale scelta, senza nascondersi dietro inespresse preferenze contrarie alla posizione del Partito socialista italiano. L’alternativa non può essere quella dell’astensionismo, meglio comunque partecipare al voto ed esprimere preferenze diverse da quelle dei socialisti che rinchiudersi in una sterile protesta che, tra l’altro, favorisce chi al voto partecipa facendo politica e scelte anche per chi non partecipa. Infine, sulla tecnica elettorale, la possibilità di poter partecipare alla competizione elettorale senza il gravame della raccolta delle firme: anche in questo caso la legge elettorale consente uno strappo alle rigide disposizioni del testo base permettendo anche a noi di superare questo ostacolo grazie al gruppo (al solo Senato) da noi promosso assieme ad altri parlamentari all’indomani della precedente elezione del lontano 2013, evitando di partecipare al gruppo misto e rifuggendo dalle lusinghe del Partito democratico che ci aveva ospitato nelle sue liste. Anche in questo caso la sopra accennata possibilità ci è stata consentita grazie alla disponibilità, probabilmente condizionata, dei vari componenti del gruppo stesso.
Come ci presentiamo agli elettori? La lista ITALIA EUROPA INSIEME è compartecipata da tre soggetti, soggetti che appaiono sul simbolo con i loro riconosciuti contrassegni. Il Psi, i Verdi e i Civici dell’Ulivo. È vero che nella scheda elettorale, data la dimensione di tre centimetri del simbolo, i riferimenti non sono perfettamente leggibili, ma, a coloro che si lamentano della mancanza del nostro simbolo, ribadisco di controllare i manifesti e il materiale elettorale e, se vorranno vederlo, ritroveranno il nostro storico riferimento. È vero che tre debolezze insieme non fanno una forza, ma è altrettanto vero che, rimanendo ognuno nel proprio recinto a coltivare i ricordi degli avvenimenti e dei protagonisti del passato, si scivola, in un lento inesorabile declino, verso il completo e inevitabile esaurimento delle residue aspettative e speranze che ancor permangono in noi.
Abbiamo deciso, INSIEME, di contaminarci, nella speranza di un lusinghiero risultato che ci consenta di avere una consistente pattuglia in parlamento, una pattuglia che dobbiamo cominciare a pensare come espressione della lista INSIEME, non delle singole componenti compartecipanti. Avremmo preferito che la contaminazione avesse coinvolto anche i radicali rappresentati da Emma Bonino, ma, nonostante gli inviti di INSIEME e le sollecitazioni da più parti prodotte, non è stato possibile avere la compartecipazione di questa parte dei radicali sia per la indisponibilità della sua protagonista sia ‒ nessuno me lo toglie dalla testa ‒ per l’intervento di una manina per evitare che si compisse il matrimonio. Il motivo è semplice: con l’apporto della lista +Europa avremmo raggiunto più facilmente il 3%, limite minimo per partecipare all’assegnazione dei parlamentari. Evidentemente a qualcuno fa comodo che le liste in colazione nel centrosinistra superino l’1%, ma non il 3%, contribuendo così ad arricchire la dotazione di parlamentari di chi è partito prevalente.
Viene calcolato che ogni 1% permetta l’elezione di 4 parlamentari, per cui, se le tre liste raggiungessero, assieme, il 6/7%, il partito maggioritario potrà avere dai 20 ai 30 eletti tra le sue fila. Di qui il braccio di ferro tra le formazioni del centrosinistra per un ritorno di questa dotazione, pretendendo una serie di posizioni nei collegi uninominali che, dopo una quasi rottura, ha registrato un soddisfacente accordo per tutti. Una chiosa sulla polemica per i personaggi politici catapultati nei collegi uninominali. Crediamo che obiettivo di ogni movimento sia quello da un lato il mantenimento del proprio fedele elettorato (a proposito, la fedeltà deve anch’essa essere un valore) e dall’altro far sì che si convincano elettori politici di altri schieramenti a cambiare idea.
Certo che considerare non avversario politico ma nemico chi non la pensa come te, porta poi a storcere il naso davanti a certe candidature; purtuttavia, non solo gli accordi vanno rispettati, ma è necessario che ognuno si tenga i propri eventuali mal di stomaco nella consapevolezza che, se da una parte non si digerisce un candidato, da un’altra parte qualcuno non digerisce un candidato che tu consideri meritevole della candidatura. Tornando a noi, dobbiamo impegnarci per una campagna elettorale dura, nella quale poca attenzione verrà posta alle piccole formazioni, con il richiamo del voto utile che si identifica con i partiti maggiori: la lista INSIEME deve far comprendere ciò che altri non possono proporre, e cioè che non è semplicemente un’alleanza elettorale ma un progetto politico che conduce a un nuovo soggetto, importante nello schieramento di centrosinistra, un centrosinistra allargato e inclusivo. Anche se questa legge elettorale ha fatto di tutto per impedire che all’indomani del voto possa essere individuato chiaramente un vincitore, sarà opportuno o necessario verificare la possibilità di accordi per governare il Paese. Diversamente, pare inevitabile un ritorno alle urne.
Le immagini: il simbolo della lista Insieme, i suoi promotori e il segretario del Psi, Riccardo Nencini.
Franco Ecchia – Partito socialista italiano, Federazione di Bologna
(LucidaMente, anno XIII, n. 146, febbraio 2018)