Il mistero viene ripreso dal film “The Eagle”, diretto da Kevin Macdonald, con esiti più convincenti sul piano figurativo che su quello narrativo
Non si può certo dire che Kevin Macdonald sia un regista mediocre o “commerciale”. Una buona pellicola datata 2006 ha fatto sì che si accendessero i riflettori su di lui, sia a livello di critica che di pubblico. Il film in questione era stato il corposo e ben diretto L’ultimo re di Scozia. Ottima interpretazione e sapiente uso della Storia trasposta su celluloide. Lasciamo l’opera del 2006 adagiata sugli allori trascorsi e concentriamoci sul suo nuovo lavoro in questo periodo nelle sale, ossia il fantasy-storico The Eagle, basato sul libro di Rosemary Sutcliff The Eagle of the ninth (traduzione italiana L’aquila della IX legione, Bergamo, Editrice Janus, 1973).
Il film è ambientato nel 140 d.C. e narra la storia della IX legione romana “Hispana” sparita nel nulla nella Scozia settentrionale durante una campagna bellica per l’occupazione di quel territorio. Venti anni dopo l’enigmatica tragedia, il giovane comandante romano Marcus Aquila chiede di essere trasferito in un forte, avamposto sulla Scozia selvaggia, per poter indagare sulla scomparsa del padre, capo della spedizione svanita in quello stesso territorio. Il film di Macdonald si apre con scenari per nulla banali, caratterizzati fortemente da una fotografia virata per “oscurare” gli ambienti, dando loro un tocco angosciante degno di un film gotico. A tratti sfiorando persino l’onirico. La raffigurazione del forte in pessimo stato e delle stanze semivuote stimola sensazioni quasi claustrofobiche, coadiuvate da una colonna sonora molto appassionante e talvolta inquietante.
Per essere un film storico (un sandalone, come qualche critico etichettò il sottogenere S.P.Q.R.) non annoia con i classici piani sequenza panoramici e interminabili, bensì la telecamera è vicina alle azioni, ai volti sofferenti dei personaggi e alle scene di guerra quasi confuse per l’eccessivo uso della cinepresa a mano. Ma questo non disturba la visione, all’opposto dà più nerbo ai momenti action (da notare i buoni flashback color seppia sull’esodo della IX spedizione).
Degna di nota è anche la buona caratterizzazione dei personaggi che trasudano la sofferenza di una guerra sbagliata da entrambe le parti. L’interpretazione degli attori è interessante perché, più che il protagonista, a volte troppo monolitico, Channing Tatum, si apprezza il coprotagonista che interpreta lo schiavo Esca, vale a dire Jamie Bell, giovane talento che fu Billy Elliott, qui con una faccia d’angelo rabbioso. Da segnalare un azzeccato Donald Sutherland nella parte minore dello zio di Marcus Aquila. Lo stile del regista gioca molto coi generi dando a una storia dal piglio avventuroso screziature drammatiche e thrilling e sfiorando a volte persino ambiti horror (la sequenza cruda della decapitazione di un romano da parte dei barbari fuori dal forte non è la sola a mostrare scene sanguinolente e dirette).
Fin qui tutto abbastanza accattivante ed epico nel riprendere i suggestivi paesaggi della Scozia oltre il Vallo di Adriano e le “colorite” tribù che la abitano. Ma pian piano la storia comincia a cedere non mantenendo le promesse e cadendo in banalità, soprattutto verso il finale, nel corso del quale lo scontro definitivo tra barbari e romani si conclude con un discorso sull’uguaglianza che fa il verso a una qualsiasi pubblicità progresso. Soprattutto alcune incoerenze indeboliscono la storia, come la ricomparsa improvvisa della spedizione perduta con tanto di armature ed elmi pronti alla rivincita.
Non c’è dubbio che il finale sia una fotocopia di tante pellicole hollywoodiane di action basate su una strana coppia in stile Arma letale. Verrebbe quasi da etichettare The Eagle come un Brave Hard (connubio, in questo caso triste, tra Braveheart e Die Hard), vista la direzione intrapresa dal regista verso la risoluzione della vicenda. Purtroppo non bastano le tonalità cangianti di una buona fotografia e la magistrale colonna sonora a salvare il film di Macdonald. Davvero un peccato, considerando che la prima metà dell’intreccio ambientata al forte manteneva una certa suspence e un certo pathos. Sperando in migliori prestazioni future per un regista che ha dimostrato bravura in ben altre opere, un ipotetico voto in decimi potrebbe attestarsi intorno a 6,5.
Gionatan Squillace
(LM MAGAZINE n. 19, 19 settembre 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 69, settembre 2011)
Bella recensione,mi hai fatto venire voglia di vederlo =D
Saluti dal boni