“Chiunque eserciti la prostituzione, ovvero inviti ad avvalersene in luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con l’arresto da cinque a quindici giorni e con l’ammenda da duecento a tremila euro. Alla medesima pena, prevista dal secondo comma, soggiace chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, si avvalga delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione o le contratta”.
Una legge per le “Pari Opportunità”…
La nuova legge (Misure contro la prostituzione), di cui abbiamo citato l’articolo 1, introduce il reato di Prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico. La prostituzione di per sé, come in precedenza, non costituirà reato, verrà considerata tale solo nel caso avvenga per strada. Chi trasgredisse la legge, e ci si riferisce sia alle lavoratrici che ai clienti, potrà subire l’arresto e l’incarcerazione dai cinque ai quindici giorni, oltre che essere multato per una cifra che va dai 200 ai 3mila euro.
Il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, spiega che: “Si tratta di una sanzione che colpirà sia chi si prostituisce sia i loro clienti”. Pene ancora più severe contro chi sfrutta i minorenni: si prevede il carcere da sei a dodici anni con multe che partono dai 15mila euro fino ai 150mila.
Libera scelta o schiavismo?
La prostituzione, oggi, spesso non è una libera scelta, ma un’attività legata alle diverse mafie, allo sfruttamento di esseri umani. Nessuna ragazza che lavora sulla strada è libera, ognuna di loro dipende da un magnaccia, non sempre un uomo, che la possiede, l’ha comprata e la può vendere. Se le scambiano tra criminali, spesso le vendono fuori Italia. Lo scambio è veloce, è un po’ come il calcio mercato.
Si tratta semplicemente di schiavismo, di tratta di esseri umani che, incantati dal miraggio del benessere che può offrire l’Italia, si lasciano convincere a fare quello che le stesse ragazze chiamano “il mestiere più vecchio del mondo” ma che nasconde retroscena terribili.
…e poi la realtà bolognese: Fiori di Strada
Abbiamo ascoltato chi per la strada e con le ragazze di strada ci lavora.
‘Antonio, presidente dell’associazione bolognese Fiori di Strada (www.fioridistrada.it), ci ha ricevuti in una delle case accoglienza messe a disposizione delle ragazze in difficoltà. Ci racconta come funziona: i volontari escono per le strade di Bologna 365 giorni all’anno. Le macchine, ben riconoscibili dal logo attaccato sulla fiancata, passano per le zone calde della città e si accostano per parlare con tutte le ragazze che lavorano sui marciapiedi. La macchina si avvicina, si accende la luce nell’abitacolo per poter essere riconosciuti; il “ciao” è accompagnato da una mano che offre preservativi.
Fiori di Strada ha bisogno di almeno 80.000 euro all’anno. Trova finanziamenti dalle banche, da privati o istituzioni. Ci sono solo due persone all’interno dell’associazione che vengono pagate, tutti gli altri sono volontari e sono più di 40. Ognuno ha le proprie abilità che mette a disposizione dell’associazione. Arrivano pacchi di biscotti e di pasta dalla Comunità europea, mentre i preservativi li fornisce un’azienda a buon prezzo: 150 preservativi per 6 euro. Su ogni preservativo e su ogni confezione di fazzoletti che vengono distribuiti alle ragazze, si trova il numero di telefono adesivo per mettersi in contatto con Fiori di Strada. Il numero è sempre attivo, Antonio risponde 24 ore su 24; le ragazze chiamano se hanno delle emergenze, se hanno problemi legali o medici, se hanno bisogno di essere accompagnate da un dottore, in ospedale.
Tutte le ragazze che abbiamo incontrato cercano coccole e amore
Usciamo con gli operatori di Fiori di Strada nella Bologna notturna, tra le contraddizioni di una realtà che quasi sempre preferiamo ignorare.
Le prime ragazze che incontriamo sono italiane. Una fa le pulizie ma con lo stipendio non arriva a fine mese e così di sera esce in strada per arrotondare: “Molte volte torno a casa anche solo con 30 euro, non ne vale la pena”. A una fermata dell’autobus incontriamo Lilja, seduta sulla panchina con uno stivale in mano, cerca di sistemare il tacco rotto. “Che cos’è successo?”, le chiediamo fermando la macchina: “Hanno provato a rubarmi la borsa e mentre correvo si è rotto… Fortunatamente ho la colla in borsa: ci sono abituata!”.
Cambiamo zona, andiamo nella parte di Bologna dove lavorano le ragazze nigeriane; loro stanno quasi sempre in gruppo e sono molto più svestite delle ragazze dell’Est. Ma non hanno freddo? “Sempre” ci dicono, facendoci sentire le mani gelate, così offriamo a tutte un bicchiere di te caldo. L’ultima ragazza che incontriamo verso l’una di notte, alla fine del turno, è moldava. Non ce lo dice subito, all’inizio aveva detto di essere rumena. Le moldave hanno molti più problemi: la Moldavia è fuori dalla Comunità europea. Cristina ci racconta la propria storia: “Lavoravo in una casa ad Ancona, poi sono stata tanto male, mi hanno fatto un’operazione, però io continuavo a stare male… per questo ho perso il lavoro. Sono arrivata a Bologna e mi è toccato fare questo per vivere”. Nessuno le ha spiegato di che cosa sia stata operata, né sa perché si ritrovi una cicatrice sotto l’ombelico. Lei sa solo che stava male e che questo male le ha fatto perdere il lavoro. Un anno prima le erano stati promessi i documenti, che l’avrebbero messa in regola. Le persone per cui lavorava hanno deciso di buttarla per strada. E’ dovuta andare via per poter sopravvivere. E’ venuta a Bologna e ha cominciare a battere. Ma questa è solo una delle migliaia di storie ingiuste.
A una pompa di servizio ci avviciniamo a una ragazza nuova, noi ci presentiamo, lei anche: “Ciao, mi chiamo Marina… no, veramente mi chiamo Angelica”. La fiducia è un bene prezioso.
Prostitute e volontari
Antonio ci dice: “Quando Fiori di Strada le aiuta a lasciare la prostituzione, assicura loro almeno 100 euro al mese che possono mandare ai figli, ai genitori. Senza quei 100 euro le ragazze non si muoverebbero dai marciapiedi. La loro gente non saprebbe come sopravvivere se loro smettessero di lavorare”. Ci spiega anche qual è la dinamica del salvataggio: “Spesso, per poter parlare con le ragazze senza metterle in pericolo, fingiamo di essere clienti. Molte volte solo così riusciamo ad offrire il nostro aiuto e anche ad accordarci sulla maniera migliore per farle uscire dal “giro””.
E i volontari, perché le aiutano? Francesco aveva bisogno di sentirsi utile, di aiutare la gente attraverso il contatto diretto. Quando esce in pattuglia preferisce guidare. Ci racconta: “Spesso con le donne le ragazze si aprono più facilmente”. Conosce quasi tutte le ragazze per nome, conosce le loro storie, si preoccupa se una ragazza manca all’appello e non si trova al suo lampione, al suo cartello stradale, al suo angolo di strada. Una ragazza ferma a una rotonda ha tre figli; a lei lasciamo diversi pacchi di biscotti e Francesco le dice che la prossima volta le porteremo anche la pasta e la passata di pomodoro per i bambini.
Ma cosa pensano le ragazze della Legge Carfagna…?
Tutte sono a conoscenza del piano di legge che sta per essere approvato; molte non si preoccupano, una camera ce l’hanno già e hanno già cominciato a lavorare in casa. Escono per strada per prendere contatti, poi lasciano il numero di telefono, così in futuro per i clienti sarà più facile. Tutte le altre semplicemente non sanno come faranno: “Vedremo!!”.
…e gli operatori?
Francesco ci dice che questa legge è una vergogna e che serve solo a una politica d’apparenza: “Vogliono toglierle dalla strada per metterle dove? Non si sono preoccupati di trovare una soluzione al problema, semplicemente ripuliscono le strade per una questione di decoro e di decenza, perché le ragazze rovinano il paesaggio! Ma per noi dopo sarà ancora più difficile raggiungerle, ora passiamo per le strade, le vediamo, le ascoltiamo, portiamo preservativi, tè caldo, fazzoletti, biscotti. Ma dopo, dove le andiamo a cercare? “.
L’immagine: prostituzione in strada, a Bologna.
Erika Casali
(LM MAGAZINE n. 5, 15 ottobre 2008, supplemento a LucidaMente, anno III, n. 34, ottobre 2008)