Giusto tagliare i cosiddetti “costi della politica”, ma, sulla riduzione di parlamentari, consiglieri, e via dicendo, molte le perplessità. I possibili rischi per la tenuta di un tessuto democratico già debole
Deputati? Dimezziamoli! Perché due camere? Ne basta una! Province? Eliminiamole! Consiglieri comunali e regionali? Già tagliati, ma non basta, facciamo di più! Questa la canea cui si assiste da tempo: una deriva demagogica e populista, che accomuna destra, sinistra, centro e… il movimento di Beppe Grillo. Ma sì, il problema dell’Italia sono i politici: troppi, arruffoni e mangioni, corrotti e inutili. Togliamocene dalle scatole un bel po’ e tutto andrà meglio… Finanziamento ai partiti? Uno spreco. La soluzione? La soglia di sbarramento elettorale; anzi, meglio il bipolarismo; anzi, meglio ancora il bipartitismo (anche se l’ideale sarebbe il partito unico, tanto son tutti uguali: un bel listone, e via!). Passo successivo, da fantapolitica: perché una Camera con 200 deputati? Meglio con una trentina, anzi, eliminiamo anche questi fannulloni, è sufficiente un governo “forte” con un premier-presidente-capo dello Stato e cinque ministri!
Doverosa premessa. I privilegi della “casta” politica (di cui peraltro ci siamo già più volte occupati sulla nostra rivista – vedi, ad esempio, il recente La “casta” si cura gratis… i cittadini no) vanno, se non eliminati, diminuiti, e di molto, moltissimo. È doveroso che, se si chiedono sacrifici agli italiani – sempre gli stessi, appartenenti al ceto medio-basso – siano anche i politici ad abbassarsi stipendi e regalìe varie. È altresì vergognoso che siano circa un’ottantina i ministri e parlamentari italiani condannati o rinviati a giudizio o indagati e che nessuno di questi si senta in dovere di dimettersi. Infine, il livello culturale, civile e morale dei nostri onorevoli ci sembra davvero bassissimo.
Detto questo, aggiungiamo che non ci piace la demagogia forcaiola e qualunquista, che non è vero che “tanto son tutti uguali” o che “tanto mangiano tutti”, che occorre riconoscere che, per chi svolge la propria funzione seriamente, fare il parlamentare è un lavoro impegnativo, pesante, stressante e necessario per la nazione e per la democrazia. Si tratta pure di un’attività costosa e, se si svolgesse a titolo gratuito, un cittadino non benestante sarebbe impossibilitato a svolgerla. Non a caso, Pericle assegnò un gettone di presenza ai partecipanti alle assemblee politiche e ai tribunali ateniesi per permettere a tutti – anche ai meno agiati – di partecipare alla vita democratica di Atene (beninteso, per “tutti” si intendono i cittadini ateniesi “liberi).
Aggiungiamo pure che, forse, ci piace andare controcorrente e affermare ciò che nessuno ha il coraggio di pronunciare, travolto dalla rincorsa a raccogliere facili, plebei consensi. Ad esempio, che ogni paese ha i rappresentanti che si merita e questi, dunque, sono uno specchio della società e degli italiani, coi loro pregi e i tanti difetti, tra cui la storica carenza di “virtù civiche” (ah, Giacomo Leopardi!), da tradurre come facilità a cadere nella corruzione, nella concussione, nel peculato… Ecco, dunque, di seguito, alcune perplessità e motivi per guardare con una certa prudenza alle proposte che stanno prendendo piede tra il qualunquismo popolare montante.
Si rischia, insomma, con il bell’intento di eliminare la casta, di creare una supercasta, privilegiata, potentissima: poche centinaia di persone decisive per le sorti del paese, facilmente “ricattabili” e “acquistabili”. Inoltre, qualora venissero abolite le agevolazioni che consentono a ciascun eletto – pensiamo soprattutto agli organi periferici, dove le indennità sono già basse – di potersi dedicare all’impegno politico e civile senza andare a scapito del proprio lavoro e del proprio reddito, si creerebbero degli organi politici “di classe”, entro i quali potrebbero svolgere la propria attività solo i ricchi e benestanti.
Più deputati e politici significa maggiore controllo sugli atti del potere centrale e periferico, più persone che “sanno”, “conoscono”, capiscono, discutono, non una ristretta cerchia che decide tutto per tutti, quasi senza controllo. Pochi rappresentanti, tra l’altro, comporterebbero anche eccessiva ampiezza dei collegi elettorali, quindi, da un lato impedimento dell’eletto di entrare in contatto coi cittadini e le questioni del territorio, dall’altro difficoltà dei cittadini residenti nei collegi ad avere un contatto col loro eletto.
«Libertà è partecipazione» affermava Giorgio Gaber in una sua celebre canzone. Più cittadini sono coinvolti nelle discussioni, nelle critiche, nelle scelte politiche, a tutti i livelli, fino ai comitati, all’associazionismo, al volontariato, più il tessuto civile e democratico di una nazione si rafforza e si compatta. Allora, provocatoriamente, affermiamo che il numero dei partecipanti alla vita democratica andrebbe aumentato, altro che diminuito! Già ci infastidisce il bipolarismo e un sistema elettorale che non concede membri in Parlamento a partiti che raccolgono milioni di voti ma non pervengono alla soglia di sbarramento del 4%. Più voci, più ricchezza di idee. In conclusione, eliminiamo stipendi e pensioni d’oro, auto blu, scorte, appartamenti a condizioni “di favore”, privilegi vari. Che il lavoro di parlamentare, consigliere regionale, provinciale, comunale, ecc. sia come un altro, con compensi buoni e dignitosi, e non eccessivi, ma facciamo in modo che ci siano sempre tante voci a protezione e crescita della democrazia italiana, già tanto fragile e anomala rispetto alle altre nazioni occidentali.
Non dimentichiamo, soprattutto, che il programma P2 di Licio Gelli prevedeva di depotenziare sempre di più il Parlamento quale organo legislativo di rappresentanza popolare e democratica. Si è già passati dal proporzionale al presidenzialismo di fatto, dai deputati scelti dal popolo a quelli nominati dai partiti, da un organo legislativo che controlla quello esecutivo (il Governo) allo strapotere del cosiddetto “premier”. Che l’anti-casta sia l’ultima tappa per passare a una “dittatura dolce”?
L’immagine d’apertura: Aureo 2, fotografia di Giovanni Guadagnoli (www.giovanniguadagnoli.it), per gentile concessione dell’artista.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VI, n. 68, agosto 2011)
sono perfettamente d’accordo. l’equazione iniziale (tutto è migliorabile) potrebbe essere: +politici -privilegi +stipendio -pensione
ovvero, aumentare il numero di parlamentari per garantire pluralità (democrazia è un termine fastidioso) e perché un eventuale “campagna acquisti” sarebbe oltremodo dispendiosa, pagarli meglio perché così sono meno vendibili, eliminare tanti privilegi inutili, e, una volta che questi onorevoli e probi cittadini avranno smesso di servire il loro paese, tornano a casa dove, se avranno versato i contribuiti, potranno godere di una onesta e meritata pensione.
L’equazione è esatta. La pensione va data, come per tutti i cittadini, raggiunti i 40 anni di contributi, ovviamente cumulabili.
La faciloneria populista non capisce che, se negli anni 1945-1994 qualcosa di buono si è fatto in Italia e in Europa, è stato per merito di grandi politici di tutte le estrazioni (Adenauer, De Gasperi, Brandt, Kohl, Mitterrand, Palme, De Gaulle, ecc.), che riuscivano a vincerla, almeno talvolta, sui grandi potentati economici e finanziari e a realizzare grandi riforme sociali.
Oggi questa strategia del discredito della politica serve proprio all’economia globale per dominare sul pianeta. Dei grandi politici possono governare, politici screditati o che non contano alcunché sono succubi dei potenti della Terra.
Dopo gli orrori del fascismo e del socialismo reale, ci sta toccando una “democrazia reale” che non è più democrazia.
Sta diventando un comodo alibi,per tutti (interessati e non), quello di liquidare con il solito “qualunquismo” la reazione giustissima alle offensive ed indegne (quando non meschine) figure di tanti parlamentari che si fanno “merce” (quindi vendibili al migliore offerente). E ciò mi sembra vada a braccetto con quella proprio modesta preparazione (per non dire ignoranza rispetto al “mestiere” nominati). Ma come si fa a non comprendere la indignazione (ma credo non si limiti solo a tanto,continuando di tal passo)di quei cittadini-contribuenti (anche contro la loro volontà)cui si abbatte facilmente la scure delle tasse (anche contrariamente a quanto si firmava platealmente in tv davanti all’inserviente et accudiente Vespa) quando si devono fa quadrare i conti. Mai a toccare essi stessi o le spese (vere o fasulle che siano) per missioni non trasparenti, dinanzi a finanziamenti di giornali inesistenti o di comodo (v. La Vitola), etc,etc. Ma un genitore che non sacrifica se stesso (incominciando a rinunciare al superfluo e fino al necessario per sè) quando il figlio stenta a camminare (anche virtualmente parlando), che genitore è ? Ecco perchè questi parlamentari (con buona pace di quello esiguo numero di “buoni”),fra l’altro non da noi eletti, prima tornano a “LAVORARE” e prima renderanno credibili le istituzioni !
Gentilissimo prof. Volpe, pensi, però, al rischio di pochi deputati, e potentissimi. Chi ci garantisce che, poiché sono pochi, siano più preparati e meno corrotti? La democrazia si garantisce con la più ampia partecipazione possibile. Dimezziamo gli stipendi, eliminiamo i privilegi, ma no a una ristretta Camera delle Corporazioni.